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Ecco un altro caso di architettura “per metropolitane” che sta vedendo la luce a Londra, la città della prima metropolitana aperta nel 1863. Anche in questo caso si tratta di un progetto che partito tradizionale si sta rivelando assai innovativo. All’inizio il progetto Crossrail, approvato nel 2007, ma dal ben più lunga gestazione (tecnicamente dal 1948), prevedeva due “passanti ferroviari” perpendicolari che si sarebbero dovuti incrociare nel cuore di Londra presso la stazione Tottenham Court Road. Alla partenza dei cantieri fu deciso di realizzare solo la linea est-ovest, ma anziché accogliere tutti i treni alla fine si è deciso di realizzare delle apposite vetture con servizio previsto solo per la costruenda infrastruttura con capilinea Reading e l’aeroporto di Heathrow ad ovest e Shenfield e Abbey Wood ad est, creando una specie di “super metropolitana” con numero ridotto di fermate e capienza aumentata . Parliamo di una linea che nella tratta centrale avrà una frequenza a regime di 24 treni all’ora (uno ogni 2 minuti e mezzo) e treni lunghi 200 metri con capienza di 1500 persone che fermeranno in stazioni tutte dotate di porte di banchina. Ormai è talmente simile ad una metropolitana da aver già avuto il suo nome: “Elizabeth Line” e il suo colore, il lilla. Chissà come verrà rappresentata alla fine sulla celeberrima mappa del Beck: con la linea piena delle metropolitane o con la doppia linea nera delle ferrovie? Forse con una doppia linea lilla, in modo da indicare una via di mezzo, come avviene per l’Overground Line. Dunque la nuova ferrovia urbana che vedrà la luce per fasi sino al completamento nel 2018 rappresenterà la naturale evoluzione delle grandi reti metropolitane del pianeta; una linea in grado di offrire un servizio del tutto simile alla metropolitana per frequenza e accessibilità, ma con capienze ferroviarie e con un numero minore di fermate in modo da fungere da servizio “espresso” e di porsi all’apice della gerarchia dei trasporti urbani.

E ora qualche caratteristica architettonica della nuova linea, anche qua in questo caso parliamo di innovazione. Per chi volesse approfondire ecco il volume adatto:  “Platform for Design” di Hugh Perman, Ed. Crossrail Limited, Londra, 2016; oppure il SITO dedicato all’opera.

Uno dei primi progetti per la stazione Tottenham Court, su progetto di Ralph Erskine e dello studio BDP; dalle cupole a livello strada sarebbe dovuta entrare la luce fino al piano banchine:

Sul volume dedicato al progetto architettonico di questa infrastruttura, nel capitolo dedicato ai pannelli leggiamo: “removable access panel to the elecrtonics”. Che dire? La lezione milanese di 52 anni fa è ancora viva, i pannelli, con la loro duttilità, facilità d’installazione e manutenzione e praticità nel gestire l’impiantistica sono sempre di più lo standard nell’architettura dei trasporti. E la nuova linea londinese non fa eccezione. Ovviamente si tratta di un evoluzione tecnica e stilistica rispetto ai pannelli del 1964, ma anche ai pannelli usati a Vienna negli anni ’70 per le linee 1 e 3 che con il loro bianco ricordano molto la soluzione ora in installazione a Londra. Come in tutte le installazioni a secco contemporanee la struttura dei telai è ormai completamente eclissata dai pannelli stessi, infatti il vasto reticolo di telai curvi in acciaio supporta i pannelli bianchi  facendo da contatto con la struttura in calcestruzzo armato dei tunnel. Nell’intercapedine formata si alloggiano i numerossissimi impianti che servono oggi una ferrovia urbana. Un’ulteriore innovazione consiste nell’eliminazione completa di qualsiasi spigolo nei tunnel pedonali dal loro imbocco in superficie fino alla banchina. Curve nelle giunzioni tra tunnel e banchina perpendicolari, ma anche eliminazione delle diverse sezioni dei tunnel al fine di creare un unico livello visivo ed elminiare qualsiasi punto morto quasi a voler fluidificare definitivamente il flusso degli utenti proprio come avviene per i fluidi nei “tubi” dal quale la metropolitana inglese a mutuato il nome più famigliare. Di per se i pannelli sono in GFRC ovvero Glass Fiber Reinforce Concrete, ovvero cemento rinforzato con fibre di vetro. Come per i pannelli in Silipol della Linea 1 di Milano, anche questi vengono stampati industrialmente su appositi matrici (una la si può vedere nelle foto), inserendo microscopiche fibre di vetro nel calcestruzzo.

 © 2016 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo. Le immagini sono proprietà della © CrossRail Limited.

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