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Tag Archives: architettura metropolitane

Ovvero la nascita del “tube” e della metropolitana propriamente detta.

Secondo l’UITP (Unione Internazione del Trasporto Pubblico) una metropolitana è un sistema di trasporto urbano, in sede propria, senza interferenze con altri tipi di trasporto o con i pedoni, ad alta frequenza e alta capacità. Si tratta quindi di un impianto che per definizione non deve mai condividere il suo percorso con altri mezzi di trasporto, dalle automobili ai treni, né avere “intersezioni a raso” con la pubblica strada. Ovviamente il suo tracciato è interdetto, durante il funzionamento, alla presenza umana, al di fuori dagli spazi predisposti (stazioni). Alta capacità e alta frequenza sono caratteristiche che oggi s’intersecano, per esempio, nelle metropolitane cosiddette “leggere” dove una minore capacità è compensata, in linea teorica, da una maggiore frequenza garantita dai sistemi automatizzati. L’essere sotterranea o sopraelevata, elettrica o a vapore (caso unico a Londra), con sistema ferroviario o a trazione con fune, con ruote di ferro o di gomma, non costituisce causa di esclusione dalla definizione di metropolitana. In taluni casi viene introdotta una distinzione in base alla lunghezza del tracciato, escludendo alcuni impianti perché troppo brevi, come nel caso di Perugia. Mentre sono poche le eccezioni alla regola, sostanzialmente la più grande è Valencia, in Spagna, dove si chiama metropolitana quello che un sistema di tram-treno che diventa metropolitana in centro, ma rimane un treno di ridotte dimensioni in periferia, con numerosi passaggi a livello che non sono compatibili con la definizione di metropolitana. Poi c’è il grande equivoco delle linee ferroviarie suburbane spacciate per metropolitane. In questa la regina è un’altra città spagnola: Barcellona. Alcune delle sue linee sono vere e proprie ferrovie con alcuni tratti interrati in centro (come succede anche alla ferrovia “normale” nella città catalana) ma sono state inserite nella numerazione delle metropolitane e tale vengono considerate. Una cosa del genere si vorrebbe fare da tempo a Roma convertendo in metropolitana la Ferrovia Roma-Lido (che potrebbe anche essere fattibile) o il primo tratto urbano della Roma-Viterbo, o come era provato a fare a Napoli. Non serve: una metropolitana è una metropolitana. A Londra sono stati più garbati, hanno inventato l’Overground, una simil-metropolitana che, in effetti, rimane un treno come impianto e una metro come servizio. Non parliamo poi dei tram e dei bus chiamati “metroqualcosa”, tempo sprecato. Perché questo ampio preambolo? Perché in questo post si parla, appunto, di quella che è a tutti gli effetti la prima vera e propria metropolitana. Un impianto autonomo da tutto, compresa la ferrovia che invece è parte integrante della prima “Metropolitana Railway” e che, ancora oggi, condividono alcuni binari nelle quattro linee che ora compongono quell’impianto originale (District, Circle, Metropolitan, Hammersmith). Un impianto elettrico ad alta frequenza, esclusivamente urbano e senza nessuna forma di intersezione con altri sistemi di trasporto. Inoltre questa nuova linea, oggi nota come Northern Line, è metropolitana anche come immaginario classico: tunnel circolari sotterranei serviti da treni elettrici. Stazioni sotterranee relativamente piccole in cui bisogna scendere per prendere un treno e spostarsi in un altro quartiere della città. Da questo momento l’epopea mondiale delle metropolitane entra nel vivo, non a caso i maggiori impianti nasceranno solo dopo il 1890: Chicago 1892 (prima sopraelevata), Budapest e Glasgow nel 1896, Boston 1897, Parigi nel 1900, Wuppertal nel 1902 (a proposito di strane metropolitane), Berlino nel 1902, Atene e New York nel 1904, ecc. ecc…

La ferrovie elettrica sotterranea “The City & South London Railway” (C&SLR) fu inaugurata il 4 novembre 1890 dal Principe del Galles, il futuro Re Edoardo VII. La prima tratta correva tra la stazione King William Street (oggi non più esistente) nella City e la stazione Stockwell a sud del fiume Tamigi. La nuova ferrovia fu inizialmente progettata per essere manovrata con funi, tuttavia la nascita delle prime reti tranviarie elettriche in tutto il mondo portò alla decisione di convertire l’infrastruttura verso la trazione elettrica. Quello della trazione a fune non fu però un’idea definitivamente scomparsa; in quella che può essere considerata la seconda metropolitana tipo “tube”, ovvero la linea circolare di Glasgow aperta nel 1896, la trazione fu effettuata con grossi cavi continuamente fino al 1935. La ditta Mather&Platt fornì le apparecchiature elettriche mentre le locomotive furono appositamente progettate da Edward Hopkinson, che lavoro alla realizzazione dei primi tram elettrici in Irlanda. Le locomotive furono poi costruite dalla ditta di macchine a vapore Beyer Peacock. I primi vagoni furono progettati privi dei finestrini dato che, secondo il pensiero pioneristico dell’epoca, non c’era nulla da vedere nei tunnel profondi. Lo spazio stretto e chiuso insieme al rumore assordante renderva il viaggio alquanto claustrofobico e la presenza del classici sedili in tessuto con bottoni di cucitura portarono i viaggiatori a soprannominare queste vetture “padden cell” ovvero celle imbottite, quelle tipiche dei manicomi.

La prima sezione della “The City & South London Railway” tra King William Street  e Elephant&Castle:

La prima tratta tra Stockwell e King William Street e il primo prolungamento. Da subito il capolinea originale di King William Street è desinato a scomparire con l’inaugurazione delle nuove tratte nel 1900:

Nel 1907 viene inaugurata  l’”Hampstead Tube” ovvero la sezione nord della Northern Line, siamo nel 1907, e il nome ufficiale è Charing Cross, Euston & Hampstead Railway. Entrambe le compagnie, ovvero la C&SLR e la CCE&HR, sono di proprietà della Underground Eletric Railways Company of London, ovvero UERL, sin dal 1913:

Sempre nel 1907 la C&SLR raggiunge la stazione di Euston sfiorando la CCE&HR:

Tra il 1924 e il 1926 le due linee vengono fuse e diventano l’attuale Northern Line. I tunnel della sezione originale devono essere allargati per poter accogliere i treni più nuovi e uniformarsi con l’evoluzione geometrica avvenuta dopo il 1900. Il primo “tube” rimane comunque una linea sperimentale:

Sezione di una stazione del primo “tube”. Lo schema di accesso è semplice: solo ascensori e scala a chiocciola. La struttura è in mattoni:

 

Sezione del tunnel in acciaio e del primo treno senza finestrini:

Il tunnel composto da elementi in acciaio come appare esposto all’esterno. Si tratta di un tratto del tunnel della Central Line realizzato presso una fiera. I tunnel della C&SLR sono identici ma con un diametro minore:

Lo scudo usato per lo scavo dei tunnel dei prolungamenti (aperti nel 1907) fermo all’interno del vano di una stazione. Gli operai scavavano l’argilla del sottosuolo di Londra protetti da un anello di acciaio che veniva spostato man mano che il tunnel avanzava. Una sorta di “talpa meccanica” in cui l’essere umano faceva il lavoro pesante:

Pianta e sezione del capolinea originale di King William Street, presso il “Monument” ovvero il monumento che commemora l’incendio di Londra del 1666, situato nella City:

Disegno raffigurante il capolinea di Stockwell, si noti il terzo binario elettrificato. La struttura delle stazioni, nella tratta “primitiva” era fatta in mattoni:

Ciò che restava della stazione di King William Street prima della seconda guerra mondiale:

La prima locomotiva elettrica per una metropolitana:

Il montacarichi usato per calare i treni nel tunnel profondi. All’epoca non era ancora in uso creare rampe di collegamento per portare i treni in superficie verso le aree di manutenzione.

Evoluzione cronologica della C&SLR:

Parte della tratta originale abbandonata nel 1900 tra le stazioni Borough e il Tamigi, trasformata in rifugio antiaereo negli anni ’40.

Sezione in cui si nota i due tunnel originali della tratta fino alla stazione King William Street, e sotto i due nuovi tunnel aperti nel 1900. I tunnel originali sono stati collegati con la superficie per trasformarli in rifugi antiaerei.

L’originale “loop” ovvero anello di inversione presso la stazione Embankment e, a destra, i tunnel predisposti negli anni ’20 per collegare L’Hampstead Tube con la C&SLR a sud:

La connessione finale a sud, presso la stazione Kennigton con l’anello di inversione. Da notare in assonometria la differenza geometrica delle stazioni tra la tratta aperta nel 1896 (i due tunnel centrali) e quella nuova aperta nel 1924 (i due tunnel a lato). Le prime hanno una volta a botte e sono realizzate in muratura, le seconde sono ormai perfettamente circolari e sono realizzate in acciaio:

La  spettacolare connessione a nord, realizzata nel 1926 presso la stazione Camden Town, che permette ai treni provenienti da tutte e quattro le direzioni di poter proseguire nelle due direzioni possibili senza che mai nessun binario si incroci:

Le stazioni del 1900-1907, in piena City, realizzate con banchina ad isola in un unica camera semicircolare:

L’ultima sopravvissuta ai lavori di ammodernamento, ovvero Clapham Common:

Com’era la stazione Angel prima e dopo dell’ammodernamento. Uno dei due binari è stato rimosso e spostato in un nuovo tunnel, in modo da poter allargare la banchina e inserire un blocco di scale mobili al centro (non visibile nella foto):

E ancore cresce:

Rendering dell’ingresso della futura stazione Battersea:

Sezione della stazione futura stazione Battersea:

Sezione della futura stazione Nine Elms:

Rendering dell’interno della futura stazione Nine Elms:

 

 

 

 

© 2018 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo e delle immagini citandone l’autore e la fonte, ad esclusione delle immagini di proprietà di terzi, come chiaramente indicato.

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Come vi avevo anticipato, non c’è due senza tre. Infatti nel progetto “Souvenir Milano” 12 designer hanno creato 12 souvenir per Milano. Tra di questi, lo studio milanese Storie of Italy, ha creato un sottopentola/trivet con la forma del primo logo della Metropolitana di Milano, pensato da Bob Noorda tra il 1962 e 1963; il suo nome è “MM”. Si tratta delle due  “M” sovrapposte e specchiate, formate da una linea continua con bordi arrotondati, che richiama il corrimano progettato da Franco Albini. Il logo fu usato per la segnaletica dell’allestimento di prova presso la stazione Amendola, ma fu poi bocciato per via della “M” rovesciata, interpretabile come “W”. Il logo su fu poi sostituto con la doppia “M” affiancata con angoli appuntiti, sopravvissuta fino agli anni ’80.

Si tratta di un poggia pentola in materiale plastico di recupero, stampato e sagomato partendo dagli scarti degli imballaggi usati per la spedizione. Il designer che lo ha ideato, Dario Buratto, ha avuto l’idea dopo una visita alla Fondazione Albini, ispirandosi sia al logo sia ai pannelli in Sillipol (sì, sempre loro) la cui composizione ha un effetto simile a quello ottenuto per questo oggetto. Cosa che rende ancora più interessante il risultato è che visto da una distanza anche minima, il poggia pentole “MM” sembra realizzato in pietra naturale. Invece è leggerissimo!

SCHEDA PRODOTTO:

NOME: MM
DESIGNER: Stories_of_Italy
OGGETTO: Trivet / sottopentola / centro-tavola / scultura

PROGETTO
La sua ispirazione è multipla:
MM: due M speculari come il logo originario della Metr o Milano di Bob Noorda chiamato da Franco Albini nel 1961 a far parte del team di progettazione grafica.
MM: come Made in Milano, perché l’azienda che produce il souvenir è milanese.
Si tratta di un materiale di scarto fatto con i residui dei packaging Stories of Italy triturati e ricompattati, e nella sua composizione a macchie vuole ricordare il materiale utilizzato proprio da Albini nelle pareti della metro. Resiste molto bene al calore e lo assorbe. Essendo un materiale di scarto il costo è davvero molto contenuto, come si addice ad un vero souvenir, nonostante l’oggetto sia completamente made in Italy.

Un’immagine dall’archivio dell’Università della Svizzera Italiana di Mendrisio:

Qualche informazione sull’evento:

CONCEPT progetto Milano Souvenir

A parte l’immagine della fonte milanese di acqua pubblica o la stampa del Duomo, in generale il Souvenir è
sempre abbastanza scontato.
Ho chiesto di ragionare su un materiale/ un disegno / un’icona ricercata ma pop, personalissima, ancorché
familiare alla maggioranza.

Mai scordarsi l’aspetto del Souvenir nel senso nazionalpopolare. Abbiamo dunque lavorato per creare un oggetto
piccolo e sorprendente, che stupisca anzitutto chi lo ha creato per la sua ovvia riconoscibiità, a cui pochi avevano
pensato di legare Milano.

E senza connessioni scontate, l’altro punto su cui ragionare è stata l’idea di trasformazione/declinazione di un
inconfondibile segno della città, condensato in un oggetto possibilmente dotato di una forma esteticamente
affascinante e di una qualche funzionalità.
Souvenir Milano è una miniatura utile, un oggetto simbolico eloquente, un esperimento sul piccolo formato, un
volo pindarico traducibile per tutti nel racconto di una delle nostre visioni quotidiane, inteso come un landmark da
comunicare.

E’ il dettaglio di un’opera pubblica, un imprescindibile tipico oggetto legato alla milanesità, un immediato link
all’impero della moda o del food, un ingrediente della tradizione in evoluzione continua qui fissato in versione
fattiva, miniaturizzata, comoda, ironica, pop, trasportabile, perché questi sono i principi e ci dobbiamo attenere,
traducendo la città in un lampo. Un’altra definizione trovata online recita: <L’oggetto dovrebbe essere un simbolo
di una vera storia vissuta. Senza l’interpretazione intima del proprietario, il significato simbolico è invisibile non
può essere spiegato>. Autoriale + soggettivo.

Nonostante il Souvenir di solito sia prodotto in grandi numeri, il senso di una limited invita alla sperimentazione.
Souvenir è la narrazione di una nostra visione della città di Milano colta come in uno scatto di un secondo,
disponibile fino a esaurimento, come si addice alla sua natura, con importo agile e non esoso, prezzi molto
diversi tra loro, come del resto gli oggetti ideati e gli autori qui proposti.

CURATORE
Raffaella Guidobono
Consulente e Art director di progetti crossover di design e arte contemporanea, nel 1997 è Italian Ambassador di
Lomographic Society e autore del pionieristico pilot Tv italiano Boardz, sulla cultura surf, girato per MTV, dove è
anche autore di programmi. Curatore indipendente dal 1998 per il brand Moleskine®, nel 2000 porta al Museo
della Triennale e MAN Nuoro la prima mostra di taccuini d’autore e, da 20 anni, segue freelance per l’azienda il
progetto Detour. Tra 2001 e 2007 è art director e buyer del concept lab di TAD a Roma, curatore della galleria
1/9 e di progetti indipendenti tra arte contemporanea e design in America Latina, Turchia e Sicilia. Nel 2008
traduce talks per TED.com e porta a Palermo l’edizione n° 1000 di TEDx worldwide. Nel 2011 è co-curatore di
Italian Pavilion PQ Performing Design and Space – Quadriennale di Praga. Dal 2012 è co-founder con Alfred von
Escher di studio427. Nell’HQ dello studio a Palermo nascono gli arredi del brand Leftover, con il piano in
cemento resinato, colori pastello finiti a mano e una riconoscibile fascia obliqua, sempre presente negli esiti, tutti
rigorosamente pezzi unici. Dopo il lancio di Leftover in Biennale Architettura 2012 lo studio427 viene selezionato
per 4 edizioni di Operae e all’ultima XX1 Triennale. Dal 2016 apre la seconda sede Leftover nella falegnameria
creata dal duo dentro Officina BASE Milano.
Nel 2017 fonda il brand Sour, collezione in serie limitata di lampade e utensili da cucina, selezionati con il criterio
di unire alto artigianato e design. Sour è anche il nome del progetto di consulenza nel design degli interni per
privati e hotel.

© 2018 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo e delle immagini citandone l’autore e la fonte, ad esclusione delle immagini di proprietà di terzi, come chiaramente indicato.

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Quest’ opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non o

Oltre ad andare agli eventi del Fuorisalone 2018 con la metropolitana (e gli altri mezzi pubblici), potrete anche vedere come la metropolitana stessa sia presente ad alcuni eventi.

Tutto grazie alla Mariotti-Fulget e allo studio Piovenefabi di cui vi avevo parlato l’anno scorso. Tutto nasce dalla decisione di rilanciare il Sillipol, ovvero il materiale usato per i pannelli che rivestono le stazioni storiche della Linea 1 Rossa.

L’iniziativa viene rilanciata quest’anno e la ditta Fulget, dopo aver dedicato il 2017 alla riscoperta dei progetti fatti in collaborazione con Franco Albini, ha voluto dedicare quest’anno a Giiò Ponti.

Nella settimana del Fuorisalone 2018 si sono moltiplicate le iniziative:

la Mariotti-Fulget espone in via Maroncelli 14 (zona Garibaldi, vicino a via Pasubio, metro 2,5; tram 2,4; bus 70,94) con
“SILLIPOL STUDIES #3″ LINK

lo studio Piovenefabi espone in via Popoli Uniti 11 (zona Greco, metro 1; tram 1, 87) presso MANIERA gallery LINK. Naturalmente con la consulenza storico-architettonica del sottoscritto!

Ma non finisce qua, pare che anche lo storico logo MM di Bon Noorda con le due “m” sovrapposte e opposte, sia stato usato per un progetto di design-souvenir per Milano. A presto altre notizie.

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A volte le fake-news sfociano anche nel poco esplorato tema dell’architettura declinata nel mondo delle ferrovie sotterranee. In realtà, come potete leggere IN QUESTO ARTICOLO, si tratta di una vecchia trovata elettorale che fa il paio con “brillanti idee” analoghe viste anche a Londra. In quel caso si voleva usare tratti di metropoitana abbandonati per fare dei tunnel per le biciclette.

La sostanza, in entrambi i casi è la medesima: non esistono “metropolitane abbandonate”, ma semplicemente “stazioni abbandonate” dette “stazioni fantasma”. Certo è vero che sia a Londra sia a Parigi qualche breve tratto chiuso esiste. In particolare la tratta Holborn-Aldwych della Piccadilly Line con qualche centinaio di metri dove davvero l’utilità di fare una ciclabile è totalmente pari a zero. A Parigi poi si tratta solo di una chiusura al servizio pubblico, ma le tratte sono operative per il passaggio di servizio dei treni, e parliamo di un paio di stazioni nel quadrante nord-est.

Per il resto si tratta di fermate chiuse lungo linee funzionanti. Per cui è assolutamente impossibile utilizzare il vano binari per farci una piscina o metterci sedie di un cinema: lì ci passano i treni! Eliminare il passaggio dei treni significa dover ricostruire altrove un tratto di linea. Certo alcuni rendering sono suggestivi, e questi ambienti ipogei con la loro tipica forma stanno diventando sempre più attrattivi, ma vi assicuro che un teatro come quello dell’ultimo progetto davvero è un puro esercizio di stile fine a se stesso.

Nel caso specifico, nelle foto, vediamo la stazione Arsenal della Linea 5 di Parigi, tra le stazioni operative di Bastille e Quai de la Rapée. La stazioni fu inaugurata con il primo tratto della linea nel 1906 e chiusa durante la seconda guerra mondiale quando la rete metropolitana operò a regime ridotto per la mancanza di fondi e personale. Quindi, dopo aver chiuso nel 1939, la stazione, troppo vicina alle altre due limitrofe, non fu più riaperta.

Architettonicamente si tratta di una tipica stazione parigina della fase Art Nouveau, con piastrelle bianche e fregi in verde. La sezione è quella tipica parigina ovale. Non sono presenti le uscite in stile Guimard.


Sezione “ovale” tipica della metropolitana di Parigi:

La stazione in una mappa degli anni ’30:

La stazione Arsenal appena chiusa:

La stazione oggi:

 

 

 

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Come anticipato pubblico l’esito del progetto che ha visto la rielaborazione dei materiali usati per l’allestimento delle metropolitane 1 e 2 di Milano tra il 1963 e il 1969. In particolare sono stati usati quattro elementi precisi: le lastre in Silipol che rivestono le pareti della Linea 1, ancora oggi prodotti dalla stessa ditta, la Mariotti Fulget srl. Il pavimento in gomma nera un tempo prodotto dalla Pirelli. I pannelli di acciaio smaltato un tempo prodotti dalle Smalterie Lombarde, poi Smaltodegin, purtroppo vittima della crisi e il simbolo per eccellenza del progetto: il corrimano di acciaio verniciato in rosso.

Questo risveglio “materico”, attraverso la sua rielaborazione, ha fatto bella mostra di se prima con qualche anticipazione durante l’ultimo Fuori Salone a Milano e poi il suo debutto definitivo presso la Biennale di Architettura di Chicago. Speriamo che la storia continui e che questi materiali traggano il massimo giovamento dal quel ritorno alle grandi produzioni del modernismo italiano; un tesoro sostanzialmente inesplorato.

 

LA UNO 
LA DUE
During the booming fifties and sixties in Italy everything was possible. The cultural avant-garde of the time was invited by companies and institutions to define a new manifesto of modernity.
The 1st November 1964 the first Italian subway line opened in Milan. At that time, the new infrastructure injected a new metropolitan idea in a country which was ready to embrace it.
The project of the stations was assigned to Franco Albini and Franca Helg, together with the graphic designer Bob Noorda. Aiming to give an outstanding identity to the new Milanese transport vector, their intervention was a modular superstructure able to dress a given infrastructural void.
For this occasion new materials were tested, such as the Silipol – a colourful stained concrete developed by Fulget – or the Pirelli black rubber floor – which later became mainstream; a productive effort that today, just fifty years later, appears as pure archeology.
LA UNO and LA DUE are two series of furniture pieces, which reinterprets the project for the Milanese Subway (Metropolitana Milanese) lines 1 and 2.
As an act of appropriation every component of the original project is removed from its context and transformed into a one-material object. The metropolitan project is dismantled and recomposed into a new domestic landscape.
 Project Name: 
LA UNO
LA DUE
 Project Credits
Architecture:
Piovenefabi
Photography: 
Giovanna Silva
Construction:
* The original Silipol Metropolitana colors have been redeveloped by DWA Design Studio in 2017.
In collaboration with:
Metroricerche
Giovanni Piovene
mob. +39 349 7242280
PIOVENEFABI
Corso Indipendenza 14
I-20129 Milano
tel.+39 02 36584547

 

LA UNO 
LA DUE

 

Durante gli anni del boom, tra i ’50 e ’60, in Italia tutto era possibile. L’avanguardia cultuale di allora era coinvolta dai privati e dal pubblico a definire un nuovo manifesto della modernità.

Il 1° novembre 1964 venne aperta la prima linea metropolitana di Milano. A quel tempo, la nuova infrastruttura, infuse una nuova idea di metropoli in un paese che era pronto a farla sua.

Il progetto delle stazioni fu assegnato a Franco Albini e Franca Helg, insieme con il designer grafico Bob Noorda. L’obiettivo era dare al nuovo mezzo di trasporto milanese un’identità rilevante; il loro intervento si concretizzò in una struttura modulare capace di vestire il vuoto di un’infrastruttura.

Per questa occasione furono sperimentati nuovi materiali, come il Silipol – un tipo ci cemento colorato sviluppato dalla Fulget – oppure il pavimento in gomma nera della Pirelli – che successivamente divenne uno standard; uno sforzo realizzativo che oggi, appena cinquant’anni dopo, appare come pura archeologia.

LA UNO e LA DUE sono due serie di mobili che reinterpretano il progetto delle linee 1 e 2 della metropolitana milanese.

In un atto di appropriazione ogni elemento del progetto originale è stato rimosso dal suo contesto e trasformato in un oggetto monomaterico. Il progetto della metropolitana è scomposto e ricomposto in un nuovo paesaggio domestico.

 

Nome del progetto:

LA UNO

LA DUE 

Progetto architettonico:

Piovenefabi

Fotografie:

Giovanna Silva

Realizzazione oggetti:

Mariotti Fulget Srl*

*I colori del Silipo sono stati rielaborati dallo studio DWA Design nel 2017

In collaborazione con:

Fondazione Franco Albini

Metroricerche

Giovanni Piovene
349 7242280
PIOVENEFABI
Corso Indipendenza 14
20129 Milano
tel.02 36584547

 

 

Foto Stefano Graziani:

 Qui qualche altra foto.

 

 

 

© 2017 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente previo autorizzazione scritta dell’autore.

Ecco un’ottima occasione per approfondire la conoscenza di una grande figura dell’architettura italiana del ’900: Franco Albini. In occasione dei 10 anni della Fondazione Franco Albini sono stati organizzati alcuni eventi di cui questa mostra fa parte, vi consiglio di visitarla anche perchè potrete ammirare alcune tavole e foto orginali dell’allestimento della metropolitana Linea 1 Rossa. Vi assicuro che le tavole, come molti oggetti che potrete vedere, sono materiali di archivio preziosi e raramente osservabili dal vivo.

La mostra è nella sede di Architettura di via Ampere (si entra sotto la grande “A” e poi a sx) presso il Politecnico di Milano, è gratuita ed aperta tutto il giorno fino al 30 maggio (sabato e domenica esclusi).

© 2017 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo e delle immagini citandone l’autore e la fonte, ad esclusione delle immagini di proprietà di terzi, come chiaramente indicato.

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Vi presento in anteprima un grande ritorno: il Silipol, ovvero il materiale prodotto dalla ditta Fulget con cui sono stati realizzati i pannelli che rivestono le stazioni storiche della Linea 1, progettate da Franco Albini e Franca Helg e inaugurate tra il 1964 e il 1966.

MariottiFulget, storica azienda di Arena Po (PV) leader nella produzione di rivestimenti e pavimenti brevettati, debutta per la prima volta durante la Milano Design Week in programma dal 4 al 9 aprile, con lo storico rivestimento Silipol®, utilizzato negli anni ‘60 per la linea rossa della Metropolitana Milanese, in una rivisitazione contemporanea con un progetto di DWA Design Studio. Nello spazio Ladies & Gentlemen di Via Cesare Correnti, 14 sarà possibile toccare con mano Silipol®. Il materiale è composto da pordi, graniti, marmi a grane ni e micrograne legati grazie al cemento bianco ad altissima resistenza di Italcementi. L’anima del materiale è composta da sferoidi e pigmenti colorati che si combinano per creare un prodotto di omogenea compattezza, resistenza e brillante aspetto cromatico. Ogni singola lastra può essere posata in opera con sottofondo di malta, quindi stuccata, spianata, levigata e lucidata a piombo secondo la regola propria dei marmi compatti. Silipol® è veramente il tipico prodotto della tecnica artigianale al più alto livello. L’assoluta qualità delle materie prime assicura il superamento delle preoccupazioni d’uso e manutenzioni ovvie per altri pavimenti pregiati. L’ampia gamma di Silipol®, la possibilità di modicare la composizione di vari colori, nonché di giocare con la tonalità dei medesimi, consente di soddisfare le richeste speciche di ciascun progettista. Silipol® viene adottato con successo per pavimenti e rivestimenti murari di abitazioni, hotels, banche, negozi e spazi pubblici.

MARIOTTIFULGET Vi aspetta allo spazione Ladies & Gentlemen di via Cesare Correnti 14 dal 4 al 9 aprile dalle 10 alle 20.

(Tram 2, 14, bus 94)

(immagine Fondazione Franco Albini, riproduzione vietata)

 

La metropolitana di Miami fu aperta il 21 maggio 1984 dopo poco più di un decennio di progettazione e costruzione. Si tratta di una metropolitana tradizionale con alimentazione da terza rotaia, completamente in superficie. Generalmente viene considerata formata da due linee, in realtà si tratta di una unica linea con una diramazione.  Qualche anno dopo, il 21 aprile 1986, fu aperto anche il People Mover; anch’esso completamente in superficie, con alimentazione da  terza rotaia, ma servito da piccoli vagoni (uno o due a seconda della necessità) con ruote pneumatiche e completamente automatizzati.

Peculiarità di queste due infrastrutture è l’andamento altimetrico dei viadotti, con numerose ripide salite e discese sopratutto per il People Mover, che passa tranquillo in mezzo, o anche dentro, i grattacieli del Downtown.

Per quanto riguarda l’aspetto architettonico, siamo di fronte a stazioni dalla grande semplicità di allestimento e realizzativa. Il fatto che siano tutte in superficie è già di per sé significativo. Poi la generale conformazione con banchine ad isola riduce i volumi legati alle fermate al solo aspetto di controllo degli accessi e risalita dal piano terra alla banchina. Gli allestimenti si riducono quindi ai pavimenti in semplice laterizio color mattone o simil-cotto e bande per non vedenti gialle, coperture in cemento armato con lucernari con volta a semi-botte, punti luce singoli e segnaletica discontinua. Progettate negli anni ’70 rientrano quindi pienamente nello stile modernista e fortemente funzionalista, anzi direi spartano. Unico elemento di arredo di un certo peso è la panchina in legno sostenuta dal tabellone informativo in acciaio con nome della stazione nella parte alta, in bianco su fondo verde. Leggermente più elaborate le stazioni più recenti, con coperture a volta integrali e colori più chiari grazie anche all’uso del metallo al posto del cemento armato prefabbricato e precompresso delle stazioni originali.

 Il People Mover:

scusate per le macchie che vedete nelle foto, ma la pulizia dei vetri non è la prima preoccupazione di chi gestisce questo servizio.

Le stazioni:

La metropolitana:

Intersezione tra Metropolitana e People Mover:

Alcuni rendering storici della Metropolitana:

Ferrovie in Florida: sistema Tri-Rail e la Brightline

Nel pieno centro della città di Miami, presso la fermata Government Center della metropolitana e del People Mover, è in realizzazione la nuova stazione ferroviaria di MiamiCentral. Attualmente il sistema ferroviario regionale ha come terminal una stazione situata presso l’aeroporto in concomitanza con l’attuale capolinea nord-est della metropolitana, quindi distante dal centro città, ma ideale per raggiungere l’aeroporto da altre parti a nord di Miami.

La nuova stazione MiamiCentral è in costruzione sul sito che era occupata tra il 1896 e il 1963 dalla vecchia stazione principale di Miami gestita dalla Florida East Coast Railway (FEC). La muova stazione servirà sia come capolinea centrale del servizio Tri-Rail in parallelo all’attuale stazione, sia come capolinea del nuovo sistema di treni ad alta velocità denominato Brightline. La nuova ferrovia, che però utilizza in parte tracciati esistenti e sottoutilizzati, avrà quattro fermate: Miami, Fort Lauderdale, West Palm Beach e Orlando e sarà gestito da una società privata, la All Aboard Florida e non dall’Amtrak.

La stazione di Miami Central sarà interamente in quota, con banchine e binari situati sopra un complesso commerciale e di servizi e inserita in una serie di torri di uffici e residenziali. Attualmente sono già stati realizzati i viadotti che supporteranno i treni, mente è in costruzione l’area di servizio e le banchine. In teoria il programma parla di apertura della prima fase per il 2017 e completamento per il 2019, ma a giudicare dalle foto fatte a gennaio 2017, sono molti i dubbi che sarà tutto pronto per quest’anno.

Architettonicamente parlando la nuova stazione si caratterizzerà per l’essere parte di un complesso unico polifunzionale di cui, a differenza di altri casi, l’area ferroviaria vera e propria non sarà sita al piano terra o al piano interrato, ma al terzo livello. Lasciando quindi un ampio volume non solo alle aree di transito dell’utenza ma anche ad attività commerciali e agli accessi agli edifici sovrastanti. In un certo caso i treni, in questa stazioni, si comporteranno esattamente come l’adiacente metropolitana, passando quindi non sotto la città, né tanto meno a raso, ma su alti viadotti permettendo quindi la piena visibilità dell’infrastruttura e riducendone i costi realizzativi (almeno sulla carta). Stilisticamente i volumi formati in un misto di calcestruzzo armato prefabbricato (viadotti), gettato in loco (infrastrutture di servizio) e acciaio (facciata e torri) apparirà come una grande parallelepipedo piatto e lungo, sospeso su una  fila di pilastri inclinati e manterrà lo stile ferroviario grazie alle ampie vetrate con strutture metalliche di cui saranno composti gli affacci, mentre la copertura del piano binario avverrà solo attraverso singole pensiline con coperture a vetro. Sarà comunque difficile intuire che il contenuto del grande vano sospeso sia una stazione ferroviaria.

L’attuale stazione ferroviaria:

La nuova stazione ferroviaria:

 

 

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Dall’archivio Luce tre video inediti e interessanti:

Video 1: cantieri e polemiche (ma sulla gestione)

Video 2: treni in collaudo attraverso le stazioni prima dell’allestimento

Video 3: l’inaugurazione del 1° novembre 1964

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Ecco un altro caso di architettura “per metropolitane” che sta vedendo la luce a Londra, la città della prima metropolitana aperta nel 1863. Anche in questo caso si tratta di un progetto che partito tradizionale si sta rivelando assai innovativo. All’inizio il progetto Crossrail, approvato nel 2007, ma dal ben più lunga gestazione (tecnicamente dal 1948), prevedeva due “passanti ferroviari” perpendicolari che si sarebbero dovuti incrociare nel cuore di Londra presso la stazione Tottenham Court Road. Alla partenza dei cantieri fu deciso di realizzare solo la linea est-ovest, ma anziché accogliere tutti i treni alla fine si è deciso di realizzare delle apposite vetture con servizio previsto solo per la costruenda infrastruttura con capilinea Reading e l’aeroporto di Heathrow ad ovest e Shenfield e Abbey Wood ad est, creando una specie di “super metropolitana” con numero ridotto di fermate e capienza aumentata . Parliamo di una linea che nella tratta centrale avrà una frequenza a regime di 24 treni all’ora (uno ogni 2 minuti e mezzo) e treni lunghi 200 metri con capienza di 1500 persone che fermeranno in stazioni tutte dotate di porte di banchina. Ormai è talmente simile ad una metropolitana da aver già avuto il suo nome: “Elizabeth Line” e il suo colore, il lilla. Chissà come verrà rappresentata alla fine sulla celeberrima mappa del Beck: con la linea piena delle metropolitane o con la doppia linea nera delle ferrovie? Forse con una doppia linea lilla, in modo da indicare una via di mezzo, come avviene per l’Overground Line. Dunque la nuova ferrovia urbana che vedrà la luce per fasi sino al completamento nel 2018 rappresenterà la naturale evoluzione delle grandi reti metropolitane del pianeta; una linea in grado di offrire un servizio del tutto simile alla metropolitana per frequenza e accessibilità, ma con capienze ferroviarie e con un numero minore di fermate in modo da fungere da servizio “espresso” e di porsi all’apice della gerarchia dei trasporti urbani.

E ora qualche caratteristica architettonica della nuova linea, anche qua in questo caso parliamo di innovazione. Per chi volesse approfondire ecco il volume adatto:  “Platform for Design” di Hugh Perman, Ed. Crossrail Limited, Londra, 2016; oppure il SITO dedicato all’opera.

Uno dei primi progetti per la stazione Tottenham Court, su progetto di Ralph Erskine e dello studio BDP; dalle cupole a livello strada sarebbe dovuta entrare la luce fino al piano banchine:

Sul volume dedicato al progetto architettonico di questa infrastruttura, nel capitolo dedicato ai pannelli leggiamo: “removable access panel to the elecrtonics”. Che dire? La lezione milanese di 52 anni fa è ancora viva, i pannelli, con la loro duttilità, facilità d’installazione e manutenzione e praticità nel gestire l’impiantistica sono sempre di più lo standard nell’architettura dei trasporti. E la nuova linea londinese non fa eccezione. Ovviamente si tratta di un evoluzione tecnica e stilistica rispetto ai pannelli del 1964, ma anche ai pannelli usati a Vienna negli anni ’70 per le linee 1 e 3 che con il loro bianco ricordano molto la soluzione ora in installazione a Londra. Come in tutte le installazioni a secco contemporanee la struttura dei telai è ormai completamente eclissata dai pannelli stessi, infatti il vasto reticolo di telai curvi in acciaio supporta i pannelli bianchi  facendo da contatto con la struttura in calcestruzzo armato dei tunnel. Nell’intercapedine formata si alloggiano i numerossissimi impianti che servono oggi una ferrovia urbana. Un’ulteriore innovazione consiste nell’eliminazione completa di qualsiasi spigolo nei tunnel pedonali dal loro imbocco in superficie fino alla banchina. Curve nelle giunzioni tra tunnel e banchina perpendicolari, ma anche eliminazione delle diverse sezioni dei tunnel al fine di creare un unico livello visivo ed elminiare qualsiasi punto morto quasi a voler fluidificare definitivamente il flusso degli utenti proprio come avviene per i fluidi nei “tubi” dal quale la metropolitana inglese a mutuato il nome più famigliare. Di per se i pannelli sono in GFRC ovvero Glass Fiber Reinforce Concrete, ovvero cemento rinforzato con fibre di vetro. Come per i pannelli in Silipol della Linea 1 di Milano, anche questi vengono stampati industrialmente su appositi matrici (una la si può vedere nelle foto), inserendo microscopiche fibre di vetro nel calcestruzzo.

 © 2016 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo. Le immagini sono proprietà della © CrossRail Limited.

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