Skip navigation

Category Archives: 150 anni di metropolitane

Ed eccoci al 2014, il 9 gennaio si chiuderà il 150° anno della metropolitana di Londra; i festeggiamenti sono durati quasi 12 mesi, seguendo iniziative di ogni genere, da quelle prettamente ferroviarie, come il far circolare i treni a vapore lungo le antiche tratte, o più strettamente artistiche come la mostra sui manifesti tenutasi al London Transport Museum. Con i festeggiamenti si sono susseguite una marea di pubblicazioni che affrontano il tema sotto ogni aspetto, centinaia di gadget e un impressionante numero di articoli scritti sui quotidiani e i blog di tutto il mondo per celebrare questo anniversario solo in apparenza così specialistico, in realtà fondamentale per la vita della gran parte dei londinesi e di molti ospiti che sono passati per quella città e per tutti coloro i quali usufruiscono di questa invenzione ogni giorno o anche solo una volta nelle 155 città nel mondo che ne ospitano una.

Ma il 2014 sarà sopratutto l’anno del 50° della metropolitana di Milano. Ebbene il 1° novembre 2014 la metropolitana di Milano compirà 50 anni. Novantanove in meno di quella di Londra, ma molti anni in più rispetto alla media della sue “sorelle”. La speranza che anche per Milano si sussegua un dignitoso numero di eventi si scontra con le ristrettezze economiche che ci affliggono, tuttavia non può essere una scusa per non mettere in campo il massimo impegno possibile. In tal senso sto seguendo alcuni progetti in collaborazione con la Fondazione Albini, che dovrebbero portate ad un adeguato festeggiamento e non solo una semplice commemorazione.

© 2014 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo citandone l’autore.

Licenza Creative Commons
Quest’ opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia.

Ecco un’altra lezione che in Italia rimane non solo inapplicata ma integralmente ignorata. Qualche anno fa, in realtà, ATM provò a vendere dei gadget immettendo sul mercato qualche modello in scala H0 di tram e metro e qualche piccolo oggetto; i modelli, visti dalla vetrina dell’ATM-Point Duomo, sembravano anche di buona fattura, ma con prezzi da vero amatore (dai 250 in su per una vettura della Linea 1) e in tiratura limitatissima. I gadget erano pochi e sono passati inosservati, l’unico successo lo ebbero i biglietti commemorativi cartacei con foto di mezzi storici e attuali, per i quali fu anche approntato un apposito album dal costo di circa 50 euro.

 

A Londra la situazione è diametralmente opposta, il loro aggiornatissimo London Transport Museum situato nel pieno centro della capitale inglese, ha un grande negozio che si ripete online nel loro sito. Non conosco i dati di vendita, non sono noti, ma a giudicare dalla continua e sistematica immissione di nuovi oggetti fa pensare che un discreto successo l’abbiano avuto. Perché questa differenza? La sostanza è la creazione di un mito, il tube nell’immaginario degli utenti non è certo un luogo di piacere, mi ricordo che una signora inglese mia amica quando le dissi che ero interessato a questa infrastruttura mi disse che per lei era alla stregua di un bagno pubblico. In effetti tutte quelle piastrelle bianche possono dare questo effetto. Tuttavia gli inglesi sanno bene che per fare marketing non devono per forza vendere l’oggetto in questione perché appetibile in sé, ma devono crearne un mito, devono caricarlo di messaggi sociali, artistici e identitari. Una volta creata l’aura intorno ad un oggetto o evento, che potrebbe anche non avere nulla in sé di bello, su questo si può creare economia. Infatti è di questi giorni la notizia che in Gran Bretagna si aspettano di guadagnare diversi milioni di sterline dalla nascita del figlio della coppia di principi. Una somma imponente per un parto che altrove genererebbe solo qualche notizia sui giornali. Come hanno fatto? Parlandone per quasi due anni tutti i giorni, creando una grande attesa.

Qual è dunque la lezione da imparare? In Italia ci si consola guardano alle metropolitane, così come alle stazioni o edifici simili ancora come semplici Nonluoghi. Non tanto nel pensiero sociologico di Marc Augè, ma più banalmente, consolandosi dell’abbandono e degrado di questi luoghi dicendosi “tanto sono non luoghi, non interessano a nessuno”. E così sarà sempre se pensiamo che di tutti gli aspetti anche altamente positivi della vicenda della metropolitana a Milano sono del tutto volontariamente ignorati, se il degrado avanza, se il mantenimento di questi spazi è lasciato a logiche di ignota natura. Dopo ottanta anni solo ultimamente si è incominciato a generare un’aurea intorno alla Stazione Centrale, un piccolo segno di vita, una speranza, ma ancora troppo poco.

Ma confronti a parte quali sono state le migliori idee partorite dal London Transport Museum per il 150° anniversario della metropolitana di Londra? Al primo posto metto le due confezioni con le riproduzioni della mappe dal 1863 ad oggi; una prima selezione storica con dieci mappe e una seconda artistica con sei riproduzioni di storici volantini emessi in occasioni di eventi storici avvenuti nella capitale inglese. Poi una selezione di gadget tra il tradizionale, come il tè o la tazza, ai più bizzarri; tutti dedicati alla Metropolitan Line per il suo 150esimo compleanno. Qualitativamente si tratta di oggetti ben fatti, con prezzi dalla sterlina (penne, segnalibri) alle centinaia come nel caso dei modelli di gesso di alcune stazioni. E, infine, le belle e abbondanti commemorazioni emesse da Royal Mail e dalla Banca d’Inghilterra per conto dello stato.

Bellissimo cofanetto contenente riproduzioni di mappe storiche della metropolitana di Londra.

LINK PER IL NEGOZIO ONLINE: http://www.ltmuseumshop.co.uk/tube150.html
La spedizione viene effettuata in tutto il mondo (personalmente sperimentata) a cosi contenuti. I poster vengono spediti in tubi di cartone perfettamente protetti.

Francobolli emessi dalla Royal Mail e monete emesse dalla Banca d’Inghilterra.

E infine il Google Doodle commemorativo del 9 gennaio 2013

© 2013 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore.

Licenza Creative Commons
Quest’ opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia.

La prima metropolitana del mondo apri il 10 gennaio 1863 a Londra. I tunnel e le sette stazioni furono costruite per conto della Metropolitan Railway Company, compagnia a cui fu più volte rifiutato di realizzare una nuova stazione di testa nel centro di Londra, per i suoi servizi; all’epoca erano già sette le grandi stazioni che portavano le persone da tutta la Gran Bretagna nella grande capitale.

Famosa stampa descrittiva della congestione delle stade di Londra nell’800.

Stemma della Metropolitan Railway Company.

L’idea di realizzare un ennesimo capolinea ferroviario a ridosso della City era considerata impensabile anche per gli enormi costi che legati al costo dei terreni, motivo per il quale tutte le grandi stazioni si formarono a ridosso del centro utilizzando aree dove insistevano abitazioni popolari. Dopo vari passaggi parlamentari e una forte azione di lobbying operata da Charles Pearson, la compagnia ottenne il permesso di costruire non più un terminal vicino al principale ufficio postale, il GPO di Londra nella zona di St. Martin Le Grand a sud dell’attuale stazione di Farringdon, ovvero toccando la City. La tratta tra la periferia e il terminal avrebbe potuto toccare le altre stazioni poste nel lato nord della città: Paddington, Euston e King’s Cross. Il consenso reale fu apposto il 7 agosto 1854 e il provvedimento prese il nome di North Metropolitan Railway Act. Per evitare il diniego verso la costruzione di nuove ferrovie urbane e ridurre l’incidenza dei costi dei terreni l’intera struttura sarebbe stata sotterranea; avrebbe potuto così sfruttare molti dei nuovi assi stradali appena realizzati, riducendo al minimo il numero di edifici da comprare e demolire per realizzare i tunnel. Nella tratta prossima alla stazione Farringdon fu usato anche un vecchio e degradato canale, il Fleet, interamente coperto dalla nuova ferrovia. Il costo di realizzazione fu di un milione di sterline dell’epoca, raccolte con i fondi provenienti anche dalle principali compagnie ferroviarie che gestivano le stazioni collegate dalla nuova ferrovia e potevano far correre i loro treni nel nuovo tunnel urbani. Per questo motivo i binari avevano un doppio scartamento possibile grazie alla presenza di tre binari. La costruzione iniziò nel marzo dl 1860 con il noto sistema del cut&cover, il progetto ingegneristico fu redatto da Sir John Flower; le opere furono interrotte da numerosi incidenti e problemi legati alle interferenze di fiumi e fogne. Il servizio era interamente effettuato con treni a vapore, da qui la necessità delle grandi aperture nei lati delle stazioni e degli ampi tratti di trincea. Prima dell’apertura nel 1863 non furono in molti, a partire dal The Times, a predire l’insuccesso dell’operazione ritenendo che viaggiare sotto terra non fosse tra le prerogative dell’uomo. Il successo fu invece totale, 4,8 milioni di passeggeri registrati fino al 30 giugno 1863. Già nel 1865 aprirono i primi prolungamenti mentre nel 1868 apri la prima sezione di una seconda linea ad opera della Metropolitan District Railway.

Il tracciato originale.

Una delle prime mappe della metropolitana di Londra pubblicate in Italia.

Nel particolare cosa resta di questa prima linea metropolitana, un complesso storico d’importanza sociale che non ha mai smesso di eseguire il suo compito e perciò è stata oggetto di continui adeguamenti e profonde modificazioni. Ecco stazione per stazione la situazione:

Bivio di Praer Stree in un disegno del 1863.

FARRINGDON STREET (oggi FARRINGDON)

La stazione originale fu chiusa già il 22 dicembre 1865 per essere sostituita con la stazione che permetteva alla linea di proseguire verso sud. Attualmente l’intero complesso è coinvolto nei lavori di realizzazione del collegamento ferroviario Ovest-Est detto Crossrail; con il nuovo progetto due banchine a grande profondità saranno posizionate perpendicolarmente alla stazione esistente verranno realizzati due nuovi ingressi a nord e sud della stazione. L’edificio esterno d’ingresso è stato ricostruito nel 1923 su progetto dell’architetto Charles Walter Clark, e tale è rimasto ancora oggi. Attualmente una prima serie di lavori ha portato alla realizzazione di due nuove passerelle di attraversamento dei binari e dell’estensione della copertura. Alla fine dei lavori l’intero allestimento sarà rinnovato e completato di scale mobili e ascensori; sebbene la struttura laterale della trincea rimarrà quella originale così come il vecchio edificio di uscita, il resto della stazione sarà completamente nuovo. Il progetto della nuova stazione sarà dello studio Aedes, già impegnato in altri progetti simili come quello della metropolitana di Dubai. Architettonicamente l’edificio esterno si presenta in uno stile eclettico neo classico, non particolarmente appesantito nelle decorazioni. Alto solo due piani è intonacato in bianco e coronato con le scritte originali dell’epoca. Sulla facciata oltre alla pensilina vi sono alcuni attività commerciali disposte simmetricamente all’ingresso. I riferimenti al rinascimento italiano sono palesi come in tutti gli edifici dell’epoca, su tutti il bugnato delle lesene angolari e il coronamento. Assenti archi a tutto sesto, invece presenti nell’edificio realizzato originale.

La palazzina originale, successivamente demolita.

La seconda palazzina nello stato attuale.

Assonometria della nuova stazione Crossrail.

I nuovi interni secondo il progetto dello studio Aedes

KING’S CROSS (oggi KING’S CROSS ST. PANCRASS)

L’attuale stazione è stata aperta nel 1941 e completamente rimodernata nel 2009. La stazione originale, almeno per quanto riguarda i due binari a nord, è stata usata fino al 9 dicembre 2007 per il servizio ferroviario locale, prima di venire nuovamente sostituita da una nuova stazione e chiusa definitivamente. Anche in questa stazione originale non rimane nulla dell’architettura originale. I due binari e le relative banchine originali, usate dalla metropolitana, sono ancora parzialmente presenti ma privi di qualsiasi allestimento, rimasto solo per i binari che furono usati per la ferrovia fino al 2007. L’edificio d’ingresso, probabilmente non originale, è oggi usato come uscita per la nuova fermata situata sotto la rampa di accesso alla stazione St. Pancrass. Inutile aspetti architettonici originali, quello che si vede oggi è del tutto estraneo a quanto utilizzato dai passeggeri nel 1863.

La stazione nell’ubicazione originale.

Veduta interna, tratta da The Circle Line di Desond F. Crome, Capital Transport 2003

Tratto di tunnel presso la stazione, pubblicato su un giornale di ingegneria italiano.

Schema delle connesioni.

GOWER STREET (oggi EUSTON SQUARE)

Questa stazione è ancora nel sito originale e presenta la volta in mattoni realizzata nel 1863. Tuttavia le aperture laterali sono state murate e in esse sono state inserite trave di acciaio che sostituiscono parte del soffitto originale. L’ingresso lato sud è stato recentemente ricostruito e inserito nell’edificio dell’attiguo ospedale e dotato di ascensore. L’allestimento è composto di pannelli di acciaio smaltato di colore bianco più la consueta segnaletica. L’altra uscita e i corridoi di connessione rimangono nello stato originale, tenendo conto delle consuete superfetazioni.

Lavori per l’estensione delle banchine, tratta da The Circle Line di Desond F. Crome, Capital Transport 2003

L’attuale stato della copertura in mattoni. Osservando la foto si notano in primi piano le prime due travin di acciaio inserite nelle aperture di areazione. In fondo la copertura di acciaio del prolungamento delle banchine.

PORTLAND STREET (oggi GREAT PORTLAND STREET)

Forse questa è l’unica stazione quasi completamente conservata; sono ancora presenti ancora i lampadari sferici in vetro e metallo appesi al soffitto, non si sa se originali o delle riproduzioni. Discorso diverso per la palazzina di uscita; quella attuale fu costruita nel 1930 su un’isola spartitraffico lungo la strada, mentre quella originale fu già oggetto di modiche nel 1877 e nel 1884 e oggi è del tutto scomparsa. L’edificio originale era formato da un piccolo volume alto un solo piano con aperture ad arco e rivestito con bugnati in pietra, coronato da una balaustra classicheggiante; come per tutti gli altri edifici originali l’ispirazione è tra il rinascimentale e il neo-classico, definita “italianate” in inglese. Il nuovo edificio ha una struttura di acciaio rivestita di terracotta di colore chiaro, e si presenta in forma semi-ovale. Il vano della stazione si presenta ancora originale, con una grande volta in mattoni a vista, priva delle aperture verso l’esterno e regolarmente scandita con una serie di pilastri e archi a tutto sesto inclinati. La stazione è stata estesa in lunghezza e quest’area, leggermente più stretta dello spazio originale, è stata coperta con travi metalliche e allestita con pannelli di acciaio smaltato.

La palazzina originale, tratta da The Circle Line di Desond F. Crome, Capital Transport 2003

L’interno oggi.

BAKER STREET

Questa stazione fu oggetto già di modifiche in origine, quando fu connessa con la deviazione a nord della Metropolitan Line. Inizialmente nata come ferrovia indipendente, la Metropolitan & St. John’s Wood Railway fu pianificata nel 1864 con un singolo binario da Baker Street e Swiss Cottage, a causa di difficoltà finanziare. Nel 1865 si decise per l’unificazione delle due ferrovie e nel 1868 la nuova tratta aprì servita ai treni della Metropolitan Railway grazie alla nuova connessione. Il nuovo inserimento influenzò minimamente la stazione originale dove sopravvive ancora gran parte della copertura a volta in mattoni con le aperture laterali chiuse. Il punto di connessione tra le due linee avviene immediatamente ad Est della stazione. Il vano della prima fermata, come detto originale, si presenta come un ampio spazio unico coperto da una volta in mattoni a vista inframmezzata da aperture disposte obliquamente nello spessore della volta coronate da archi a tutto sesto. Tali aperture sono attualmente rivestite di mattonelle bianche di piccolo formato. La funzione delle aperture oltre a portare luce all’interno della stazione servivano anche per estrarre il fumo delle locomotive a vapore. Verso il limite est della volta, nel 1869, fu stato praticato un taglio per permettere l’inserimento di una passerella per l’accesso diretto alle scale o ai corridoi di connessione con le due banchine del tratto verso nord della metropolitana, queste banchine si trovano all’aperto, nella corte del grande isolato che racchiude la stazione. L’attuale conformazione a cinque binari risale al 1913, quando fu realizzato un nuovo edificio triangolare in superficie con la connessione diretta alla biglietteria posta al piano interrato, sopra i binari. Le modifiche a questa stazione furono continue e si conclusero con la realizzazione di un grande edificio che coprì l’intero isolato. Il tutto fu disegnato sempre da Charles Walter Clark e l’intero progetto fu completato nel 1930. L’ala a cielo aperto della strizione è riccamente rivestita con maioliche bianche e finiture di legno modanato e ferro battuto. In superficie in origine erano presenti solo due piccole edicole per direzione, che contenevano le scale fisse per la discesa e le biglietterie, la scelta per la banchina doveva avvenire prima di accedere all’infrastruttura, il mezzanino non era ancora stato introdotto in nessuna di queste prime stazioni. Le due palazzine furono demolite nel 1913, architettonicamente rispecchiavano il modello della palazzina a Great Portland Street.

EDGWARE ROAD

Questa stazione è in trincea, completamente all’aperto, protetta solo da pensiline poste sulle tre banchine (due laterali ed una ad isola) che servono i quattro binari che le tre linee di metropolitana utilizzano in questo punto. Dal punto di vista architettonico l’edifico di uscita si presenta con stile simile a quello della stazione Farringdon, sebbene l’uscita sia posta ad angolo e non vi siano più attività commerciali. Anche questo fu opera di Charles W. Clark e fu costruito nel 1928, come sostituto di un secondo edificio realizzato nel 1911. Le pensiline sono in acciaio verniciato con tettoie di legno nel consueto stile ferroviario. Recentemente oggetto di ristrutturazione una delle pareti laterali è stata ricoperta, nel 2012, con pannelli di acciaio smaltato con disegni ad opera di Jaqueline Poncelet.

BISHOP ROAD (oggi PADDINGTON)

Delle varie fermate di metropolitana con questo nome, quella che fu aperta nel 1863 è situata sul fianco nord della stazione ferroviaria, in superficie. Anche questa stazione è attualmente coinvolta nei lavori per il progetto Crossrail. Una volta terminati la fermata sarà inclusa in un edificio completamente nuovo. L’omonima stazione sotterranea fu realizzata nel 1868, il padiglione di uscita ripropone la stessa architettura della stazione Farringdon, e fu realizzato nel 1914 ad opera del medesimo architetto. Il nuovo padiglione prevede una struttura in vetro e acciaio con una copertura a forma rettangolare; il progetto architettonico è stato eseguito dallo studio Weston Williamson Architects.

Planimetria del complesso con l’inserimento della stazione Crossrail. La stazione della metropolitana del 1863 è posta a nord.

© 2013 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore.

Licenza Creative Commons
Quest’ opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia.

Perché si usa questo termine: tube? Ovvero tubo. L’immagine qua sotto lo rende subito esplicito. Non si tratta né di tubature del gas e nemmeno di meno eleganti scarichi di acque reflue. Sono tunnel della metropolitana di Londra, ovvero il nodo della stazione Kennington dove due diramazioni della Northern Line si uniscono nel sud della città. Parallelamente al sistema detto cut&cover, letteralmente taglia e copri, ma più dettagliatamente, scava e ricopri, che null’altro è che una ferrovia costruita sotto il livello della strada, più o meno interamente ricoperta, per non avere interferenze con il traffico superficiale, il tube costituisce l’evoluzione definitiva della metropolitana. Infatti, il metodo originale, praticato per i primi trenta anni, non si può adattare a tutte le situazioni, prevede grandi stravolgimenti in superficie, talvolta l’abbattimento di edifici, e la necessità di seguire la maglia urbanistica esistente. Il tube non necessità di nulla di tutto ciò, ha tracciati indipendente, può sotto passare qualunque cosa, compresi corsi d’acqua e strati archeologici; può richiedere scavi anche molto ridotti e solo dove vi sono stazioni o pozzi di areazione. Il diametro tipo dei primi tunnel londinesi era di 310cm, mentre le versioni successive aveva un’ampiezza di minimo 450cm.

Questa invenzione, prettamente anglosassone, nasce con l’idea, apparentemente banale, che come i tubi che incominciano ad attraversare le città ottocentesche per portare acqua, gas, cavi elettrici, telegrafici, acque sporche, i primi cavi telefonici e perfino la posta pneumatica, allo stesso modo si possono realizzare tubi che possano trasportare persone. Uno dei primi tentativi, ad opera di Marc Isambard Brunel, sotto passava il Tamigi; accessibile alle persone tramite scale o ascensori e veniva percorso a piedi, fu costruito a partire dal 1825 e inaugurato nel 1843. Oggi questo tunnel è parte della metropolitana di Londra (Overground Line). In seguito sia a New York che Londra s’ipotizzò l’introduzione di convogli spinti, rispettivamente, con l’aria compressa o da pulegge, ma non ebbero successo. Infine, grazie all’arrivo dell’elettricità, si poterono utilizzare treni normali tradizionali. O quasi, vista la conformazione cilindrica ancora oggi caratteristica peculiare dei convogli Londinesi. Dagli anni ’30 questa prassi divenne consolidata e i tunnel, più larghi, permettevano il passaggio di treni con dimensione standard. Oggi i tunnel circolari scavati a grande profondità da trivelle meccanizzate, le talpe o TBM, costituiscono la maggior parte delle nuove realizzazioni; proprio questa tecnica altamente automatizzata di scavo ha definitivamente consolidato la geometria cilindrica delle metropolitane.

Conseguenza di questa scelta strutturale è evidente nella conformazione delle stazioni. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, il fatto che le metropolitane siano realizzate per il trasporto umano, nelle prime conformazioni l’aspetto finale, se non si considerano le dimensioni, ripercorre perfettamente la forma di un impianto idraulico.

La prima fase è rappresentata nelle prime due immagini sono raffigurate le stazioni londinesi Down Street della Piccadilly Line e Camden Town della Northern Line. La prima fu aperta nel 1907 e chiusa nel 1932 senza subire modifiche, a causa dell’eccessiva vicinanza con le altre stazioni. La seconda fu aperta nel 1907 ed è tuttora funzionante. Sono entrambe formate da tunnel contenenti le banchine, uno per ogni direzione o ramo. Questi tunnel-banchina sono poi connessi al sistema di risalita tramite cunicoli di forma circolare di dimensione ridotta, due per ogni banchina contenenti in parte delle scale per sovrappassare la banchina nell’altra direzione. Il sistema di risalita è a sua volta costituito da due o quattro vani cilindrici verticali che contengono una scala a chiocciola o gli ascensori. Infatti, in questa prima tipologia era collegata con la superficie solo con ascensori e scale. L’aspetto in sezione e assonometria ripete pienamente quello di un impianto idraulico di qualsiasi tipo. Internamente le stazioni erano interamente rivestite di piastrelle smaltate installate in modo da formare disegni geometrici, il pavimento era in conglomerato cementizio e gli arredi erano costituiti dalle luci elettriche e da poche panchine di legno e ferro. Le poche indicazioni grafiche erano dipinte in nero. Entrambe le stazioni furono progettate architettonicamente da Leslie Green.

La seconda fase vede l’introduzione delle scale mobili. La prima è la versione attuale della stazione Camden Town già illustrata prima, la seconda è la stazione Bounds Green della Piccadilly Line, realizzata nel 1932. L’introduzione della scala mobile nasce parallelamente all’umanizzazione degli spazi sotterranei. Anziché collegare il sistema di risalita con stretti tunnel parzialmente percorribili attraverso strette scalinate, viene declinato per il sotterraneo il sistema della banchina ad isola. Quindi i due vani circolari delle banchine sono complanari e le loro uscite si affacciano entrambi sul ripiano che porta alle scale. L’intero complesso assume quindi una conformazione sostanzialmente simmetrica. Anche gli spazi vengono estesi, aumentando i diametri anche per contenere le tre scale mobili in legno e metallo. Se la stazione Bounds Green da parte del primo lotto conformato in questo modo al mondo, per la stazione Camden Town si tratta di una modifica avvenuta in epoca successiva, che ha comportato anche la rimozione degli ascensori, mantenendo invece, per ovvi motivi, i due diversi livelli altimetrici delle banchine. Architettonicamente la variazione nella parte sotterranea è costituita dalla semplificazione dei decori e dalla standardizzazione della grafica, il grande cambiamento avvenne invece in superficie.

Stato finale della stazione Piccadilly Circus a Londra dopo il rinnovamento delle uscite avvenuto nel 1928 con il progetto architettonico di Charles Holden

La terza fase vede il completamento del processo evolutivo di questa tipologia. Con il contratto tra l’Unione Sovietica e gli ingegneri della metropolitana di Londra per realizzare la metropolitana di Mosca, viene definita la conformazione unitaria degli spazi delle stazioni profonde. Partendo dal diametro maggiore e dalla lunghezza accresciuta delle banchine, i piccoli spazi pensati per la metropolitana di Londra, da considerarsi come un progetto sperimentale, non erano più adatti. Per questo ai due tubi paralleli contenenti le banchine furono associati uno o più tubi paralleli contenenti gli spazi di collegamento; i tre tunnel paralleli furono connessi non con altre gallerie ma non realizzando le separazioni tra i tre vani e sostenendo le volte con pilastri, tutti interamente realizzati in metallo. Ad una o entrambe le estremità del tunnel centrale vennero poi posizionati i collegamenti obliqui contenenti le scali mobili. La grande profondità delle stazioni nel centro di Mosca e le dimensioni maggiorate degli spazi hanno portato alla realizzazione di vani estremamente ampi che furono poi decorati con le note caratteristiche estetiche di derivazione neobarocca, che ben celano tuttora la complessità strutturale. Nell’immagine è raffigurata un’interconnessione tipo pensata per Mosca e la sezione del punto di connessione tra le due linee; inoltre uno spaccato assonometrico della struttura da confrontarsi con il risultato finale architettonico.

Con l’evolvere del tempo la tipologia non si è più modificata dal punto di vista volumetrico, se non aumentando o diminuendo gli spazi a seconda delle necessità. Al contrario vi è stata una vasta evoluzione architettonica: abbandonati gli sfarzi sovietici (proseguiti fino agli anni 50 e 60) gli allestimenti si sono orientati verso una maggiore semplificazione estetica e un crescente tentativo di sottolineare la complessità strutturale. A Praga e a Vienna i conci di acciaio dei tunnel rimangono visibili e per completare gli spazi si fa massiccio uso di pannelli metallici introdotti con la metropolitana di Milano; i materiali con posatura a secco si diffusero rapidamente. Solo in periodi più recenti, l’aumento della complessità strutturale legata ai nuovi impianti e alle aggiornate norme di sicurezza, hanno visto il moltiplicarsi dei materiali usati con un forte ritorno del calcestruzzo armato, usato da qualche decennio anche per i conci dei tunnel. A Stoccolma le stazioni profonde aperte nel 1975 in planimetria ripercorrono lo schema moscovita, ma si presentano come vani con roccia a vista semplicemente ricoperta di calcestruzzo spruzzato e poi variamente decorate con opere d’arte. Nell’immagine il complesso nodo di London Bridge dopo l’inserimento della fermata della Jubilee Line (in verticale) e il rifacimento della fermata della Northern Line (in orizzontale) tramite l’introduzione di una nuova banchina per permettere l’inserimento delle scale mobili.

Nell’ultimo decennio le stazioni profonde sono state riviste per permettere, eventualmente, l’eliminazione dello scavo in sotterraneo senza diminuire eccessivamente la profondità e l’uso dei due tunnel paralleli e, contemporaneamente, aumentare gli spazi delle stazioni, sia per inserire nuovi vani tecnici sia per questioni architettoniche. Alcuni esempi sono sia le stazioni realizzate per la prima linea metropolitana di Copenaghen sia per la sua gemella in realizzazione a Milano: la linea 5. Questi vani sono costituiti da un singolo parallelepipedo sufficientemente ampia da permettere il passaggio delle due macchine scavatrici e contenere, nel centro, la banchina ad isola con i sistemi di risalita. Da punto di vista architettonico non è più possibile definire uno standard tipico.

Foto della banchina della stazione Russel Square della Piccadilly Line a Londra

© Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore

Licenza Creative Commons
Quest’ opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia.

Il 2013 le metropolitane compiono 150 anni di vita. La prima metropolitana entro in funzione a Londra il 10 gennaio 1863. Si trattava di un singolo tunnel tra le stazioni Paddington e Farringdon. Costruita scavando i tunnel e le stazioni dall’alto – metodo cut&cover – era gestita da una compagnia ferroviaria privata detta “Metropolitan Railway Company” a cui deve il nome che identifica questo sistema, anche se nel mondo anglosassone viene tutt’ora chiamata semplicemente underground (come da noi “la sotterranea”) o tube.

Per avere il primo tube si dovrà aspettare il 1890 – salvo un primo fallimentare esperimento nel 1870 – con la prima tratta costruita intermente in sotterraneo per opera della “City and South London Railway” (oggi Northern Line) tra le stazioni King William Street – poi chiusa – e Stockwell. Fu costruita con l’uso di scudi circolari, utili a proteggere gli operai, e il tunnel era costituito dall’assemblaggio di conci metallici; tale tecnologia è stata favorita dall’avvento della trazione elettrica che ha permesso l’eliminazione degli scarichi delle locomotive a vapore che spingevano i treni nelle prime linee, ha visto la luce sempre a Londra. Con l’avvento del tube, ma soprattutto della trazione elettrica, la metropolitana iniziò a diffondersi in tutto il mondo.

La metropolitana, da subito strettamente legata al contesto urbano ad alta densità, che il nome bene rispecchia, ebbe un lento approccio con l’architettura che in quel momento era già perfettamente integrata nella realizzazione dei grandi terminali ferroviaria; a Londra, su tutti, la grande stazione di St. Pancras realizzata in stile neogotico vittoriano nel 1861 ad opera dell’ingegnere William Henry Barlow. Le prime stazioni metropolitane erano lavori prettamente ingegneristici, con allestimenti semplici e dal gusto classico, giusto qualche lampione e panchina nelle banchine, e archi e lesene classiche sulle facciate; tra i protagonisti vi furono l’ingegner John Fowler e l’architetto Harry Warton Ford per la Distric Line, l’architetto Harry Bell Measures per la Central Line – anche in stile tudor – , e T. Phillips Figgis per la Northern Line. Sarà solo con l’entrata nel XX° secolo che vi furono i primi interventi consapevoli di architetti. Nell’era Edoardiana toccò all’architetto Leslie William Green disegnare la maggioranza delle facciate delle palazzine dove vi sono gli accessi alle stazioni profonde, tra il 1905 e il 1908. Infatti a Londra non vi era e non vi è tuttora l’uso delle scale di uscita poste lungo i marciapiedi, salvo rare eccezioni. Le uscite sono sempre state collocate in apposite palazzine di uno o due piani comprendenti spazi commerciali al piano terra, e uffici al livello superiore. Le loro caratteristiche peculiari sono le grandi aperture chiuse da archi a tutto sesto, i rivestimenti in piastrelle in terracotta lucida, di colore bordeaux all’esterno e verde nelle parti sotterranee, cesellate con fogge neorinacimentali, e alcuni inserimenti Art Nouveau soprattutto nelle parti metalliche; si tratta di uno dei primi esempi di disegno uniformato per le metropolitane.


STAZIONE COVENT GARDEN, OPERA DI LESLIE GREEN

Ma il vero punto di congiunzione tra architettura e metropolitane nasce a Parigi, che nel 1901 inaugura la prima linea della sua ampia rete, e affida gli aspetti estetici al maestro dell’Art Nouveau Hector Guimard. Le sue realizzazioni per le uscite delle stazioni, ma anche per il raffinato disegno delle maioliche che rivestono le banchine, non solo rimane la sua opera più nota, ma costituisce tuttora un simbolo parigino e un punto di riferimento assoluto nella progettazione infrastrutturale.


PORTE DAUPHINE A PARIGI, OPERA DI GUIMARD

Il primo modernismo, tuttavia, non riesce a spazzare via il gusto eclettico che constituirà ancora, fino agli anni 30 il paradigma. A Berlino, per opera dell’architetto svedese Alfred Granader (tra il tra il 1910 e il 1930), con le sobrie stazioni nel centro della città, con le colonne metalliche decorate da capitelli in ferro battuto in fogge Liberty o stampati nelle forme classiche; da citare anche le stazioni che riprendono il medioevo e rinascimento tedesco, tra le quali segnalare Heidelberger Platz per opera di Wilhelm Leitgebel (1913).


BERLINO, CAPITELLI METALLICI DI GRANADER


BERLINO, HEIDELBERGER PLATZ

A Budapest con la prima linea aperta nel 1896 – ad opera della Siemens & Halske, come per Berlino – realizzata in forme eclettiche e divenuta oggi Patrimonio dell’Umanità UNESCO; a New York dove l’aspetto architettonico è curato per la sola stazione City Hall (la cui foto è visibile nel primo post di questo blog), e nelle bande in ceramica che coronano le banchine delle altre fermate. Madrid segue Parigi soprattutto nell’allestimento delle banchine, introducendo grossi riquadri pubblicitari realizzati con piastrelle in rilievo anziché in carta o dipinti.


MADRID, STAZIONE FANTASMA DI CHAMBERI

Negli anni ’30, con il passaggio all’Art Dèco, e al modernismo europeo razionalista, con la sostanziale scomparsa di ogni aspetto decorativo a favore di forme dallo spiccato aspetto geometrico. Esempi sono le molte stazioni delle estensioni della metropolitana di Londra verso le periferie e le New Town ad opera dell’architetto Charles Henry Holden. Sempre a Londra arrivano i primi tentativi, peraltro molto riusciti, di studio degli aspetti grafici delle metropolitane, dapprima con la realizzazione del font Johnston, di Edward Johnston, nel 1916, e poi con lo schema grafico ad opera di Harry Beck, ancora oggi entrambi utilizzati e punto di paragone per tutta la produzione analoga.


LONDRA, STAZIONE RAYNERS LANE DI CHARLES HOLDEN

Caso a parte è costituito dalla metropolitana di Mosca, inaugurata nel 1935, figlia di un ambizioso progetto politico, fu realizzata con precisa volontà di grandezza per quello che era il trasporto del popolo. La conformazione della prima linea fu progettata dagli stessi ingegneri inglesi che realizzavano il tube di Londra, riproponendone la conformazione ma rivoluzionando la geometria delle stazioni, espandendone e razionalizzandone gli spazi. Invece di stretti tunnel che portavano dagli ascensori provenienti dalla superficie, attraverso piccole scale, verso le banchine, a Mosca fu introdotto l’uso massiccio delle scale mobili, solo da poco sperimentate a Londra. Le nuove stazioni composte da un atrio, un tunnel obliquo con le scale e tre tunnel paralleli – due per treni e banchine e uno di smistamento – semplificarono l’accesso a queste stazioni profonde. Ma quello che tuttora le rende uniche è la scelta di allestirle in uno stile neobarocco, con grandi lampadari in ferro, stucchi alle pareti, mosaici, pavimenti in materiale pregiato; stile che verrà riprodotto in tutte le reti dell’area sovietica.


MOSCA KOSMOLSKAYA

Nelle restanti nuove reti, come Chicago o Barcellona, e più avanti Stoccolma (1950), Roma (1955) e Lisbona (1959), e in generale per tutti gli anni ’40 e ’50, gli aspetti estetici verranno messi da parte per favorire un risparmio notevole nella realizzazione di queste infrastrutture, preferendo pareti intonacate, piastrelle perlopiù bianche, scarsa segnaletica, rari e monocromi mosaici e pavimenti in pietra dai colori scialbi.

L’ingresso nell’era contemporanea delle metropolitane si avrà grazie al progetto del team Franco Albini, Franca Helg, Bob Noorda a Milano nel 1964 con il ritorno dell’architettura, nello specifico funzionalista e modernista post-bellica. La progettazione integrale, dall’allestimento alla segnaletica, secondo principi razionali studiati nel dettaglio, l’uso di materiali innovativi (il pavimento in bolli neri, molto utilizzato fino a tutti gli anni ’80 è stato creato apposta per la Linea 1 di Milano), l’uso del colore dominante, di un font apposito e di icone identificative vede in questo progetto la prima applicazione totale, dopo i primi tentativi di Londra.


Dagli anni ’60 l’approccio usato a Milano diverrà il filo conduttore di molte nuove realizzazioni – San Paolo, Vienna, Brasilia, Washington – e di alcuni rinnovamenti – Boston nell’immediato e Madrid ancora oggi. Soprattutto lo studio della grafica e della segnaletica, e l’uso di materiali innovativi e facilmente gestibili come i pannelli removibili, sono man mano diventati uno standard. Stoccolma costituisce, in apparenza, un caso a parte, ma sebbene la scelta di affidare ad artisti il completamento delle stazioni, e la loro conformazione unica – come caverne – lo standard dell’allestimento rispecchia sempre le regole funzionaliste introdotte nel 1964 a Milano.


MADRID TRIBUNAL OGGI


STOCCOLMA CENTRAL, STAZIONE SULLA LINEA PIU’ RECENTE (1975)

L’ultima fase è rappresentata nasce, nuovamente, a Londra con la scelta di assegnare a differenti studi architettonici di prestigio il progetto delle undici stazioni del prolungamento della Jubillee Line, 1999, come Norman Foster (Canary Wharf). Segue Lisbona con le opere di Alvaro Siza Vieria (stazione Baixa-Chiado) o gli esperimenti innovativi francesi di Lilla. Con questa fase l’attenzione agli aspetti architettonici delle metropolitane si avvia a diventare la norma. In alcuni casi come la stazione Drassanes di Barcellona diventano prove di design, in altri casi, come Napoli, campo per l’applicazione di opere artistiche estese, esperimenti già effettuati in maniera ridotta a Bruxelles o come anticipato a Stoccolma. Nella maggior parte dei casi la prassi funzionalista, ovviamente aggiornata, che propone ancora la standardizzazione dell’allestimento e lo studio dettagliato della segnaletica e dei dettagli si avvia a diventare norma consolidata, investire nell’aspetto estetico di una metropolitana, anche percentuali relativamente rilevanti non è più un tabù.


LONDRA JUBILEE LINE, CANARY WHARF

© Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore

Licenza Creative Commons
Quest’ opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia.