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Tag Archives: Linea 2

Il pavimento in gomma nera a bolli è certamente l’elemento di arredo della Metropolitana 1 Rossa di Milano che ha avuto il maggior successo commerciale al mondo. La gomma nera per i pavimenti era un elemento innovativo di allestimento per i pavimenti e si diffondeva parallelamente ad altri materiali innovativo come il Linoleum e il vinile, due materiali con cui non va assolutamente confuso.

La Pirelli produceva già altre versioni. Sicuramente quella a righe che possiamo vedere ancora oggi presso le stazioni Wagner, De Angeli e Gambara nella tratta della M1 aperta nel 1965. Non ci sono notizie sul motivo di questa scelta, forse era una partita facente parte di un ordine poi sostituito dal pavimento a bolli e usata per non sprecarla. Ma resta un’ipotesi.

Il pavimento in gomma nera a bolli Pirelli, ottenuto con una mescola del tutto simile a quella di uno pneumatico per autovetture, era un prodotto di alto livello, così ben riuscito e studiato che i pavimenti posati tra il 1963 e il 1964 sono sostanzialmente ancora tutti in sede a fare egregiamente il loro lavoro, cosa del tutto inconsueta per pavimenti di luoghi pubblici ad alto flusso come una metropolitana.

Ma come è nato questo prodotto di design ancora oggi diffusissimo? Lo si può trovare ovunque nel mondo, in opere nuove o più vecchie, con colori diversi (in genere nero o grigio chiaro) con bolli più piccoli come a Milano o anche molto più grandi e meno spessi. La Pirelli lo faceva produrre a Terni dalla ditta Linoleum sua succursale, ma oggi viene prodotto da decine di aziende, soprattutto in Cina e anche in molte varietà di colore.

Immagine Università di Mendrisio, stazione Amendola Fiera 1963

Cosa si sa ad oggi?

1)Nel 2022 mi sono casualmente imbattuto in un articolo del mensile “Abitare” (numero 618, ottobre 2022) dedicato alla Maison de verre, realizzata nel 1928 a Parigi dagli architetti Pierre Chareau e Bernard Bijvoet. Situata al numero 31 di rue Saint-Guillame per i coniugi Dalsace. Guardano le foto mi sono accorto di un dettaglio: il pavimento della grande sala presenta dei bolli grigi. Ho subito contattato gli attuali curatori dell’immobile i quali mi hanno confermato che si tratta di un pavimento in gomma a bolli color crema (Caoutchouc non synthétique, come lo hanno definito), anche se con piastrelle di dimensione più piccole. Il curatore Marc Vellay ha sottolineato come l’origine naturale del materiale (il nostro caucciù è sinonimo di gomma) è causa di un deterioramento incostante delle piastrelle ed è legato alla ricerca di materiali nuovi legati alle imprese coloniali in Indocina da parte della Francia. Il produttore potrebbe essere la CPLC, ovvero la Compagnie Parisienne de Linoléum. Non sono riuscito a scoprire altro, ma ricordiamo come Gian Battista Pirelli avvio la sua impresa proprio dopo un viaggio di istruzione avvenuto tra il 1870 e il 1871 tra le maggiori industrie europee dell’epoca dalle quali apprese e scelse la lavorazione del caucciù. Gomma, pneumatici, Linoleum e caucciù sono termini che si intrecciano nella storia di questo materiale e sarebbe utile chiarire quali legami ci possano essere stati.

2)Ma veniamo al 1962 quando Arrigo Arrighetti sta progettando gli allestimenti della M1. Nei suoi documenti raccolti presso la biblioteca Trivulziana di Milano (Castello Sforzesco) dove è conservata un fascicolo dal titolo “Prestazioni per M.M.”, si parla molto in dettaglio del pavimento. Si tratta di appunti manoscritti corredati da disegni fatti a mano di vari dettagli e qualche foto. È certo che per i pavimenti dei corridoi di ingresso Arrighetti propone una palladiana in quarzite come infatti si può vedere nella prova di allestimento ancora presente presso la stazione Buonarroti. Per il mezzanino Arrighetti fa diverse proposte concludendo che la migliore sarebbe un pavimento in gomma. Curiosa questa affermazione “… a Londra (normali e volgari marmette di cemento compresso) per la loro eccessiva disinvoltura, e il conseguente aspetto sudicio e triste…“, che ci indica come Arrighetti fosse stato inviato a visitare gli impianti allora esistenti. Da notare, a Londra ci sono ancora le “marmette di cemento“. Ma cosa ci dice del pavimento in gomma? “Dopo parecchi scambi di idee con la Pirelli fu sottoposto alla direzione tecnica della MM un pavimento studiato appositamente su nostri appunti (Arrighetti usa il pluralis maiestatis, N.d.R.), costituito da lastre di gomma con attacco a peduncoli e superficie a dischi in leggero rilievo che risolverebbe assai bene la cosa. La ditta garantisce nei riguardi dell’usura e da testo l’esperimento della Stazione Termini – pur con altro disegno -. Unico inconveniente, veramente notevole, è il colore. Infatti la garanzia viene data per i colori nero e rosso scuro. È possibile avere anche altri colori (giallo, rosso vivo, verde, blu) ma sono di minor resistenza e di costo ben più alto. Dire che sono completamente convinto della soluzione non posso, d’altra parte, esaminate coscienziosamente tutte le altre possibili, mi pare la più accettabile.” L’architetto non aveva immaginato quanto successo invece avrebbe avuto. Qualche pagina dopo proporne uno schema con colore base il rosso-bruno e con indicazioni in verde e rosso-vivo per indicare i percorsi di entrata e uscita. Il nero non venne preso in considerazione.

3)Come noto Arrighetti viene sostituito dallo studio Franco Albini – Franca Helg dopo l’elezione a sindaco di Gino Cassinis nel 1961. Presumibilmente nel 1962 vi fu il passaggio di testimone. Arrighetti aveva iniziato a lavora sulla M1 almeno nel 1957 stando alla data impressa a mano sulla prima bozza di progetto della stazione Amendola – Fiera che resta anche il suo contributo più noto al progetto nonché unica concessione architettonica (nel senso puro del termine) lasciata dagli ingegneri della MM. Ricordo che infatti quello di Arrighetti prima e di Albini-Helg dopo fu sostanzialmente un progetto di allestimento di interni. Interni già fatti e finiti i cui lavori erano iniziati il 12 giugno 1957.

4)Cosa ci dicono le cronache dell’epoca? Sul “Corriere di Informazione” del 21 luglio 1962 possiamo leggere “Nel frattempo il consigliere delegato della M.M., ingegner Ciribini, ha raggiunto un interessante accordo con la società Pirelli per l’allestimento di pavimenti di gomma in tutte le stazioni, sia nei mezzanini che sulle banchine di attesa dei treni, per un totale di settantamila metri quadrati di superficie. Ciò costituirà un primato europeo per la Metropolitana di Milano. Si sono fatti i calcoli e s’è visto che il pavimento di gomma costerà appena cinquanta milioni di più del pavimento d’asfalto, presentano vantaggi non lievi, per esempio dal punto di vista della durata e dell’acustica. Un campione del pavimento di gomma prescelto è stato provato facendovi camminare su un certo numero di persone: s’è subito constatato che non si sente neppure il rumore dei tacchi delle scarpe femminili, le quali, invece, rimbombano sul pavimento di pietra.” Nella nota 136 del 21 luglio 1962 dell’archivio storico della Pirelli in merito all’articolo del Corriere di Informazione viene aggiunto “La piastra di gomma avrà un nuovo disegno a tondini studiato appositamente per le esigenze della Metropolitana“. Nel numero del 1963 di “Fatti e Notizie”, pubblicazione interna alla Pirelli, tra le notizie in breve si può leggere “Nell’aeroporto di Kuala Lumpur saranno impiegati 10000 metri di gomma industriale del tipo speciale a bolli studiato appositamente per la metropolitana di Milano. Di particolare interesse sotto l’aspetto tecnico l’adozione di un pavimento che dovrà adeguarsi non solo a un traffico intenso, ma anche alle condizioni del clima tropicale“. Oppure nel numero 2 sempre del 1963 “… Il pavimento è caratterizzato da superficie con dischetti di area piuttosto ampia, poco rilevati rispetti al fondo, smussati nei bordi. La percentuale di superficie in rilievo rispetto alla superficie totale del pavimento e l’ampiezza dell’area dei singoli rilievi assicurano un’ottima resistenza del pavimento all’usura e una buona stabilità ai piedi delle persone [...] La forma, l’area e l’altezza dei rilievi sono sufficienti a rendere il pavimento antisdrucciolevole in ogni direzione e impediscono di inciampare. La forma simmetrica dei rilievi e la loro uniforme distribuzione sulla superficie non vincolano l’orientamento della pavimentazione in direzione obbligate e conservano l’estetica del pavimento anche se posate in zone di larghezze non costante. I lavori di posa [...] inizieranno fra qualche mese e saranno effettuati dalla Società del Linoleum che con la MM ha concluso il contratto per l’intera fornitura“. Sappiamo dalle foto conservate presso l’archivio dell’Università di Mendrisio che presso la stazione Amendola il pavimento era già stato completamente posato nel 1963, per la Fiera Campionaria dello stesso anno. Dal numero 5 del 1964 si apprende che “si tratta del primo caso di utilizzazione di pavimenti in gomma in una metropolitana europea“. C’è da chiedersi fuori dall’Europa, in quella trentina di impianti esistenti nel mondo, dove fosse stata posata la gomma. A memoria non mi viene in mente nulla.

L’aeroporto Subang di Kuala Lumpur in costruzione. Nota storica, il 60% della mano d’opera che realizzò l’aeroporto (oggi demolito) era composta da operaie.

5)A spingermi a scrivere questo nuovo post su questo tema, con la volontà di chiudere una volta per sempre la questione sulla genesi di questo celeberrimo pavimento è stata una mostra attualmente in corso presso il Politecnico di Milano, sede di via Ampere dal titolo “Arrigo Arrighetti Architetto”, a cura di Adriana Granato e Marco Biraghi, visitabile fino al 25 marzo 2024, dove la stazione Amendola è una delle opere esposte. A corredo del materiale esposto c’è un regesto delle opere in cui si dice “Sfortunatamente in quanto dipendente del Comune, nonostante il pavimento abbia un suo disegno, fu forzato a rinunciare alle royalties del suo lavoro e al diritto di ottenere un brevetto, perdendo ogni riconoscimento della sua opera“. La fonte di questa informazione dovrebbe essere la tesi di laurea degli studenti M. Donghi e A. Vivarelli dal titolo “Arrigo Arrighetti architetto: 39 anni dedicati a Milano”, Relatore C. Badi, Politecnico di Milano, a/a 1995/96. Sembra poco ma questa affermazione, del tutto coerente con la carriera di Arrighetti, che fu dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Milano fino al 1979, chiuderebbe la questione in merito all’assenza del brevetto, da me approfonditamente cercato nel corso degli anni, senza alcun successo.

 

 

Come concludere? È probabile che Arrighetti ebbe effettivamente una spontanea idea del disegno a bolli. Un azzardo pensare che avesse visto del materiale sulla Maison du Verre o sui prodotti della CPLC. A questo punto il “padre” del pavimento a bolli neri non può che essere definitivamente lui, ma, come già intuito, questa paternità non ha mai avuto un riconoscimento formale né ha generato alcun beneficio economico per Arrighetti. Anche la sua idea di usare colori diversi fu cassata, pare, dalla Pirelli stessa che non garantiva le mescole diverse da quella nera e, lasciatemi dire, forse è stato meglio così. Un pasticcio di colori diversi, magari associato a diversi livelli di usura, non avrebbe avuto la stessa resa.

Una curiosità. Il pavimento a bolli, probabilmente quello originale della Pirelli, fa da sfondo al video musicale della canzone Tuta Gold del cantante milanese Mahmood. Infatti il video è stato girato presso il complesso del quartiere Rozzol Melara di Trieste, realizzato da un gruppo di 29 architetti coordinati da Carlo Celli tra il 1969 e il 1982. In questo video dal grande successo mondiale è visibile soprattutto nella seconda strofa nella parte girata nel tunnel vetrato.

 

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Nuove date per le visite “La Rossa con occhi nuovi” che si tengono presso la Fondazione Franco Albini ogni terzo sabato del mese più alcune date extra. I partecipanti avranno il piacere di poter ammirare i progetti originali e una selezione di immagini tra le più belle e più significative sulle metropolitane 1 e 2 tutto ciò che ha portato alla loro nascita e alla creazione del progetto di architettura di interni e grafica firmato da Franco Albini, Franca Helg e Bob Noorda. In questa visita guidata, pensata nel 2014 per i 50 anni della Linea Rossa, vi racconterò tutti i segreti della genesi di una metropolitana che cambiò il modo di concepire la progettazione delle stazioni e della segnaletica. Le soluzioni adottate sono state talmente innovative da essere riprese in numerose altre nazioni europee e d’oltreoceano e dare inizio ad un nuovo standard di allestimento che oggi è possibile trovare in tutto il mondo.

sabato 9 marzo, ore 15,00

sabato 6 aprile, ore 15,00

prenotazione obbligatoria: info@fondazionefrancoalbini.com

Contatteci per organizzare visite aggiuntive (minimo 8 persone)

 


 

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Due mostre alla Triennale di Milano:

“Angelo Mangiarotti: quando le strutture prendono forma” fino al 23 aprile (a pagamento)

“Costruire il futuro. Infrastrutture e benefici per persone e territori” purtroppo solo fino al 26 marzo (gratuita).

Tutte e due coinvolgono le infrastrutture sotterranee e non di Milano. La prima grazie ai progetti che Mangiarotti creò per il Passante Ferroviario; sono sue le stazioni Rogoredo, Villapizzone, Certosa, Repubblica e Porta Venezia. Interessante la presenza di disegni inediti per la stazione Rogoredo, ma non vi dico di più. La seconda mostra è stata creata da Webuild e quindi affronta in pieno anche il tema della costruzione delle metropolitane. Un interessante stand interattivo di grandi dimensioni è interamente dedicato alla costruzione delle Linee 1, 2, 3, 4, 5 di Milano; A, B e C di Roma e la metro di Copenhagen. Ma vi sono anche pannelli informativi su altre metropolitane costruite dalla multinazionale italiane specializzata in grandi costruzioni e infrastrutture. Webuild, vi ricordo, porta con sè il patrimonio di esperienze delle aziende dalla quale fusione essa è nata, come la Salini e la Impregilo, ques’ultima nata dalla fusione delle ditte Impresit, Girola, Lodigiani e Torno, ovvero tutti nomi che potete trovare già nei cantieri della Linea 1 rossa a partire da quel mitico 12 giugno 1957.

Ma la star indiscussa resta la grande fresa circolare di una delle quattro talpe che hanno scavato la M4 (e prima la M5) che fa bella mostra di sè proprio all’esterno dell’edificio della Triennale. Un oggetto incredibile per dimensione e “potenza”, anche narrativa, che speriamo possa dinvetare parte integrante del patrimonio testimoniale di Milano, magari anche presso il Museo della Scienza, in attesa dell’eterno promesso museo dei trasporti. Entrando nel dettaglio si tratta della solo testa rotante, da 58 tonnelate, di una delle quattro talpe che ha scavato i tunnel a diametro minore, ovvero da 6,7 metri, della M4, quindi non una delle due che hanno scavato la tratta centrale a diametro normale. Potrebbe essere quella che ha scavato i tunnel attualmente operativi. Vi sono dubbi sul fatto che si tratti esattamente di quella denominata “Stefania”, ma questo è secondario.

Mostra Mangiarotti:

Mostra Webuild:

 

 

 

 

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Finalmente ATM SpA ha messo online il suo prezioso archivio fotografico. Può essere liberamente visitato attraverso questo SITO. Naturalmente ho iniziato subito a spulciarlo con l’obiettivo di trovare foto inedite sulla metropolitana. E sono stato accontentato nel giro di pochi minuti, quando ho trovato queste interessantissime foto della centrale di controllo di San Babila. La centrale di cui avevo parlato in questo POST e che doveva servire per il telecontrollo delle quattro metropolitane della “Rete delle Linee” di Amerigo Belloni. Ed ecco in tutto il suo splendore quello che sono sempre più convinto essere un lampadario disegnato dai BBPR; qua si notano alcuni dettagli come i tre cilindri sporgenti nella prima foto o la presenza di deflettori nella seconda foto, che sembrano essere stati aggiunti in un secondo momento. Sappiamo che negli anni ’70 la stupenda plafoniera era sparita, forse dava problemi? Il mister o si infittisce e la mancanza di un riferimento a cui chiedere lumi, temo che rimarrà tale per molto tempo. Insomma: chi sa si faccia avanti!

Detto questo mi auguro che la digitalizzazione e pubblicazione dell’archivio fotografico sia solo l’inizio della digitalizzazione di tutto l’archivio, incluse le pubblicazioni ATM, i prototipi dei biglietti, le mappe storiche e gli opuscoli.

Qua la presentazione ufficiale:

La storia di ATM ha origini che si possono far risalire a inizio Novecento.
Il 1917 rappresenta la data in cui il Comune di Milano decide di municipalizzare il servizio tranviario incorporandolo nelle proprie attività. Nei primi anni Trenta si assiste alla vera e propria costituzione dell’azienda autonoma.
Parlare dell’Archivio Storico di ATM vuol dire considerare un patrimonio documentale eterogeneo, testimonianza del ruolo fondamentale che ATM ha avuto nella definizione dell’identità del territorio e della vita dei suoi abitanti; anche per questo, oltre che per la sua rilevanza storica, l’azienda intende valorizzarlo e metterlo a disposizione, a partire dalla sezione fotografica.
Il fondo fotografico conserva oltre 100.000 immagini tra negativi, stampe e diapositive, databili a partire dalla fine dell’Ottocento fino ai primi anni del Duemila; immagini che raccontano come Milano e la sua azienda di trasporto pubblico siano cresciute insieme, quartiere dopo quartiere, sempre all’avanguardia.
L’attività di catalogazione digitale del patrimonio fotografico, tuttora in corso e svolta in collaborazione con il Centro per la cultura d’impresa, rappresenta un tassello di rilevante importanza per la salvaguardia del patrimonio storico di Milano e per la narrazione della sua storia recente. L’iniziativa si inserisce in un più ampio progetto di tutela e valorizzazione del patrimonio storico documentale promosso da ATM in ottemperanza alla dichiarazione di interesse storico da parte della Soprintendenza archivistica e bibliografica della Lombardia.
Le immagini pubblicate documentano i molteplici aspetti dell’attività aziendale: i mezzi di trasporto e le strutture a essi connesse come depositi e officine, le infrastrutture sin dalla loro costruzione, il personale viaggiante, amministrativo, tecnico, i passeggeri, le iniziative istituzionali e paraziendali, il dopolavoro, la città e i comuni limitrofi.
La prima selezione di immagini pubblicata è costituita principalmente dagli scatti fotografici databili fino agli anni ’70, commissionati ad agenzie fotografiche come Farabola e Publifoto, a supporto delle varie iniziative di comunicazione tra cui la rivista aziendale. La sezione fotografica verrà progressivamente arricchita con nuove immagini.

 

Per chi vuole approfondire è disponibile il mio libro “La metropolitana milanese: evoluzione urbanistica e architettonica”.

Per informazioni sull’acquisto del volume: metroricerche@yahoo.it

 


 

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Dopo un primo articolo sull’info point del progetto U2-U5, ecco un nuovo articolo sulla metropolitana di Vienna e la sua architettura. Ricordo che la metropolitana di Vienna ha una storia un po’ diversa dal solito; un primo sistema di metropolitane venne aperto nel 1895 con il nome di Stadtbahn (ferrovia urbana) prima servita da treni a vapore, poi da tram elettrici, fino alla completa conversione in metropolitana avvenuta a partire dagli anni ’70. Di fatto la prima metropolitana in senso moderno fu inaugurata l’8 maggio 1967 ed era la U4, ovvero la vecchia Stadtbahn rinnovata, seguita poi il 25 febbraio 1978 dalla prima metropolitana, la U1, di nuova realizzazione. La U3 seguirà il 6 aprile 1991. Sulla “prima metropolitana” o proto-metropolitana c’è poco da aggiungere, sono già stati scritti numerosi libri, essendo un capolavoro del Secessionismo (il Liberty austriaco) dell’architetto Otto Wagner. Le edicole di accesso alla stazione Karlsplatz sono un simbolo della città di Vienna e sono un bene architettonico UNESCO. Si tratta, al momento, dell’unica metropolitana (una delle uscite è ancora in funzione) iscritta tra l’elenco dei patrimoni mondiali dell’umanità. Mentre focalizzerò questo post sulLa metropolitana propriamente detta, progettata negli anni ’60 e inaugurata a partire dal 1967, perché molte sono le similitudini architettoniche con quella di Milano di Albini, Helg e Noorda, che ne costituisce chiaramente l’ispirazione grazie alla forza innovativa del progetto milanese. Infine un piccolo aggiornamento sul bellissimo infopoint (beati loro).

Tavola del progetto originale firmato dall’Architektengruppe U-Bahn, riproducente l’originale sistema della segnaletica di direzione. Si trattava di manufatti sporgenti dal soffitto della stazione, perpendicolari ai binari, utili ad indicare la destinazione finale del treno e l’orario. Ore, minuti e destinazione era su sistema mobile a palette tipo “Solari”.

Ecco la versiona finale per la linea U1, senza più l’orologio. Questa segnaletica è stata ora rimossa e sostituita con una di tipo digitale.

Questa è invece la versione finale per la U4, con l’orologio a quadrante classico. Da notare la protezione cilindrica trasparente in plastica, che permette la rotazione delle palette.

Scala mobile di accesso alla stazione U1 Karlsplaz. Negli anni le parti di struttura non rivestite da pannelli sono state ridipinte in grigio, anzichè in nero, facendo emergere il dettaglio del calcestruzzo armato e delle tavole che ne costituivano la casseratura per il getto. Un particolare brutalista prima coperto dalla sola scelta cromatica, esattamente come per la Linea 1 di Milano.

Corridoio di distribuzione al piano banchine, stazione U1 Karlsplatz. Avendo banchine profonde ad isola, il sistema distributivo è quello denominato “Mosca” ovvero composto da tre cilindri paralleli: due con le banchine e i binari e uno centrale, più grande, per la distribuzione verso le scale mobili. In questo caso l’allestimento originale è mantenuto, quindi le possenti strutture in acciaio a vista che costituiscono le colonne tra banchine e corriodio, sono solo verniciate in nero. Un’elegante striscia segnaletica rossa divide la parte alta da quella bassa. Da notare i grandi cestini per la spazzatura.

Nella banchina (sempre U1 Karlsplatz) si manifesta in pieno la divisione tra il volume destinato ai passeggeri e quello per i treni. Il primo è rivestito da pannelli bianchi in compensato laminati con un materiale simile alla formica, sormonanti dalla striscia segnaletica rossa, mentre la zona dedicata al treno è completamente dipinta in nero. Un’unica striscia di neon illumina il tutto. Esattamente seguendo la lezione di Albini: quello che non serve all’utente, non merita di essere protagonista e va nascosto.

Dettaglio della banchina della stazione U1 Stephansplatz dove anche le parti verticali tra corridoio e banchina sono rivestite da pannelli.

La stazione U1 Schwedenplatz è invece del tipo meno profondo, realizzata con scavo dalla superficie, come per quelle della linea 1 a Milano. In questo caso l’ambiente di attesa è chiuso anche dal controsoffitto bianco, mentre parte dei pannelli verticali sono in acciaio smaltato color rosso. L’area del treno, qui non visibile, rimane completamente dipinta in nero.

Stazione U1 Vienna International Centre, realizzata con un sistema modulare prefabbricato dove ogni sezione è composta da un rivestimento esterno in acciaio a vista, e un rivestimento bianco di pannelli di compensato all’interno, con una finestra rettangolare. Alcuni moduli sono provvisti anche, alternativamente, dalla striscia segnaletica rossa, dalle panchine (monoblocco con i pannelli) o dai cestini.

Linea U3 Stubentor, lo stile è il medesimo della U1, salvo per alcuni dettagli realizzativi. Il dualismo tra bianco (umano/passeggero) e nero (macchina7servizio) è ancora più evidente. Da notare la presenza del percorso di linea sotto la striscia di neon.

Curiosa architettura della stazione U3 Stubentor, dove i due tunnel cilindrici delle banchine sono a due altezze diverse, quindi l’accesso alla banchina superiore avviene tramite un ponte che sovrappassa la banchina inferiore, che rimane perfettamente visibile dai parapetti. Ponte e banchine sono bianche, strutture e volte dei tunnel sono in colore scuro. L’effetto finale è estremamente elegante.

Versione vienense dei corrimano. Anche qua la necessità di non lasciare pericolose sporgenze è stata affrontata con una soluzione estetica che ha prodotto un semicerchio. Da notare la presenza di una doppia fila di tubi, a servizio di persone con differenti altezze. Ma colore, diametro e andatura ricordano Milano.

Ancora di più lo ricordano i tornelli, che come in Germania, sono privi di barriera. La civiltà si manifesta nel mondo reale.

Palina di accesso. Qua invece l’originalità della forma è assoluta.

Sempre U3 Stubentor, a proposito di Sant’Ambrogio e accesso nel fossato medievale. Un’idea per nulla nuova se vediamo questo accesso. A destra l’antico muro cittadino.

Resti inglobati nel mezzanino.

Una curiosità: pensavate che il pavimento a bolli non fosse stato usato anche a Vienna? Sbagliavate, perchè lo si trova nei vecchi treni degli anni ’70 che ancora circolano sulla Linea U3.

Ecco il mock up (allestimento di prova in scala 1:1) della nuova linea U5 (che ancora manca). Segnaletica secondo il canone e pannelli bianchi per i rivestimenti delle pareti. Si mantiene anche il controsoffitto forato, a cambiare è solo la sezione del rivestimento, da circolare ad angolare.

Si parla di metropolitane nel mondo, ed ecco anche Milano, con mappa non ufficiale e foto ufficiale proveniente dalla raccolta della Fondazione Franco Albini, correttamente indicata.

 

Per chi vuole approfondire è disponibile il mio libro “La metropolitana milanese: evoluzione urbanistica e architettonica”.

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Finalmente ritornano le visite “La Rossa con occhi nuovi” che si tengono presso la Fondazione Franco Albini nella speranza di rivedervi in sicurezza, ma soprattutto dal vivo! Eccovi quindi due nuove date in occasione del Salone del Mobile e del Fuori Salone. I partecipanti avranno il piacere di poter ammirare i progetti originali e una selezione di immagini tra le più belle e più significative sulle metropolitane 1 e 2 tutto ciò che ha portato alla loro nascita e alla creazione del progetto di architettura di interni e grafica firmato da Franco Albini, Franca Helg e Bob Noorda. In questa visita guidata, pensata nel 2014 per i 50 anni della Linea Rossa, vi racconterò tutti i segreti della genesi di una metropolitana che cambiò il modo di concepire la progettazione delle stazioni e della segnaletica. Le soluzioni adottate sono state talmente innovative da essere riprese in numerose altre nazioni europee e d’oltreoceano e dare inizio ad un nuovo standard di allestimento che oggi è possibile trovare in tutto il mondo.

Per consentire una visita in sicurezza sarà ridotto il numero massimo di partecipanti, sarà obbligatorio l’uso della mascherina durante tutta la visita, se il tempo lo permette, verranno mantenute aperte le finestre. Il biglietto di ingresso ha un costo di euro 13,00 e la prenotazione è obbligatoria scrivendo a info@fondazionefrancoalbini.com o telefonando allo 02 4982378.

Speciale Superfuorisalone 2021:

mercoledì 8 settembre ore 18,30

 

giovedì 9 settembre ore 18,30


…le visite ordinarie riprenderanno a fine settembre!

 

Per chi vuole approfondire è disponibile il mio libro “La metropolitana milanese: evoluzione urbanistica e architettonica”.

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Perchè non regalarlo a Natale?

 

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonica Con 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un’unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetti storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributo iconografico e documentale di decine di archivi pubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO.

 

Per acquistarlo ad un prezzo speciale potete contattarmi direttamente all’email: metroricerche@yahoo.it

Il libro può essere ritirato a Milano, affrettatevi per averlo in tempo per i vostri regali!

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Per rimanervi vicini e comunicare il senso della cultura attraverso voci, esperienze, ruoli diversi, vi proponiamo una serie di video per raccontarvi  l’Opera, il Pensiero, il Metodo di Albini e come la Fondazione e la Franco Albini Academy, rilancino questo straordinario Patrimonio culturale per renderlo concretamente utile alla contemporaneità.

17 video da 5 minuti ciascuno, per raccontare l’opera e il Metodo del Maestro Franco Albini, dalla voce dei collaboratori di Fondazione Franco Albini e della Franco Albini Academy, che quotidianamente ne tengono in vita la memoria, ne raccolgono e ne rilanciano l’eredità in termini culturali e formativi.

LINK AL SITO DELLA FONDAZIONE ALBINI DOVE TROVARE I VIDEO

Nell’attesa (purtroppo pare molto lunga) di potervi accogliere di nuovo presso la Fondazione per le visite “La Rossa con occhi nuovi” sulla metropolitana di Milano, vi invito a vedere i video, ricordandovi che il 1° luglio ci sarà quello dedicato alla Metropolitana.

CLICCATE SULLE IMMAGINI PER ACCEDERE AI VIDEO

 

 

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonica Con 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetto storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributi iconografico e documentale di decine di archivi prubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO. Per info e acquisti scrivete a: metroricerche@yahoo.it


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© 2020 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo e delle immagini citandone l’autore e la fonte, ad esclusione delle immagini di proprietà di terzi, come chiaramente indicato.

Il tema di oggi è l’incontro tra metropolitane. In particolare l’incontro tra le stazioni delle Linee 2 e 3 in piazza Duca d’Aosta, a servizio della Stazione Centrale. Premetto che secondo il progetto di Amerigo Belloni del 1953, denominato “Rete delle Linee”, i punti di incontro delle 4 linee metropolitane progettate dovevano essere realizzati subito con il primo cantiere utile. Quindi quando fu realizzata la Linea 1 vennero anche realizzati i punti di incontro con la Linea 2 a Loreto e Cadorna (questa stazione internamente costruita da subito), con la Linea 3 in Duomo (vedi articolo), e con la Linea 4 (prima versione) a Porta Venezia. Quando invece fu realizzata la tratta Caiazzo – Centrale della Linea 2 verde, sembra che questa prassi fosse stata già abbandonata. Diverso il discoro per la stazione Garibaldi, che fu costruita in contemporanea alla Linea 1 e all’omonima stazione, è prevedeva da subito l’interconnessione con la prima Linea 4. Dunque la grande stazione della Linea 2 “Centrale FS” occupa una grossa parte della piazza, non solo per quanto riguarda mezzanino e banchine, con la loro conformazione dedicata e diversa rispetto allo standard delle Linee 1 e 2, ma per via dei lunghi corridoi tentacolari che servono le numerose scale di uscita. La stazione fu inaugurata il 27 aprile 1970 (ebbene sì, sono 50 anni), e circa 15 anni dopo iniziarono i lavori per realizzare la stazione della Linea 3 gialla. Dunque sotto piazza Duca d’Aosta andava inserita anche una nuova linea, la quale doveva interferire con l’esistente infrastruttura e collegarsi ad essa.

La linea 2 in piazza Duca d’Aosta:

Stesso punto di vista ma con inserimento della Linea 3. Nel cerchio il punto di contatto tra le due linee:

Il dettaglio in una planimetria di progetto:

Normalmente si penserebbe ad una soluzione dove la nuova linea passi sotto quella esistente sfruttando lo spazio in senso verticale, scendendo in profondità. In questo caso, per motivi non noti, fu deciso di passare sopra la linea esistente, nello spazio compreso tra la superficie e la soletta della stazione della Linea verde. Uno spazio così ridotto da non essere sufficiente nel punto in cui i due tunnel si incrociano, pertanto si dovette operare affinché il tunnel della Linea 3 compenetrasse quello della Linea 2 nel limite del possibile (ovvero lasciando lo spazio per il passaggio dei treni e per i cavi di alimentazione), e tutto ciò senza mai fermare il servizio della Linea 2. Vediamo come la Torno S.p.A., la ditta appaltatrice di questo manufatto descrive le varie fasi: 1)”Posa, all’interno della linea MM2, di mensole a parete e di idonee banchine (1° fase) con dispositivi di armo e disarmo atta a sopportare la collocazione di un impalcato provvisorio composto di travi reticolari in legno, e manto in legname impermeabilizzato e rinforzato di protezione della sottostante linea di tensione (2° fase). L’utilizzo di strutture provvisorie in legno in luogo di elementi in ferro è stato motivato dalla evidente esigenza di isolamento della linea aerea esistente, ulteriormente difesa da una specifica protezione. Prima di procedere allo scoperchiamento della linea 2 con le relative demolizioni e i successivi ripristini dell’incrocio, si è proceduto anche a coprire l’area interessata (circa 500mq) con speciale copertura a soffietto realizzata a mezzo di centine metalliche scorrevoli e telone plastificato così da poter operare all’aperto o al chiuso in rapporto alle condizioni atmosferiche. 2) Scavo della terra di ricoprimento delle strutture con apertura di vani nella soletta di copertura tra due travi esistenti, in modo da introdurre – attraverso l’apertura- le piastre portanti in c.a. p. (cemento armato precompresso, n.d.r.) costituenti cassero autoportante del getto del nuovo solettone costituente al tempo stesso nuova copertura della linea 2 e solettone di fondo della linea 3. 3) Completamento delle strutture verticali e della sovrastante copertura della linea 3 con successiva rimozione delle opere provvisionali.”

Completa la struttura la grande trave ancora oggi visibile in mezzo ai binari della Linea 2, caratterizzata da una spessa parete aperta da grandi fori circolari. Questo dettaglio strutturale che caratterizza la Linea 2 e la sua postmodernità evidente è riuscito a introdurre un tocco di architettura in questa soluzione ingegneristica. Il colore nero dell’intonaco, ha dato la giusta finitura.  Naturalmente l’inserimento della Linea 3 ha costretto i progettisti a tagliare metà dei corridoi di collegamento con le uscite, isolando, di fatto, il lato ovest della piazza. La Linea 3 fu inaugurata il 3 maggio 1990 (ebbene sì, sono quasi 30 anni).

Le fasi costruttive:

L’unica foto trovata di quel cantiere; l’area in oggetto e quella a destra, più chiara, interamente in cemento, posta obliqumente:

La grande trave i suoi fori tra i due binari e le banchine:

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonica Con 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetto storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributi iconografico e documentale di decine di archivi prubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO. Per info e acquisti scrivete a: metroricerche@yahoo.it

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