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Monthly Archives: aprile 2020

Il tema di oggi è l’incontro tra metropolitane. In particolare l’incontro tra le stazioni delle Linee 2 e 3 in piazza Duca d’Aosta, a servizio della Stazione Centrale. Premetto che secondo il progetto di Amerigo Belloni del 1953, denominato “Rete delle Linee”, i punti di incontro delle 4 linee metropolitane progettate dovevano essere realizzati subito con il primo cantiere utile. Quindi quando fu realizzata la Linea 1 vennero anche realizzati i punti di incontro con la Linea 2 a Loreto e Cadorna (questa stazione internamente costruita da subito), con la Linea 3 in Duomo (vedi articolo), e con la Linea 4 (prima versione) a Porta Venezia. Quando invece fu realizzata la tratta Caiazzo – Centrale della Linea 2 verde, sembra che questa prassi fosse stata già abbandonata. Diverso il discoro per la stazione Garibaldi, che fu costruita in contemporanea alla Linea 1 e all’omonima stazione, è prevedeva da subito l’interconnessione con la prima Linea 4. Dunque la grande stazione della Linea 2 “Centrale FS” occupa una grossa parte della piazza, non solo per quanto riguarda mezzanino e banchine, con la loro conformazione dedicata e diversa rispetto allo standard delle Linee 1 e 2, ma per via dei lunghi corridoi tentacolari che servono le numerose scale di uscita. La stazione fu inaugurata il 27 aprile 1970 (ebbene sì, sono 50 anni), e circa 15 anni dopo iniziarono i lavori per realizzare la stazione della Linea 3 gialla. Dunque sotto piazza Duca d’Aosta andava inserita anche una nuova linea, la quale doveva interferire con l’esistente infrastruttura e collegarsi ad essa.

La linea 2 in piazza Duca d’Aosta:

Stesso punto di vista ma con inserimento della Linea 3. Nel cerchio il punto di contatto tra le due linee:

Il dettaglio in una planimetria di progetto:

Normalmente si penserebbe ad una soluzione dove la nuova linea passi sotto quella esistente sfruttando lo spazio in senso verticale, scendendo in profondità. In questo caso, per motivi non noti, fu deciso di passare sopra la linea esistente, nello spazio compreso tra la superficie e la soletta della stazione della Linea verde. Uno spazio così ridotto da non essere sufficiente nel punto in cui i due tunnel si incrociano, pertanto si dovette operare affinché il tunnel della Linea 3 compenetrasse quello della Linea 2 nel limite del possibile (ovvero lasciando lo spazio per il passaggio dei treni e per i cavi di alimentazione), e tutto ciò senza mai fermare il servizio della Linea 2. Vediamo come la Torno S.p.A., la ditta appaltatrice di questo manufatto descrive le varie fasi: 1)”Posa, all’interno della linea MM2, di mensole a parete e di idonee banchine (1° fase) con dispositivi di armo e disarmo atta a sopportare la collocazione di un impalcato provvisorio composto di travi reticolari in legno, e manto in legname impermeabilizzato e rinforzato di protezione della sottostante linea di tensione (2° fase). L’utilizzo di strutture provvisorie in legno in luogo di elementi in ferro è stato motivato dalla evidente esigenza di isolamento della linea aerea esistente, ulteriormente difesa da una specifica protezione. Prima di procedere allo scoperchiamento della linea 2 con le relative demolizioni e i successivi ripristini dell’incrocio, si è proceduto anche a coprire l’area interessata (circa 500mq) con speciale copertura a soffietto realizzata a mezzo di centine metalliche scorrevoli e telone plastificato così da poter operare all’aperto o al chiuso in rapporto alle condizioni atmosferiche. 2) Scavo della terra di ricoprimento delle strutture con apertura di vani nella soletta di copertura tra due travi esistenti, in modo da introdurre – attraverso l’apertura- le piastre portanti in c.a. p. (cemento armato precompresso, n.d.r.) costituenti cassero autoportante del getto del nuovo solettone costituente al tempo stesso nuova copertura della linea 2 e solettone di fondo della linea 3. 3) Completamento delle strutture verticali e della sovrastante copertura della linea 3 con successiva rimozione delle opere provvisionali.”

Completa la struttura la grande trave ancora oggi visibile in mezzo ai binari della Linea 2, caratterizzata da una spessa parete aperta da grandi fori circolari. Questo dettaglio strutturale che caratterizza la Linea 2 e la sua postmodernità evidente è riuscito a introdurre un tocco di architettura in questa soluzione ingegneristica. Il colore nero dell’intonaco, ha dato la giusta finitura.  Naturalmente l’inserimento della Linea 3 ha costretto i progettisti a tagliare metà dei corridoi di collegamento con le uscite, isolando, di fatto, il lato ovest della piazza. La Linea 3 fu inaugurata il 3 maggio 1990 (ebbene sì, sono quasi 30 anni).

Le fasi costruttive:

L’unica foto trovata di quel cantiere; l’area in oggetto e quella a destra, più chiara, interamente in cemento, posta obliqumente:

La grande trave i suoi fori tra i due binari e le banchine:

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonica Con 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetto storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributi iconografico e documentale di decine di archivi prubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO. Per info e acquisti scrivete a: metroricerche@yahoo.it

Per acquistarlo ad un prezzo speciale potete contattarmi direttamente all’email: metroricerche@yahoo.it

 

 

 

© 2020 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo e delle immagini citandone l’autore e la fonte, ad esclusione delle immagini di proprietà di terzi, come chiaramente indicato.

In questa terza puntata sulla metropolitana di Tokyo, passiamo ad alcuni aspetti più ingegneristici, ma di estremo interesse per via dell’arditezza delle soluzioni proposte e la loro innovatività. Parliamo infatti di sistemi costruttivi sperimentati tra gli anni ’80 e ’9o, ovvero molto prima che in Europa si iniziasse a parlare di metodo di scavo innovativi come il tunnel a due piani usato a Barcellona o la talpa che realizza anche le banchine come per la Metro 4 a Milano. In realtà i Giapponesi hanno portato numerose innovazioni in questo campo, ma sempre per via della barriera linguistica e della scarsità di informazioni giunte in occidente, queste scoperte sono rimaste ad uso degli specialisti e poco o nulla è arrivato al grande pubblico. Ecco un modo per remediare in parte.

1) TALPA SINGOLA CLASSICA

In questo caso si tratta di due tunnel scavati parallelamente da classiche talpe, ma, come nel caso della Metro 4, esse scavano anche lo spazio utile ad ospitare le banchine. La differenza sta nei conci che vengono messi in opera, in questo caso si tratta di elementi prefabbricati in acciaio che non vanno a formare un anello perfetto, ma un semicerchio con degli aggetti nei quali, in un secondo tempo, vengono prima gettate delle travi con inserti in acciaio e, in un secondo momento, posate delle colonne in acciaio. Una volta montate le colonne viene realizzato un arco che congiunga le due colonne e le travi sopra di esse, al fine di creare lo spazio per l’area centrale della banchina ad isola, nel quale poi vengono ad innestarsi, nei due terminali, le scale fisse e mobili di uscita. In questo caso il vantaggio sta nel realizzare l’intero piano banchine in sotterraneo, tuttavia la conformazione rigida della struttura costringe a posizionare le scale solo agli estremi rendendo rigido il sistema di connessioni e uscite. Difficile, inoltre, posizione gli ascensori visto la larghezza ridotta della banchina.

La stazione Nagatacho della Linea Hanzomon, realizzata con il metodo illustrato, come si vede lo spazio è tripartito dalle robuste colonne disposte su due file parallele. Architettonicamente parlando, le pareti sono stare rivestite con pannelli metallici che supportano anche la striscia segnaletica e i classici tabelloni porta nome retroilluminati, oltre ai quadri per le pubblicità. Pavimenti in gres, colonne rivestite in quella che sembra una pasta di marmo o simili e un semplice controsoffitto per nascondere gli impianti:

2) TALPA TRIPLA

In questo caso le tempistiche costruttive si riducono ulteriormente con questa spettacolare macchina composta da tre scudi di stesso diametro che posano conci in acciaio che inglobano anche i capitelli e le basi delle colonne centrali in acciaio che completano la struttura interna. Ovviamente oltra a scavare lo spazio della banchina per tutto il percorso, realizzando anche lo spazio centrale, con un ampio volume di scarto. Le foto di seguito sono sia di Tokyo, sia di Osaka. Lo schema della TBM e la foto di alcuni conci:

Lo scavo completato con i conci in opera, visto da uno dei pozzi di calagggio:

La stazione Kiyosumi-Shirakawa della Linea Hanzomon, realizzata con il metodo della tripla talpa; anche in questo caso il rivestimento è realizzato con pannelli in acciaio, con la striscia segnaletica. Anche le colonne sono rivestite in acciaio e il complesso sistema di capitelli è completamente nascosto dal controsoffitto. Le scale si trovano alle due estremità:

3) TALPA TRIPLA COMPONIBILE

Qua la fantasia degli ingegneri giapponesi si spinge oltre. Giustamente chi vede i precedenti metodi costruttivi si chiede perché scavare degli spazi che non servono, ebbene ecco la risposta: una talpa di grande diametro a cui, arrivati in prossimità dell’area di stazione, vengono attaccate ai lati due semitalpe più piccole e simmetriche che scavano le banchine. Per i giapponesi questo è un “metodo economico basato su nuove tecnologie” Sarà vero? Non possiamo dubitarne. Comunque in questo modo il tunnel ha solo lo spazio necessario, mentre le stazioni vengono sempre realizzate con talpe.

Fasi di costruzione con la sequenza di pozzi in cui vengono attaccate e staccate le talpe laterali, per la formazione del vano banchine della stazione:

Ed ecco la realizzazione pratica con l’immagine del piano banchine della stazione Shirokane-dai della Linea Namboku, con, in primo piano, una delle due banchine realizzate dalle “semi-talpe” aggiuntive, e al centro il vano binari realizzati dalla grande talpa centrale, che ha poi proseguito il suo percorso realizzando il tunnel fino alla stazione successiva. Anche in questo caso le scale sono ai due estremi, anche se questa tipologia è chiaramente più flessibile. Per il rivestimento sempre i classici pannelli e il controsoffitto. Qualsiasi tentativo di mostrare la reale forma della stazione, incluse le colonne, è pudicamente celato sotto i pannelli posati a secco. La striscia segnaletica è assente, mentre tutta la linea, aperta nel 1991, è protetta da porte di banchina integrali:

4) TALPE CON SEZIONI NON CIRCOLARI

Qua arriviamo al manierismo ingegneristico, quasi al barocco se ben vediamo le forme ottenute. Si tratta di talpe che non realizzano tunnel cilindrici ma con forme differenti, ma come ci riescono? Per logica una macchina che lavora facendo ruotare uno scudo con degli speroni che grattano il terreno, di qualunque forma sia lo scudo genererà sempre uno scavo circolare. La rotazione non può che dare quel risultato, quindi viene naturale realizzare scudi rotondi. Ma qua no, era troppo banale, ed ecco uno scudo sempre circolare, ma che ha delle parti che sporgono ritmicamente in modo da allargare lo scavo in determinati punti e ottenere così forme non circolari. Questi tunnel non servono per le stazioni ma per i tratti di linea. Non è semplice da capire ma vediamo di arrivarci, la talpa ha già la sua “corazza” della forma prescelta del tunnel, mentre la testa rotante è formata da un impianto “stellare” esagonale composto da 6 bracci dai quali spuntano delle estensioni retrattili che vengono estesi nelle parti della sezione più larghe del cerchio centrale:

Modellini delle talpe esposti al museo della metropolitana di Tokyo:

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonica Con 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetto storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributi iconografico e documentale di decine di archivi prubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO. Per info e acquisti scrivete a: metroricerche@yahoo.it

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© 2020 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo e delle immagini citandone l’autore e la fonte, ad esclusione delle immagini di proprietà di terzi, come chiaramente indicato.

Oggi parliamo della seconda linea realizzata a Tokyo; il suo nome è Marunouchi ed è stata inaugurata il 20 gennaio 1954. La linea corre, nella parte centrale, parallela alla linea Ginza, per poi proseguire con due tratti entrambi diretti verso ovest con una diramazione nel ramo sud-ovest, unico caso in tutte le linee della città. Una piccola curiosità, questa è l’unica linea della metropolitana che serve direttamente la stazione Centrale di Tokyo. Fu la linea della rinascita post-bellica, e fu subito seguita dalla linea Akasuka (privata) nel 1960, dalla linea Hibiya nel 1961, dalla linea Tozai (privata) nel 1964, la monorotaia per l’aeroporto nel 1964 per le Olimpiadi, dalla Chiyoda nel 1969 e via dicendo in un flusso quasi ininterrotto che ha generato l’enorme e complessa rete oggi in servizio. Una rete in cui è difficile perfino distinguere esattamente da ciò che risponde pienamente alla definizione di metropolitana e ciò che li somiglia. Infatti vi sono alcune linee che fanno servizio “tipo-metropolitana” nell’area urbana, per poi tramutarsi in treno con servizi locali ed espressi. Per definizione una metropolitana non può avere incroci a raso e dovrebbe fare servizio prevalentemente urbano, ma in questi casi cosa succede? Ci vorrebbe una complessa analisi sul posto per capirlo. Se invece non approfondiamo questo tema “di dettaglio”, Tokyo ha 18 linee, così divisibili: 9 della compagnia Tokyo Metro, 4 della compagnia TOEI, 1 della compagnia Yamanote (su gomma), 1 delle ferrovie nazionali JR (monorotaia), 1 denominata Nippori-Toneri Liner (monorotaia), 1 denominata Tama (monorotaia) e 1 detta Rinkai. A queste possono essere aggiunti numerosi servizi di ferrovie urbane tra le quali la linea Yamanote, ovvero la celeberrima linea ferroviaria circolare che tocca tutte le stazioni principali. Sono circa 375km, con 338 stazioni.

Materiale pubblicitario:

I primi biglietti:

Tornano alla linea Marunouchi si tratta di un’evoluzione della prima linea, con uso quasi esclusivo di calcestruzzo armato per la realizzazione, con sezione del tunnel e delle stazioni sempre secondo il modello tedesco, ovvero con tunnel a due binari separati da un setto centrale e uso di rinforzi agli in tutti gli spigoli, ma con luci e altezze maggiori, riducendo il senso di oppressione dato dai volumi della prima metropolitana. La forma delle stazioni è molto articolata, come visibile dalle planimetrie che potete vedere qua sotto. Si vede ancora la forte mancanza di una standardizzazione delle forme e dei percorsi, comprese un paio di stazioni in superficie. Se nel capitolo sulla Ginza linea ho illustrato la stazione Ginza, punto focale della rete storica, in questo caso vi illustro la stazione Akasaka Mitsuke, dove la linea Maronouchi incontra la linea Ginza, in modo tangenziale, pertanto è stata realizzata una stazione a due piani, dove a ovest passa la linea Ginza, con i treni in direzione sud al secondo piano interrato e in direzione nord al primo. Mentre i treni della linea Maronouchi passano ad est, con i treni in direzione sud al piano secondo interrato e quelli in direzione nord al piano primo. In questo modo i passeggeri possono cambiare linea anche sulla stessa banchina o con una sola rampa di scale; la stazione è priva di mezzanino, fatta eccezione per un piccolo ambiente posto al terzo piano interrato nella parte sud della stazione, probabilmente realizzato in un secondo tempo (manca nelle planimetrie), per inserire un ascensore.

Sistema costruttivo, simile a quello della prima linea:

Sezione di una stazione con banchina ad isola e mezzanino:

Sezione di tunnel realizzata in superficie e poi interrata:

STAZIONE M8 SHINJUKU

STAZIONE M10 SHINJUKU-GYOENMAE

STAZIONE M13 AKASAKA MITSUKE (in comune con la linea Ginza)

STAZIONE M16 GINZA (coincidenza con la linea Ginza e la linea Hibiya)

STAZIONE M17 TOKYO (stazione centrale)

STAZIONE M21 HONGO-SANCHOME

STAZIONE M22 KARAKUEN

STAZIONE M25 IKEBUKURO prima e seconda versione

Dal punto di vista architettonico in origine siamo nella semplicità totale, con pareti e soffitti intonacati con colori chiari e piastrelle alle pareti, almeno per le poche foto disponibili. Successivamente si sono aggiunte numerose superfetazioni, ma di scarso interesse architettonico.

Banchine della stazione Otemachi:

Banchine della stazione Honancho nella prima versione del 1962:

Banchine della stazione Shin Nakano nel 1961, si evidenzia subito la rarefazione dei cartelli indicanti il nome della stazione. Mancano ancora tre anni alla rivoluzione della grafica coordinata e della striscia sengnaletica di Milano.

Inaugurazione della stazione Shinjuku Sanchome nel 1961, da notare la segnaletica retroilluminata.

La stazione superciaile di Korakuen:

Treno nella stazione Kokkai-Gijidomae:

Sezione con i sistemi di allestimento del mezzanino:

La stazione Ginza nel 2020, da notare l’uso abbondante di pannellatura in acciaio smaltato che rivestono praticamente ogni superficie nascondendo gli impianti secondo gli standard lanciato con la Metro 1 di Milano. Il nome della stazione è rimasto retrolluminato (cone le scritte però molto piccole e bilingue) mentre nel telaio è inserita la striscia segnaletica rossa inserita in un secondo tempo, sempre secondo lo standard “milanese”, quando l’intera segnaletica fu uniformata. In primo piano le porte di banchina a mezza altezza, tipiche della metropolitana di Tokyo.

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonica Con 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetto storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributi iconografico e documentale di decine di archivi prubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO. Per info e acquisti scrivete a: metroricerche@yahoo.it

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