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Tag Archives: architettura stazione

15 NOVEMBRE 2024 – 17 APRILE 2025

E’ stata inaugurata la mostra presso la Fondazione Franco Albini, via Telesio 13, Curata da Marco Marzini e con la partecipazione di Under Milano. Sarà aperta fino al 17 aprile 2025 dal lunedì al venerdì con accesso libero la mattina o con le visite guidate la cui prima sarà il 23 novembre alle ore 15,00. Con questo nuovo allestimento l’esposizione dei materiali originali si rinnova, arricchita dai manufatti artiginali realizzati da Marco Marzini che citano i particolari di quello che è il fulcro della mostra: il corrimano con il ricciolo rosso, simbolo della metropolitana rossa di Milano. Troverete esposte anche le foto selezionate da Under Milano che colgono aspetti inconsueti della vita in metropolitana. Una grande sorpresa: la mostra ha avuto il supporto di ATM che ha fornito uno degli orologi originali, proveniente dalle banchine.

 

 

 

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Anche RFI si è accorta della presenza della Metro4. E in tempi anche credibili: poco meno di 4 mesi! Ne lcaso specifico sto parlando della stazione Dateo del Passante Ferroviario. Con l’occasione c’è nache una mostra di 45 dipinti lungo il grande mezzanino, dal titolo “Costellazioni” cura di Renato Galbusera e Francesca Vitali Boldini, nell’ambito del progetto Artepassante. Peccato per le scale mobili ancora ferme e, soprattuto, per i due ascensori ancora in manutenzione: l’accessibilità è importante, non si possono attendere mesi per una riparazione, anche se complessa.

Ed ecco il logo nazionale “M” apparire sulle paline:

Logo “M4″ anche sulla segnaletica:

 

 

 

 

 

 

 

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Due mostre alla Triennale di Milano:

“Angelo Mangiarotti: quando le strutture prendono forma” fino al 23 aprile (a pagamento)

“Costruire il futuro. Infrastrutture e benefici per persone e territori” purtroppo solo fino al 26 marzo (gratuita).

Tutte e due coinvolgono le infrastrutture sotterranee e non di Milano. La prima grazie ai progetti che Mangiarotti creò per il Passante Ferroviario; sono sue le stazioni Rogoredo, Villapizzone, Certosa, Repubblica e Porta Venezia. Interessante la presenza di disegni inediti per la stazione Rogoredo, ma non vi dico di più. La seconda mostra è stata creata da Webuild e quindi affronta in pieno anche il tema della costruzione delle metropolitane. Un interessante stand interattivo di grandi dimensioni è interamente dedicato alla costruzione delle Linee 1, 2, 3, 4, 5 di Milano; A, B e C di Roma e la metro di Copenhagen. Ma vi sono anche pannelli informativi su altre metropolitane costruite dalla multinazionale italiane specializzata in grandi costruzioni e infrastrutture. Webuild, vi ricordo, porta con sè il patrimonio di esperienze delle aziende dalla quale fusione essa è nata, come la Salini e la Impregilo, ques’ultima nata dalla fusione delle ditte Impresit, Girola, Lodigiani e Torno, ovvero tutti nomi che potete trovare già nei cantieri della Linea 1 rossa a partire da quel mitico 12 giugno 1957.

Ma la star indiscussa resta la grande fresa circolare di una delle quattro talpe che hanno scavato la M4 (e prima la M5) che fa bella mostra di sè proprio all’esterno dell’edificio della Triennale. Un oggetto incredibile per dimensione e “potenza”, anche narrativa, che speriamo possa dinvetare parte integrante del patrimonio testimoniale di Milano, magari anche presso il Museo della Scienza, in attesa dell’eterno promesso museo dei trasporti. Entrando nel dettaglio si tratta della solo testa rotante, da 58 tonnelate, di una delle quattro talpe che ha scavato i tunnel a diametro minore, ovvero da 6,7 metri, della M4, quindi non una delle due che hanno scavato la tratta centrale a diametro normale. Potrebbe essere quella che ha scavato i tunnel attualmente operativi. Vi sono dubbi sul fatto che si tratti esattamente di quella denominata “Stefania”, ma questo è secondario.

Mostra Mangiarotti:

Mostra Webuild:

 

 

 

 

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 Il 5 dicembre 2022 è stata inaugurata, decisamente a sorpresa, la stazione Tibaldi della cintura ferroviaria sud di Milano. La fermata è entrata in servizio il successivo 11 dicembre, con il nuovo orario invernale delle ferrovie; è posizionata parallelamente al viale da cui prende il nome, e serve da intersambio con la linea tranviaria 15 e la filovia 90/91. Ha due uscite, una su via Fedro e una su via Carlo Bazzi. La linea servita è la S9 (suburbana) che parte da Albairate e arriva a Saronno, passando per Milano San Cristoforo, Milano Romolo, Milano Forlanini, Milano Lambrate, Milano Greco, Sesto San Giovanni e Monza oltre ad altre stazioni minori. Questa fermata fa parte di quella che viene definita impropriamente la “Circle Line” di Milano, ovvero la tangenziale ferroviaria urbana che partendo da Milano Certosa arriva a Milano San Cristoforo. Cosa più interessante di questa linea, rafforzata dalla nuova fermata Tibaldi, è il collegamento che essa offre con molte delle università Milanesi: IULM a Romolo (con M2), Bocconi a Tibaldi, Politecnico e Statale a Lambrate (con M2), Bicocca a Greco. Andrebbe sfruttata di più, ma la promiscuità con le linee ferroviarie principali nella tratta nord, rende ancora difficile ogni miglioramento.

 

 

 

 

 

Per chi vuole approfondire è disponibile il mio libro “La metropolitana milanese: evoluzione urbanistica e architettonica”.

Per informazioni sull’acquisto del volume: metroricerche@yahoo.it

 

 

 

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È stato inaugurato oggi, finalmente, il Museo ADI (Associazione per il Disegno Industriale) e del Compasso d’Oro, uno dei più prestigiosi premi internazionali per il design. Il premio fu istituito nel 1954 su proposta di Giò Ponti e con il supporto de La Rinascente, arriva oggi finalmente ad avere una sede espositiva utile all’esposizione permanente della sua immensa collezione. Il museo si trova nell’area recentemente rinnovata posta tra le vie Ceresio e Bramante e il piazzale del Cimitero Monumentale, nel complesso un tempo occupato dall’ENEL, in quella che era un tempo uno dei capannoni usati per l’approvvigionamento elettrico. L’esposizione è divisa in varie sezioni, la prima delle quali espone dei focus dedicati ad una selezioni di progetti vincitori, che cambierà nel corso degli anni. In questa prima selezione uno dei progetti protagonisti è quello che vinse il Compasso d’Oro nel 1964, ovvero l’allestimento degli interni della Linea 1 Rossa ad opera di Franco Albini, Franca Helg e Bob Noorda. Un progetto di design a scala urbana di rilevanza sociale, che ben si affianca al motto dell’attuale allestimento “dal cucchiaio alla città”. Sono esposti nella sezione alcuni componenti originali dell’arredo, notiziari aziendali d’epoca, disegni tecnici, mappe d’epoca forniti da ATM (segno di un rinnovato interesse per gli aspetti culturali da parte dell’azienda), foto e progetti dell’arredo forniti dalla Fondazione Franco Albini, progetti grafici dallo studio Noorda, e anche qualche pezzo prestato dal sottoscritto, come il modello di uno spaccato della stazione San Babila e alcuni quotidiani dell’epoca. Un’inaugurazione, questa, quanto mai sentita, oltre che attesa e partecipata, sperando che sia segno di un ritorno alla normalità che ormai sembra iniziato.

Per info sul museo: CLICCA QUI

 

 

Per chi vuole approfondire è disponibile il mio libro “La metropolitana milanese: evoluzione urbanistica e architettonica”.

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Perchè non regalarlo a Natale?

 

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonica Con 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un’unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetti storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributo iconografico e documentale di decine di archivi pubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO.

 

 

 

 

 

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Dopo tante ricerche e alcune peripezie postali, sono finalmente riuscito a trovare e comprare la rivista sulla quale era stata pubblicato un bel disegno dedicato alla metropolitana di Milano 1 Rossa e ai suoi storici -e ormai scomparsi- tornelli. Si tratta del numero 975 di Grand Hotel del 27 febbraio 1965, una nota rivista di intrattenimento leggero celeberrima per i suoi fotoromanzi, ormai oggetto di cult. Purtroppo il numero che sono riuscito ad acquistare non è in buone condizioni, quello migliore si è perso (diciamo così). Il disegnatore è Walter Molino (1915-1997), uno dei più grandi disegnatori per l’editoria italiana. La firma si trova in basso a sinistra. Una particolarità, più volte guardando questa immagine con altre persone, abbiamo riflettuto sulla possibilità che per disegnare il volto della signora intrappolata nei tornelli, Molino si sia ispirato al volto di Claudia Cardinale, diciamo che è una tesi rinforzata dalla foto che vi allego sotto. Un piccolo riassunto sui tornelli: furono disegnati appositamente da Franco Albini e realizzati da una ditta bolognese specializzata in macchine automatiche. Furono rimosse nei primi anni 2000 perché non più a norma per l’antincendio. Al momento non risulta che sia stato preservato nessuno di questi tornelli. L’ultimo era esposto al pubblico presso il Museo Ogliari di Ranco, ma di lui si sono perse le tracce dopo il trasferimento dei reperti presso il museo Volandia dell’aeroporto di Malpensa. I responsabili, da me contattati, hanno riferito che tra i materiali consegnati non risulta il tornello. ATM non ha mai confermato di averne conservati di campioni, e il personale da me intervistate ha detto di non averne mai visti nei depositi. Un pezzo di design italiano sparito nel nulla, viva le novità.

 

 

 

 

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In questa terza puntata sulla metropolitana di Tokyo, passiamo ad alcuni aspetti più ingegneristici, ma di estremo interesse per via dell’arditezza delle soluzioni proposte e la loro innovatività. Parliamo infatti di sistemi costruttivi sperimentati tra gli anni ’80 e ’9o, ovvero molto prima che in Europa si iniziasse a parlare di metodo di scavo innovativi come il tunnel a due piani usato a Barcellona o la talpa che realizza anche le banchine come per la Metro 4 a Milano. In realtà i Giapponesi hanno portato numerose innovazioni in questo campo, ma sempre per via della barriera linguistica e della scarsità di informazioni giunte in occidente, queste scoperte sono rimaste ad uso degli specialisti e poco o nulla è arrivato al grande pubblico. Ecco un modo per remediare in parte.

1) TALPA SINGOLA CLASSICA

In questo caso si tratta di due tunnel scavati parallelamente da classiche talpe, ma, come nel caso della Metro 4, esse scavano anche lo spazio utile ad ospitare le banchine. La differenza sta nei conci che vengono messi in opera, in questo caso si tratta di elementi prefabbricati in acciaio che non vanno a formare un anello perfetto, ma un semicerchio con degli aggetti nei quali, in un secondo tempo, vengono prima gettate delle travi con inserti in acciaio e, in un secondo momento, posate delle colonne in acciaio. Una volta montate le colonne viene realizzato un arco che congiunga le due colonne e le travi sopra di esse, al fine di creare lo spazio per l’area centrale della banchina ad isola, nel quale poi vengono ad innestarsi, nei due terminali, le scale fisse e mobili di uscita. In questo caso il vantaggio sta nel realizzare l’intero piano banchine in sotterraneo, tuttavia la conformazione rigida della struttura costringe a posizionare le scale solo agli estremi rendendo rigido il sistema di connessioni e uscite. Difficile, inoltre, posizione gli ascensori visto la larghezza ridotta della banchina.

La stazione Nagatacho della Linea Hanzomon, realizzata con il metodo illustrato, come si vede lo spazio è tripartito dalle robuste colonne disposte su due file parallele. Architettonicamente parlando, le pareti sono stare rivestite con pannelli metallici che supportano anche la striscia segnaletica e i classici tabelloni porta nome retroilluminati, oltre ai quadri per le pubblicità. Pavimenti in gres, colonne rivestite in quella che sembra una pasta di marmo o simili e un semplice controsoffitto per nascondere gli impianti:

2) TALPA TRIPLA

In questo caso le tempistiche costruttive si riducono ulteriormente con questa spettacolare macchina composta da tre scudi di stesso diametro che posano conci in acciaio che inglobano anche i capitelli e le basi delle colonne centrali in acciaio che completano la struttura interna. Ovviamente oltra a scavare lo spazio della banchina per tutto il percorso, realizzando anche lo spazio centrale, con un ampio volume di scarto. Le foto di seguito sono sia di Tokyo, sia di Osaka. Lo schema della TBM e la foto di alcuni conci:

Lo scavo completato con i conci in opera, visto da uno dei pozzi di calagggio:

La stazione Kiyosumi-Shirakawa della Linea Hanzomon, realizzata con il metodo della tripla talpa; anche in questo caso il rivestimento è realizzato con pannelli in acciaio, con la striscia segnaletica. Anche le colonne sono rivestite in acciaio e il complesso sistema di capitelli è completamente nascosto dal controsoffitto. Le scale si trovano alle due estremità:

3) TALPA TRIPLA COMPONIBILE

Qua la fantasia degli ingegneri giapponesi si spinge oltre. Giustamente chi vede i precedenti metodi costruttivi si chiede perché scavare degli spazi che non servono, ebbene ecco la risposta: una talpa di grande diametro a cui, arrivati in prossimità dell’area di stazione, vengono attaccate ai lati due semitalpe più piccole e simmetriche che scavano le banchine. Per i giapponesi questo è un “metodo economico basato su nuove tecnologie” Sarà vero? Non possiamo dubitarne. Comunque in questo modo il tunnel ha solo lo spazio necessario, mentre le stazioni vengono sempre realizzate con talpe.

Fasi di costruzione con la sequenza di pozzi in cui vengono attaccate e staccate le talpe laterali, per la formazione del vano banchine della stazione:

Ed ecco la realizzazione pratica con l’immagine del piano banchine della stazione Shirokane-dai della Linea Namboku, con, in primo piano, una delle due banchine realizzate dalle “semi-talpe” aggiuntive, e al centro il vano binari realizzati dalla grande talpa centrale, che ha poi proseguito il suo percorso realizzando il tunnel fino alla stazione successiva. Anche in questo caso le scale sono ai due estremi, anche se questa tipologia è chiaramente più flessibile. Per il rivestimento sempre i classici pannelli e il controsoffitto. Qualsiasi tentativo di mostrare la reale forma della stazione, incluse le colonne, è pudicamente celato sotto i pannelli posati a secco. La striscia segnaletica è assente, mentre tutta la linea, aperta nel 1991, è protetta da porte di banchina integrali:

4) TALPE CON SEZIONI NON CIRCOLARI

Qua arriviamo al manierismo ingegneristico, quasi al barocco se ben vediamo le forme ottenute. Si tratta di talpe che non realizzano tunnel cilindrici ma con forme differenti, ma come ci riescono? Per logica una macchina che lavora facendo ruotare uno scudo con degli speroni che grattano il terreno, di qualunque forma sia lo scudo genererà sempre uno scavo circolare. La rotazione non può che dare quel risultato, quindi viene naturale realizzare scudi rotondi. Ma qua no, era troppo banale, ed ecco uno scudo sempre circolare, ma che ha delle parti che sporgono ritmicamente in modo da allargare lo scavo in determinati punti e ottenere così forme non circolari. Questi tunnel non servono per le stazioni ma per i tratti di linea. Non è semplice da capire ma vediamo di arrivarci, la talpa ha già la sua “corazza” della forma prescelta del tunnel, mentre la testa rotante è formata da un impianto “stellare” esagonale composto da 6 bracci dai quali spuntano delle estensioni retrattili che vengono estesi nelle parti della sezione più larghe del cerchio centrale:

Modellini delle talpe esposti al museo della metropolitana di Tokyo:

 

 

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Oggi parliamo della Ginza Linea, una delle metropolitane (propriamente dette) dell’enorme rete di trasporti a guida vincolata (treni, tram, metro, monorotaie) dell’area metropolitana di Tokyo, in Giappone. Realizzata a partire dal 1927, è la prima metropolitana costruita in Asia, ovvero quel continente che oggi vede le reti più grandi del pianeta (ricordiamo anche Seoul) e tra queste alcune con ritmi di espansione notevoli, come Pechino e Shanghai, grazie a fondi illimitati, avanzamento tecnologico e condizioni sociali che rendono l’impresa fattibile. Eppure quella di Tokyo fu affiancata da quella di Osaka nel 1933, e poi nulla, in Asia, più fino a Tiblisi (ebbene sì) nel 1966. Solo negli anni ’70 in Giappone vi su l’esplosione del numero delle reti metropolitane per arrivare alla capillare diffusione di oggi, e per vedere una seconda linea Tokyo si dovette aspettare la linea Marunoichi nel 1954. La Ginza Line è stata la 16° metropolitana al mondo (Milano la  27°), il suo nome viene pronunciato con la G dura, quindi “ghinza”.

Sono note le fasi costruttive e la sua conformazione geometrica poiché descritte anche su volumi occidentali, ma poi tutto finisce in un silenzio dovuto all’imponente differenza linguistica che fa sì che ciò che viene scritto in loco su argomenti così di nicchia (nello studio, non nell’uso, con 1 milione di utenti al giorno) non abbia la sufficiente forza per essere tradotto e commercializzato anche in altre lingue. Nel migliore dei casi vengono prodotti libretti che illustrano i magnifici risultati delle aziende di trasporto locali, scritti in lingua locale e in inglese. Ma su storia e, tanto meno, architettura siamo a zero. Oltretutto in questo caso è perfino azzardato parlare di architettura; i Giapponesi hanno un concetto di funzionalità nei trasporti ancora più estremista di quello milanese. Le loro stazioni dei treni Shinkansen sono, sostanzialmente, delle tettoie in metallo atte a coprire solo le banchine, rigorosamente composte dai soli elementi utili (lamiera e struttura), verniciate in bianco; gli spettacolari edifici del rinascimento ferroviario europeo, da Lione di Calatrava, ad Afragola di Hadid, non sono che visione oniriche da cancellare al mattino, per il pianificatore nipponico. Si, lo so, fa eccezione la folle e post-moderna stazione di Kyoto, ma riguarda il solo edificio servizi, il resto è nel consueto stile minimal. Quindi guardando l’allestimento della metropolitana di Tokyo, salve qualche minima trovata, davvero estemporanea, l’idea è che una volta costruita la possente struttura (deve resistere a potenti terremoti locali), non si sia fatto altro che coprire il tutto con pannelli (Milano docet), pavimenti in gres, controsoffitti stile ufficio e via al servizio.

Un libretto di presentazione della Linea Ginza

Un biglietto della linea Ginza

Tracciato con le linee Ginza (giallo) e Marunouchi (fucsia), e le linee ferroviarie in azzurro, nel 1958.

Nel dettaglio, strutturalmente la metropolitana Ginza di Tokyo è ispirata a quella di Berlino, nella gran parte dei casi i mezzanini sono assenti e le stazioni si trovano direttamente sotto il piano strada, le banchine sono sia ad isola che laterali con alcuni marciapiedi in curva quando l’andamento della linea lo richiede. Ma, soprattutto, è il sistema costruttivo ad essere mutuato da quello tedesco, ovvero una cassa rettangolare sostenuta nella mezzaria da possenti travi in acciaio o calcestruzzo armato, anche in questo caso tutti i nodi sono rinforzati con connessioni oblique in modo da formare gli spazi ottagonali in qui corrono i treni o sono posizionati treno e relativa banchina. Il sistema di realizzazione è il medesimo di quello berlinese, quindi rinforzo del terreno con travi o tubi infissi nel terreno, scavo e copertura provvisoria in legno, realizzazione del tunnel, e realizzazione della copertura definitiva e del rinterro. Una via intermedia tra le origini e il metodo Milano, iscrivibile nella tipologia “cut and cover”.

In questa cartolina degli anni ’30 si nota la semplice conformazione originale delle stazioni, in cui il sistema costruttivo è il protagonista (oltre alle donne in Kimono). Ai lati e sul soffitto il telaio composto da colonne e travi in calcestruzzo armato, al centro le possenti colonne in acciaio rivettato. Qualche tentativo di arredo nelle modanature delle travi e alle basi delle colonne laterali.

La medesima struttura all’inizio degli anni 2000.

Raro disegno tecnico della Linea Ginza dove si può vedere la sezione del tunnel con la parti in calcestruzzo e quelle in acciaio, che però sembrano più sottili; forse un progetto preliminare.

Spaccato assonometrico della stazione Mitsukoshimae. Si tratta di una stazione as isola molto simile a quelle berlinesi, con un semplice mezzanino, in questo caso con dimensioni maggiorate a servizio degli importanti edifici che insistono sulla strada, tra cui il grande magazino Mitsukoshi da cui prende il nome; uno storico complesso commerciale di alto livello (la Rinascente locale).

Sezione strutturale originale della stazione Mitsukoshimae:

Schema con il sistema di costruzione della Linea Ginza. Le paratie laterali sono probabilmente realizzate con pali infissi nel terreno (metodo Berlinese).

Questa immagine dovrebbe raffigurare le prime uscite della Ginza Linea. Non c’è più traccia di queste edicole e non è chiaro si fossero delle realizzazione temporanee o siano durate per alcuni anni.

Il primo treno della Linea Ginza, con il caratteristico fanale anteriore.

Schema distributivo per la stazione Ginza, punto di incrocio delle linee Ginza (a dx), Maronouchi (a sx) e Hibiya (al centro), la terza linea realizzata nel 1961. Questa è, storicamente, la stazione cuore della rete, perchè è il primo e unico punto in cui si incrociano le prime tre linee realizzate, proprio nel cuore della grande area commerciale di lusso e a poche centinaia di metri dalla stazione Centrale.

 

In questi ultimi anni Tokyo ha voluto rinnovare l’allestimento della sua prima metropolitana. Un vasto progetto la cui conclusione è prevista per giugno 2020, in tempo per l’inaugurazione dei Giochi Olimpici. Gli anonimi allestimenti figli di 90 anni di aggiornamenti e modifiche sono stati completamente rimossi per realizzare un nuovo allestimento dominato da pannellature nere e inserti gialli (il colore della linea).

La fermata Ginza, della Linea Ginza all’inizio della fase di riallestimento: alle pareti pannelli rivestiti in quello che sembra essere travertino, con la segnaletica retrolluminata caratteristica delle metropolitane di Tokyo. Questo tipo di segnaletica è stata introdotta con la senconda linea, negli anni ’50, e, successivamente completata con i pannelli che creano la striscia segnaletica gialla “alla milanese”, per uniformare tutte le linee:

La stessa stazione a lavori avanzati, nel gennaio 2020:

La struttura originale in calcestruzzo e acciaio è ben visibile sotto i nuovi telai per i pannelli di rivesimento. Gli spazi vuoti centrali, probabilmente serviranno ad ospitare schermi pubblicitari.

Una delle stazioni già completamente rinnovate. Dove al nero dei pannelli delle pareti corrisponde il nero dei pavimenti in gress e il grigio antracite delle strutture in acciaio centrali (qui ad arco). Solo il soffitto della banchina è verniciato in bianco. Il giallo della striscia segnaletica completa il tutto. Il risultato finale è alquanto elegante e pulito per questi spazi decisamente ridotti.

A proposito di libri sulla metropolitana di Tokyo: dopio due mesi di ricerche con Google Traduttore su ogni sorta di sito, sono riuscito a trovare questo unico volume “Tokyo Metro, storia della costruzione e delle aperture”. E’ in giapponese, quindi anche il titolo è tradotto informaticamente, mentre le uniche informazioni in inglese dicono che  è stato pubblicato nel 2014 dalla Tokyo Metro Co. Ltd., ovvero una delle compagnie e parla solo di una parte delle linee, ma sono comprese le più antiche. Il volume riproduce i molti opuscoli pubblicati dal 1920 al 2014 ogni volta che venivano aperte nuove tratte, con moltissime immagini e relative didascalie che sto traducendo un po’ alla volta con lo smartphone. Comunque lo trovate in vendita su Amazon italia.

 

 

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