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Tag Archives: Architettura delle metropolitane

Recentemente sono stato contattato dalla società che gestisce la metropolitana di Mosca, ovvero Московский метрополитен, poiché avevano notato alcuni post sul mio blog, dedicati alla metropolitana della capitale russa. E’ stato un modo interessante per stabilire un contatto diretto con chi gestisce quello che è ormai giustamente considerato un monumento nazionale e per tutta l’umanità, per poter approfondire il tema molto complesso della sua conservazione. Perché molto complesso? Già la conservazione dei beni artistici architettonici è tema complesso per dimensioni, costi e complessità esecutiva. In questo caso stiamo anche parlando di un’architettura viva, che viene vissuta da milioni di persone ogni giorno e che non può permettersi di essere chiusa. A contribuire a far maturare la necessità di non lasciare intentata nessuna strada verso la preservazione degli allestimenti, ha contribuito un radicato favore del pubblico generico ormai stabile da anni. Già da decenni la visita alle principali stazioni è parte integrante dei tour cittadini, e sono ricercate dai collezionisti i set di cartoline dedicate alle principali stazioni, prodotte in quantità già negli anni ’70. Per il lavoro di preservazione è stata coinvolta una squadra di professionisti come architetti o storici dell’arte, per garantire la massima qualità nella ricerca e nell’esecuzione dei restauri, la cui complessità è spesso rilevante.

La metropolitana di Mosca avvia il restauro della stazione Dinamo

Il 21 febbraio, la metropolitana di Mosca ha avviato il restauro degli ingressi della stazione Dinamo aperta nel 1938. L’obiettivo è ripristinare il design originale della stazione rimasto intatto fino agli anni ’70. I lavori dovrebbero essere completati entro maggio 2021. L’allestimento originale fu creato da Dmitry Chechulin ed era presenta le pareti interne del mezzanino rivestite di pietra e pannelli di legno ricoperti di vernice scura, tuttavia i pannelli in legno furono sostituiti con lastre di marmo nel 1976. Inoltre specialisti restaureranno le lampade e le applique. Il restauro viene eseguito sulla base di archivi e foto; molte stazioni della metropolitana sono punti di riferimento architettonici e la società Metropolitan di Mosca preserva attentamente questo patrimonio. La stazione Dinamo sarà trasformata quest’anno ripristinando l’aspetto storico del mezzanino, come era 80 anni fa – afferma il vice sindaco per i trasporti Maxim Liksutov. All’inizio di febbraio, il ministero della Cultura russo ha concesso alla metropolitana di Mosca una licenza per ripristinare in modo indipendente le stazioni considerate patrimonio culturale, composto da circa 50 stazioni. La stazione Dinamo fu costruita accanto allo stadio omonimo nel 1938, all’epoca era la più profonda della metropolitana di Mosca (40 m di profondità), e il suo design è dedicato agli sport sovietici. L’ingresso è decorato con sculture di atleti. Le pareti della stazione sono decorate con sessanta medaglioni di porcellana con scene di sport. Il calcare simile al marmo delle pareti contiene molti fossili di organismi marini del periodo Cretaceo.

 Moscow Metro starts restoration of Dinamo station

On February 21, Moscow Metro launched restoration of entrance halls of Dinamo station opened in 1938. The aim is to restore original design of the station that existed until 1970s. Works are planned to be completed in May 2021.

Original design created by Dmitry Chechulin (Komsomolskaya, Okhotniy Ryad, one of Stalinist “Seven Sisters”, etc.) had the interior walls of the lobbies lined with stone and wooden panels covered with dark varnish. The wooden veneer was replaced with marble only in 1976. Moreover, specialists will restore the lamps and sconces. The restoration is carried out based on archives and photos.

Many metro stations are architectural landmarks, and we carefully preserve the heritage. Dinamo station will be transformed this year. We will restore the historical appearance of the lobby, as it was 80 years ago — says Deputy Mayor for Transport Maxim Liksutov.

Earlier in February, Russian Ministry of Culture gave Moscow Metro a license to independently restore stations that are considered as cultural heritage, which is about 50 stations.

Dinamo station was built next to the stadium of the same name in 1938. At the time, it was the deepest in Moscow Metro (40 m deep). Its design is dedicated to Soviet sports. The entrance is decorated with sculptures of athletes. The walls of the station are decorated with sixty porcelain medallions with scenes from sports. The marble-like limestone of the walls have many fossils of marine organisms from the Cretaceous period.

 

 

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonicaCon 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetto storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributi iconografico e documentale di decine di archivi prubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO. Per info e acquisti scrivete a: metroricerche@yahoo.it

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© 2021 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo e delle immagini citandone l’autore e la fonte, ad esclusione delle immagini di proprietà di terzi, come chiaramente indicato.

 

Dopo 25 anni, finalmente è stata aperta la tratta della U5 di Berlino che va dalla stazione Alexanderplatz alla stazione Brandeburger Tor (Porta di Brandeburgo) e di cui, usando una breve tratta già operativa, verso l’imponente Hauptbahnof, ovvero la stazione centrale. La nuova tratta passa perfettamente sotto il centro storico e monumentale della città, ovvero il viale Unter Den Linden, tagliando la Museuminsel, ovvero l’isola dei Musei, con il Duomo e il Palazzo Reale di cui si sta completando la ricostruzione. Le vicende di questa tratta di 6 stazioni per un totale di 4km, è durata per ben 25 anni diventando un termine di paragone in termine di “efficienza internazionale” purtroppo al negativo. Più volte ho avuto modo di citare questo progetto ai critici dei tempi di realizzazione della Metro4.

Il primo cantiere fu aperto nel 1995, quando furono aperti i cantieri per le stazioni Brandeburger Tor (in connessione con l’S-Bahn nord-sud), Bundestag (parlamento) e Hauptbahnhof. Nel 2002 la stazione Bundestag era stata completamente realizzata così come gli edifici governativi che la circondano, tanto da essere usata come set del primo film Resident Evil in cui la stazioni funge da set per diversi minuti. La tratta fu poi inaugurata con un servizio navetta a binario unico l’8 agosto 2009, prendendo il nome di U55. Lo stesso anno sono iniziati i lavori per la tratta mancante che sono stati terminati il 4 dicembre 2020 e hanno richiesto fondi per oltre mezzo miliardo di euro. Si tratta di un’opera impegnativa, posta nel cuore storico della capitale tedesca, che ha richiesto alcune soluzioni tecniche particolari per essere adattata al percorso scelto. Fra le tante la realizzazione di una stazione sub-fluviale presso l’isola dei Musei; la stazione Museuminsel che verrà inaugurata entro quest’anno, dove i progettisti hanno dovuto combattere con la presenza costante e invadente della falda acquifera. Oppure la stazione Unter den Linden, dove la U5 incrocia la U6, una metropolitana inaugurata il 30 gennaio 1923. Qui la stazione della U6 Franzosiche Strasse a servizio del celebre viale alberato, non si trova immediatamente sotto di esso, pertanto si è reso nesessario realizzare una nuova fermata intorno al tunnel esistente, e realizzare sotto di essa la fermata della U5, riducendo al massimo l’impatto per la linea lasciandola operativa. Una curiosità, la Linea U6 corre direttamente sotto il pavimento stradale, poichè le stazioni del centro sono prive di mezzanini. I treni corrono in due tunnel paralleli realizzati con talpe meccaniche, mentre il primo tratto di tunnel tra la stazione Alexander Platz e Rotes Rathaus sfrutta un tunnel esistente, realizzato insieme con la prima tratta della U5 e attivato il 21 dicembre 1930, giorno di inaugurazione della linea.

Architettonicamente, le soluzioni scelte per la U5 seguono la tradizione teutonica di massima compattezza dei volumi e riduzione dei percorsi, con mezzanini essenziali posti ai due estremi delle banchine e privi di tornelli. Le strutture in calcestruzzo danno ritmo agli spazi e i rivestimenti in pannelli e laterizio ricoprono tutte le superfici. Unica concessione alla contemporaneità, un aumento dei volumi nella stazione Rotes Rathaus (oltre che nella tratta U55), dove la fermata è racchiusa in un grande volume scatolare a doppia altezza in cui sono state aggiunge delle colonne a sezione circolare crescente, tali da formare una grande capitello conico in prossimità del soffitto. I colori tendono a coprire l’intera gamma dal bianco (colonne) al grigio fino al nero di alcuni dettagli.

 La tratta di innesto del prolungamento con la linea U5 inaugurata nel 1930: in marrone la linea U5, in rosso la U1, in azzurro la U8 nel nodo di Alexander Platz, al centro in orizzontale il tunnel esistente della U5, a sinistra la nuova stazione Rotes Rathaus, la camera di avvio delle talpe e i due tunnel paralleli verso Unter den Linden:

La tratta iniziata nel 2009 e inaugurata il 4 dicembre 2020:

Il complesso sistema di consolidamento dei tunnel della banchina della stazione Museuminsel:

Sezione della stazione Unter Den Linden, con al centro (dove c’è la strada tra i due palazzi) la sezione del tunnel della Linea U6 e le relative banchine, mentre sotto, per tutta l’immagine, la banchine e le scale della Linea U5:

Un dettaglio della sezione della stazione Unter Den Linden; sopra per lungo la nuova banchina della Linea U6, a destra in arancio il tunnel esistente, al centro, sotto, laa banchina ad isola e la sagoma dei due nuovi tunnel della Linea U5:

Foto della stazione Rotes Rathaus fatte da Olaf Wenke:

Foto della stazione Unter Den Linden, U6 sopra, U5 sotto, fatte da Olaf Wenke:

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonicaCon 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetto storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributi iconografico e documentale di decine di archivi prubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO. Per info e acquisti scrivete a: metroricerche@yahoo.it

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Perchè non regalarlo a Natale?

 

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Dopo tante ricerche e alcune peripezie postali, sono finalmente riuscito a trovare e comprare la rivista sulla quale era stata pubblicato un bel disegno dedicato alla metropolitana di Milano 1 Rossa e ai suoi storici -e ormai scomparsi- tornelli. Si tratta del numero 975 di Grand Hotel del 27 febbraio 1965, una nota rivista di intrattenimento leggero celeberrima per i suoi fotoromanzi, ormai oggetto di cult. Purtroppo il numero che sono riuscito ad acquistare non è in buone condizioni, quello migliore si è perso (diciamo così). Il disegnatore è Walter Molino (1915-1997), uno dei più grandi disegnatori per l’editoria italiana. La firma si trova in basso a sinistra. Una particolarità, più volte guardando questa immagine con altre persone, abbiamo riflettuto sulla possibilità che per disegnare il volto della signora intrappolata nei tornelli, Molino si sia ispirato al volto di Claudia Cardinale, diciamo che è una tesi rinforzata dalla foto che vi allego sotto. Un piccolo riassunto sui tornelli: furono disegnati appositamente da Franco Albini e realizzati da una ditta bolognese specializzata in macchine automatiche. Furono rimosse nei primi anni 2000 perché non più a norma per l’antincendio. Al momento non risulta che sia stato preservato nessuno di questi tornelli. L’ultimo era esposto al pubblico presso il Museo Ogliari di Ranco, ma di lui si sono perse le tracce dopo il trasferimento dei reperti presso il museo Volandia dell’aeroporto di Malpensa. I responsabili, da me contattati, hanno riferito che tra i materiali consegnati non risulta il tornello. ATM non ha mai confermato di averne conservati di campioni, e il personale da me intervistate ha detto di non averne mai visti nei depositi. Un pezzo di design italiano sparito nel nulla, viva le novità.

 

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Oggi vi propongo questa bellissima cartolina del tipo “Gruss Aus” (Saluti da) dedicata a Berlino. In Particolare al tratto e la stazione che insistono sulla Hallesched Tor (Porta Halle), con in primo piano il Landwherkanal (un canale artificiale che attraversa la città). Questo tipo di cartoline ebbero molto successo a cavallo tra ’800 e ’900 e presentavano sempre paesaggi disegnati a mano sulla base di foto e poi stampate in cromolitografie (lastre incise a mano su pietra, una per colore). La particolarità di questa cartolina e il suo essere in quale modo tridimensionale, per le finestre dei palazzi e dei vagoni della metropolitana sono tagliate in modo da far vedere un cartoncino di colore giallo e rosso inserito tra la superficie e il retro della cartolina. È stata spedita da Berlino il 2 novembre 1900 ed è arrivata a Trieste il 3 novembre 1900. Attenzione Trieste – Austria, ebbene sì, il ritorno della città all’Italia era ancora al di là dal venire. Ve ne allego la versione ripulita e quella completa con il retro. Inoltre anche qualche foto d’epoca e attuali del luogo. Purtroppo, come gran parte di Berlino, anche quest’area è stata rasa al suolo con i bombardamenti della seconda guerra mondiale; anche la stazione della metropolitana ha subito forti rimaneggiamenti con la ricostruzione. Solo il ponte sembra essere ancora quello originale o almeno una sua ricostruzione. Per quanto riguarda la metropolitana, si tratta di una stazione su viadotto servita della Linee U1 e U 3, realizzata nel 1902, pertanto la cartolina, presenta una sorta di “rendering”. Nel 1923 è stata aggiunta una nuova linea sotterranea con relativa stazione di corrispondenza, con numero U6.

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Per rimanervi vicini e comunicare il senso della cultura attraverso voci, esperienze, ruoli diversi, vi proponiamo una serie di video per raccontarvi  l’Opera, il Pensiero, il Metodo di Albini e come la Fondazione e la Franco Albini Academy, rilancino questo straordinario Patrimonio culturale per renderlo concretamente utile alla contemporaneità.

17 video da 5 minuti ciascuno, per raccontare l’opera e il Metodo del Maestro Franco Albini, dalla voce dei collaboratori di Fondazione Franco Albini e della Franco Albini Academy, che quotidianamente ne tengono in vita la memoria, ne raccolgono e ne rilanciano l’eredità in termini culturali e formativi.

LINK AL SITO DELLA FONDAZIONE ALBINI DOVE TROVARE I VIDEO

Nell’attesa (purtroppo pare molto lunga) di potervi accogliere di nuovo presso la Fondazione per le visite “La Rossa con occhi nuovi” sulla metropolitana di Milano, vi invito a vedere i video, ricordandovi che il 1° luglio ci sarà quello dedicato alla Metropolitana.

CLICCATE SULLE IMMAGINI PER ACCEDERE AI VIDEO

 

 

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Oggi andiamo sul sicuro: la metropolitana di Mosca. Considerata, e non ha torto, la più bella metropolitana del mondo, fu la prima ad essere considerata come attrattiva turistica in sé, e tutt’ora oggetto di tour guidati “obbligatori” durante la visita alla capitale Russa. Capostipite di tutte le metropolitane dette “sovietiche” venne inaugurata nel 1935 dopo anni di progetti e lavori che hanno visto vincere l’approccio londinese alla costruzione delle ferrovie sotterranee urbane. Infatti, pochi sanno, che nei primi progetti la metropolitana di Mosca doveva essere molto simile a quella di Parigi, ovvero con stazioni poco profonde costituite da un grande vano coperto da una volta a sezione ovale. Poi l’interesse cadde sulla tipologia inglese del “tube” ovvero veri e propri tubi a grande profondità. La tecnica si era particolarmente evoluta ma a Mosca, dopo una prima consulenza diretta degli ingegneri inglese, il progetto prese vita propria con un preciso indirizzo politico: la metropolitana era il mezzo di trasporto del popolo per eccellenza pertanto i passeggeri che la dovevano utilizzare non avrebbero dovuto trovare spazi di risulta come potevano apparire le stazioni di Londra, ma nemmeno spazi “frivoli” e pieni di borghese pubblicità capitalista, bensì sontuosi palazzi del popolo, come se tutti andassero a lavorare nei grandi palazzi del potere. Illusioni di facciata che però hanno prodotto un risultato che ancora oggi stupisce per ricchezza espressiva e audacia, con alcuni casi che vanno anche al di fuori della retorica estetica del regime per toccare l’arte in senso compiuto. La Russia ha capito il valore eccezionale di questo complesso di tunnel e caverne artificiali e ha dato avvio ad un complesso restauro filologico degli ambienti che ne ha accresciuto ancora di più l’effetto sul pubblico. Ma che la metropolitana di Mosca fosse un “successo del popolo” da celebrare i russi l’avevano capito subito, e così ne fece contemporaneamente mezzo di propaganda emettendo diverse serie di francobolli dedicati alle più celebri hall delle stazioni, alle palazzine esterne, alla tecnologia e, di recente, ai dettagli delle opere artistiche in esse collocate. L’URSS fu il primo paese a emettere francobolli a tema metropolitane, è il suo primato rimase tale per decenni, poiché ci vollero gli anni ’70 perché altri celebrassero le loro metropolitane (la Gran Bretagna lo fece per la prima volta nel 2013). Restano i paesi dell’orbita sovietica a produrre comune le emissioni più affascinati celebrando le loro linee sfarzose, dato che lo stile “sovietico” non si fermo a Mosca e San Pietroburgo, ma a tutte le metropolitane dell’ex-URSS e della Corea del Nord. Nel blocco comunista solo la Cina, con la frugalità maoista, non aderì allo stile di Mosca.

La hall, tra le banchine, della stazione Kommsomolskaya (1952), architetti A. V. Scusev, V. D. Kokorin, A. J. Zabolotnaja, V. S. Varvarin e O. A. Velikoreckji, stile neo-Barocco:

25/02/1935 Inaugurazione della metropolitana di Mosca (tiratura 50.000), con le corrispondenti immagini utilizzate per i bozzetti, come illustrate da questo sito:

07/11/1938 Inaugurazione di una nuova linea della metropolitana di Mosca (tiratura 1.600.000)

La stazione Mayakovskaya (1938) raffigurata nel francobollo dal 10 copechi. Architetti A. Duskin stile Art-Decò:

07/09/1947 Apertura di nuove stazioni della metropolitana di Mosca (tiratura 1.000.000)

La stazione Elektrozavodskaya (1944) raffigurata nel francobollo da 30 copechi. Architetti I. Rozhin e V. G. Gelfreikh, stile neo- classico a tema “pionieri dell’elettricità”:

30/07/1950 Inaugurazione della linea circolare della metropolitana di Mosca (tiratura 1.000.000)

Stazione Kiyevskaya (1954) come nel francobollo da 1 rublo in basso a sinistra. Architetti E. I. Katonin, V. K. Skugarev e G. E. Golubev, stile neo-barocco:

30/12/1952 Inaugurazione dllea 4° linea della metropolitana di Mosca (tiratura 2.000.000)

Stazione Prospekt Mira (1952) raffigurata nel francobollo in basso a destra:

30/11/1965 Stazioni delle ferrovie metropolitane sovietiche (tiratura 3.000.000)

29/06/2018 Arte nella metropolitana di Mosca (tiratua 105.000)

26/06/2019 Opere d’arte della metropolitana di Mosca (tiratura 60.000)

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In questa terza puntata sulla metropolitana di Tokyo, passiamo ad alcuni aspetti più ingegneristici, ma di estremo interesse per via dell’arditezza delle soluzioni proposte e la loro innovatività. Parliamo infatti di sistemi costruttivi sperimentati tra gli anni ’80 e ’9o, ovvero molto prima che in Europa si iniziasse a parlare di metodo di scavo innovativi come il tunnel a due piani usato a Barcellona o la talpa che realizza anche le banchine come per la Metro 4 a Milano. In realtà i Giapponesi hanno portato numerose innovazioni in questo campo, ma sempre per via della barriera linguistica e della scarsità di informazioni giunte in occidente, queste scoperte sono rimaste ad uso degli specialisti e poco o nulla è arrivato al grande pubblico. Ecco un modo per remediare in parte.

1) TALPA SINGOLA CLASSICA

In questo caso si tratta di due tunnel scavati parallelamente da classiche talpe, ma, come nel caso della Metro 4, esse scavano anche lo spazio utile ad ospitare le banchine. La differenza sta nei conci che vengono messi in opera, in questo caso si tratta di elementi prefabbricati in acciaio che non vanno a formare un anello perfetto, ma un semicerchio con degli aggetti nei quali, in un secondo tempo, vengono prima gettate delle travi con inserti in acciaio e, in un secondo momento, posate delle colonne in acciaio. Una volta montate le colonne viene realizzato un arco che congiunga le due colonne e le travi sopra di esse, al fine di creare lo spazio per l’area centrale della banchina ad isola, nel quale poi vengono ad innestarsi, nei due terminali, le scale fisse e mobili di uscita. In questo caso il vantaggio sta nel realizzare l’intero piano banchine in sotterraneo, tuttavia la conformazione rigida della struttura costringe a posizionare le scale solo agli estremi rendendo rigido il sistema di connessioni e uscite. Difficile, inoltre, posizione gli ascensori visto la larghezza ridotta della banchina.

La stazione Nagatacho della Linea Hanzomon, realizzata con il metodo illustrato, come si vede lo spazio è tripartito dalle robuste colonne disposte su due file parallele. Architettonicamente parlando, le pareti sono stare rivestite con pannelli metallici che supportano anche la striscia segnaletica e i classici tabelloni porta nome retroilluminati, oltre ai quadri per le pubblicità. Pavimenti in gres, colonne rivestite in quella che sembra una pasta di marmo o simili e un semplice controsoffitto per nascondere gli impianti:

2) TALPA TRIPLA

In questo caso le tempistiche costruttive si riducono ulteriormente con questa spettacolare macchina composta da tre scudi di stesso diametro che posano conci in acciaio che inglobano anche i capitelli e le basi delle colonne centrali in acciaio che completano la struttura interna. Ovviamente oltra a scavare lo spazio della banchina per tutto il percorso, realizzando anche lo spazio centrale, con un ampio volume di scarto. Le foto di seguito sono sia di Tokyo, sia di Osaka. Lo schema della TBM e la foto di alcuni conci:

Lo scavo completato con i conci in opera, visto da uno dei pozzi di calagggio:

La stazione Kiyosumi-Shirakawa della Linea Hanzomon, realizzata con il metodo della tripla talpa; anche in questo caso il rivestimento è realizzato con pannelli in acciaio, con la striscia segnaletica. Anche le colonne sono rivestite in acciaio e il complesso sistema di capitelli è completamente nascosto dal controsoffitto. Le scale si trovano alle due estremità:

3) TALPA TRIPLA COMPONIBILE

Qua la fantasia degli ingegneri giapponesi si spinge oltre. Giustamente chi vede i precedenti metodi costruttivi si chiede perché scavare degli spazi che non servono, ebbene ecco la risposta: una talpa di grande diametro a cui, arrivati in prossimità dell’area di stazione, vengono attaccate ai lati due semitalpe più piccole e simmetriche che scavano le banchine. Per i giapponesi questo è un “metodo economico basato su nuove tecnologie” Sarà vero? Non possiamo dubitarne. Comunque in questo modo il tunnel ha solo lo spazio necessario, mentre le stazioni vengono sempre realizzate con talpe.

Fasi di costruzione con la sequenza di pozzi in cui vengono attaccate e staccate le talpe laterali, per la formazione del vano banchine della stazione:

Ed ecco la realizzazione pratica con l’immagine del piano banchine della stazione Shirokane-dai della Linea Namboku, con, in primo piano, una delle due banchine realizzate dalle “semi-talpe” aggiuntive, e al centro il vano binari realizzati dalla grande talpa centrale, che ha poi proseguito il suo percorso realizzando il tunnel fino alla stazione successiva. Anche in questo caso le scale sono ai due estremi, anche se questa tipologia è chiaramente più flessibile. Per il rivestimento sempre i classici pannelli e il controsoffitto. Qualsiasi tentativo di mostrare la reale forma della stazione, incluse le colonne, è pudicamente celato sotto i pannelli posati a secco. La striscia segnaletica è assente, mentre tutta la linea, aperta nel 1991, è protetta da porte di banchina integrali:

4) TALPE CON SEZIONI NON CIRCOLARI

Qua arriviamo al manierismo ingegneristico, quasi al barocco se ben vediamo le forme ottenute. Si tratta di talpe che non realizzano tunnel cilindrici ma con forme differenti, ma come ci riescono? Per logica una macchina che lavora facendo ruotare uno scudo con degli speroni che grattano il terreno, di qualunque forma sia lo scudo genererà sempre uno scavo circolare. La rotazione non può che dare quel risultato, quindi viene naturale realizzare scudi rotondi. Ma qua no, era troppo banale, ed ecco uno scudo sempre circolare, ma che ha delle parti che sporgono ritmicamente in modo da allargare lo scavo in determinati punti e ottenere così forme non circolari. Questi tunnel non servono per le stazioni ma per i tratti di linea. Non è semplice da capire ma vediamo di arrivarci, la talpa ha già la sua “corazza” della forma prescelta del tunnel, mentre la testa rotante è formata da un impianto “stellare” esagonale composto da 6 bracci dai quali spuntano delle estensioni retrattili che vengono estesi nelle parti della sezione più larghe del cerchio centrale:

Modellini delle talpe esposti al museo della metropolitana di Tokyo:

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonica Con 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetto storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributi iconografico e documentale di decine di archivi prubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO. Per info e acquisti scrivete a: metroricerche@yahoo.it

Per acquistarlo ad un prezzo speciale potete contattarmi direttamente all’email: metroricerche@yahoo.it

 

 

 

© 2020 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo e delle immagini citandone l’autore e la fonte, ad esclusione delle immagini di proprietà di terzi, come chiaramente indicato.

Oggi parliamo della seconda linea realizzata a Tokyo; il suo nome è Marunouchi ed è stata inaugurata il 20 gennaio 1954. La linea corre, nella parte centrale, parallela alla linea Ginza, per poi proseguire con due tratti entrambi diretti verso ovest con una diramazione nel ramo sud-ovest, unico caso in tutte le linee della città. Una piccola curiosità, questa è l’unica linea della metropolitana che serve direttamente la stazione Centrale di Tokyo. Fu la linea della rinascita post-bellica, e fu subito seguita dalla linea Akasuka (privata) nel 1960, dalla linea Hibiya nel 1961, dalla linea Tozai (privata) nel 1964, la monorotaia per l’aeroporto nel 1964 per le Olimpiadi, dalla Chiyoda nel 1969 e via dicendo in un flusso quasi ininterrotto che ha generato l’enorme e complessa rete oggi in servizio. Una rete in cui è difficile perfino distinguere esattamente da ciò che risponde pienamente alla definizione di metropolitana e ciò che li somiglia. Infatti vi sono alcune linee che fanno servizio “tipo-metropolitana” nell’area urbana, per poi tramutarsi in treno con servizi locali ed espressi. Per definizione una metropolitana non può avere incroci a raso e dovrebbe fare servizio prevalentemente urbano, ma in questi casi cosa succede? Ci vorrebbe una complessa analisi sul posto per capirlo. Se invece non approfondiamo questo tema “di dettaglio”, Tokyo ha 18 linee, così divisibili: 9 della compagnia Tokyo Metro, 4 della compagnia TOEI, 1 della compagnia Yamanote (su gomma), 1 delle ferrovie nazionali JR (monorotaia), 1 denominata Nippori-Toneri Liner (monorotaia), 1 denominata Tama (monorotaia) e 1 detta Rinkai. A queste possono essere aggiunti numerosi servizi di ferrovie urbane tra le quali la linea Yamanote, ovvero la celeberrima linea ferroviaria circolare che tocca tutte le stazioni principali. Sono circa 375km, con 338 stazioni.

Materiale pubblicitario:

I primi biglietti:

Tornano alla linea Marunouchi si tratta di un’evoluzione della prima linea, con uso quasi esclusivo di calcestruzzo armato per la realizzazione, con sezione del tunnel e delle stazioni sempre secondo il modello tedesco, ovvero con tunnel a due binari separati da un setto centrale e uso di rinforzi agli in tutti gli spigoli, ma con luci e altezze maggiori, riducendo il senso di oppressione dato dai volumi della prima metropolitana. La forma delle stazioni è molto articolata, come visibile dalle planimetrie che potete vedere qua sotto. Si vede ancora la forte mancanza di una standardizzazione delle forme e dei percorsi, comprese un paio di stazioni in superficie. Se nel capitolo sulla Ginza linea ho illustrato la stazione Ginza, punto focale della rete storica, in questo caso vi illustro la stazione Akasaka Mitsuke, dove la linea Maronouchi incontra la linea Ginza, in modo tangenziale, pertanto è stata realizzata una stazione a due piani, dove a ovest passa la linea Ginza, con i treni in direzione sud al secondo piano interrato e in direzione nord al primo. Mentre i treni della linea Maronouchi passano ad est, con i treni in direzione sud al piano secondo interrato e quelli in direzione nord al piano primo. In questo modo i passeggeri possono cambiare linea anche sulla stessa banchina o con una sola rampa di scale; la stazione è priva di mezzanino, fatta eccezione per un piccolo ambiente posto al terzo piano interrato nella parte sud della stazione, probabilmente realizzato in un secondo tempo (manca nelle planimetrie), per inserire un ascensore.

Sistema costruttivo, simile a quello della prima linea:

Sezione di una stazione con banchina ad isola e mezzanino:

Sezione di tunnel realizzata in superficie e poi interrata:

STAZIONE M8 SHINJUKU

STAZIONE M10 SHINJUKU-GYOENMAE

STAZIONE M13 AKASAKA MITSUKE (in comune con la linea Ginza)

STAZIONE M16 GINZA (coincidenza con la linea Ginza e la linea Hibiya)

STAZIONE M17 TOKYO (stazione centrale)

STAZIONE M21 HONGO-SANCHOME

STAZIONE M22 KARAKUEN

STAZIONE M25 IKEBUKURO prima e seconda versione

Dal punto di vista architettonico in origine siamo nella semplicità totale, con pareti e soffitti intonacati con colori chiari e piastrelle alle pareti, almeno per le poche foto disponibili. Successivamente si sono aggiunte numerose superfetazioni, ma di scarso interesse architettonico.

Banchine della stazione Otemachi:

Banchine della stazione Honancho nella prima versione del 1962:

Banchine della stazione Shin Nakano nel 1961, si evidenzia subito la rarefazione dei cartelli indicanti il nome della stazione. Mancano ancora tre anni alla rivoluzione della grafica coordinata e della striscia sengnaletica di Milano.

Inaugurazione della stazione Shinjuku Sanchome nel 1961, da notare la segnaletica retroilluminata.

La stazione superciaile di Korakuen:

Treno nella stazione Kokkai-Gijidomae:

Sezione con i sistemi di allestimento del mezzanino:

La stazione Ginza nel 2020, da notare l’uso abbondante di pannellatura in acciaio smaltato che rivestono praticamente ogni superficie nascondendo gli impianti secondo gli standard lanciato con la Metro 1 di Milano. Il nome della stazione è rimasto retrolluminato (cone le scritte però molto piccole e bilingue) mentre nel telaio è inserita la striscia segnaletica rossa inserita in un secondo tempo, sempre secondo lo standard “milanese”, quando l’intera segnaletica fu uniformata. In primo piano le porte di banchina a mezza altezza, tipiche della metropolitana di Tokyo.

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonica Con 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetto storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributi iconografico e documentale di decine di archivi prubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO. Per info e acquisti scrivete a: metroricerche@yahoo.it

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© 2020 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo e delle immagini citandone l’autore e la fonte, ad esclusione delle immagini di proprietà di terzi, come chiaramente indicato.

Oggi parliamo della Ginza Linea, una delle metropolitane (propriamente dette) dell’enorme rete di trasporti a guida vincolata (treni, tram, metro, monorotaie) dell’area metropolitana di Tokyo, in Giappone. Realizzata a partire dal 1927, è la prima metropolitana costruita in Asia, ovvero quel continente che oggi vede le reti più grandi del pianeta (ricordiamo anche Seoul) e tra queste alcune con ritmi di espansione notevoli, come Pechino e Shanghai, grazie a fondi illimitati, avanzamento tecnologico e condizioni sociali che rendono l’impresa fattibile. Eppure quella di Tokyo fu affiancata da quella di Osaka nel 1933, e poi nulla, in Asia, più fino a Tiblisi (ebbene sì) nel 1966. Solo negli anni ’70 in Giappone vi su l’esplosione del numero delle reti metropolitane per arrivare alla capillare diffusione di oggi, e per vedere una seconda linea Tokyo si dovette aspettare la linea Marunoichi nel 1954. La Ginza Line è stata la 16° metropolitana al mondo (Milano la  27°), il suo nome viene pronunciato con la G dura, quindi “ghinza”.

Sono note le fasi costruttive e la sua conformazione geometrica poiché descritte anche su volumi occidentali, ma poi tutto finisce in un silenzio dovuto all’imponente differenza linguistica che fa sì che ciò che viene scritto in loco su argomenti così di nicchia (nello studio, non nell’uso, con 1 milione di utenti al giorno) non abbia la sufficiente forza per essere tradotto e commercializzato anche in altre lingue. Nel migliore dei casi vengono prodotti libretti che illustrano i magnifici risultati delle aziende di trasporto locali, scritti in lingua locale e in inglese. Ma su storia e, tanto meno, architettura siamo a zero. Oltretutto in questo caso è perfino azzardato parlare di architettura; i Giapponesi hanno un concetto di funzionalità nei trasporti ancora più estremista di quello milanese. Le loro stazioni dei treni Shinkansen sono, sostanzialmente, delle tettoie in metallo atte a coprire solo le banchine, rigorosamente composte dai soli elementi utili (lamiera e struttura), verniciate in bianco; gli spettacolari edifici del rinascimento ferroviario europeo, da Lione di Calatrava, ad Afragola di Hadid, non sono che visione oniriche da cancellare al mattino, per il pianificatore nipponico. Si, lo so, fa eccezione la folle e post-moderna stazione di Kyoto, ma riguarda il solo edificio servizi, il resto è nel consueto stile minimal. Quindi guardando l’allestimento della metropolitana di Tokyo, salve qualche minima trovata, davvero estemporanea, l’idea è che una volta costruita la possente struttura (deve resistere a potenti terremoti locali), non si sia fatto altro che coprire il tutto con pannelli (Milano docet), pavimenti in gres, controsoffitti stile ufficio e via al servizio.

Un libretto di presentazione della Linea Ginza

Un biglietto della linea Ginza

Tracciato con le linee Ginza (giallo) e Marunouchi (fucsia), e le linee ferroviarie in azzurro, nel 1958.

Nel dettaglio, strutturalmente la metropolitana Ginza di Tokyo è ispirata a quella di Berlino, nella gran parte dei casi i mezzanini sono assenti e le stazioni si trovano direttamente sotto il piano strada, le banchine sono sia ad isola che laterali con alcuni marciapiedi in curva quando l’andamento della linea lo richiede. Ma, soprattutto, è il sistema costruttivo ad essere mutuato da quello tedesco, ovvero una cassa rettangolare sostenuta nella mezzaria da possenti travi in acciaio o calcestruzzo armato, anche in questo caso tutti i nodi sono rinforzati con connessioni oblique in modo da formare gli spazi ottagonali in qui corrono i treni o sono posizionati treno e relativa banchina. Il sistema di realizzazione è il medesimo di quello berlinese, quindi rinforzo del terreno con travi o tubi infissi nel terreno, scavo e copertura provvisoria in legno, realizzazione del tunnel, e realizzazione della copertura definitiva e del rinterro. Una via intermedia tra le origini e il metodo Milano, iscrivibile nella tipologia “cut and cover”.

In questa cartolina degli anni ’30 si nota la semplice conformazione originale delle stazioni, in cui il sistema costruttivo è il protagonista (oltre alle donne in Kimono). Ai lati e sul soffitto il telaio composto da colonne e travi in calcestruzzo armato, al centro le possenti colonne in acciaio rivettato. Qualche tentativo di arredo nelle modanature delle travi e alle basi delle colonne laterali.

La medesima struttura all’inizio degli anni 2000.

Raro disegno tecnico della Linea Ginza dove si può vedere la sezione del tunnel con la parti in calcestruzzo e quelle in acciaio, che però sembrano più sottili; forse un progetto preliminare.

Spaccato assonometrico della stazione Mitsukoshimae. Si tratta di una stazione as isola molto simile a quelle berlinesi, con un semplice mezzanino, in questo caso con dimensioni maggiorate a servizio degli importanti edifici che insistono sulla strada, tra cui il grande magazino Mitsukoshi da cui prende il nome; uno storico complesso commerciale di alto livello (la Rinascente locale).

Sezione strutturale originale della stazione Mitsukoshimae:

Schema con il sistema di costruzione della Linea Ginza. Le paratie laterali sono probabilmente realizzate con pali infissi nel terreno (metodo Berlinese).

Questa immagine dovrebbe raffigurare le prime uscite della Ginza Linea. Non c’è più traccia di queste edicole e non è chiaro si fossero delle realizzazione temporanee o siano durate per alcuni anni.

Il primo treno della Linea Ginza, con il caratteristico fanale anteriore.

Schema distributivo per la stazione Ginza, punto di incrocio delle linee Ginza (a dx), Maronouchi (a sx) e Hibiya (al centro), la terza linea realizzata nel 1961. Questa è, storicamente, la stazione cuore della rete, perchè è il primo e unico punto in cui si incrociano le prime tre linee realizzate, proprio nel cuore della grande area commerciale di lusso e a poche centinaia di metri dalla stazione Centrale.

 

In questi ultimi anni Tokyo ha voluto rinnovare l’allestimento della sua prima metropolitana. Un vasto progetto la cui conclusione è prevista per giugno 2020, in tempo per l’inaugurazione dei Giochi Olimpici. Gli anonimi allestimenti figli di 90 anni di aggiornamenti e modifiche sono stati completamente rimossi per realizzare un nuovo allestimento dominato da pannellature nere e inserti gialli (il colore della linea).

La fermata Ginza, della Linea Ginza all’inizio della fase di riallestimento: alle pareti pannelli rivestiti in quello che sembra essere travertino, con la segnaletica retrolluminata caratteristica delle metropolitane di Tokyo. Questo tipo di segnaletica è stata introdotta con la senconda linea, negli anni ’50, e, successivamente completata con i pannelli che creano la striscia segnaletica gialla “alla milanese”, per uniformare tutte le linee:

La stessa stazione a lavori avanzati, nel gennaio 2020:

La struttura originale in calcestruzzo e acciaio è ben visibile sotto i nuovi telai per i pannelli di rivesimento. Gli spazi vuoti centrali, probabilmente serviranno ad ospitare schermi pubblicitari.

Una delle stazioni già completamente rinnovate. Dove al nero dei pannelli delle pareti corrisponde il nero dei pavimenti in gress e il grigio antracite delle strutture in acciaio centrali (qui ad arco). Solo il soffitto della banchina è verniciato in bianco. Il giallo della striscia segnaletica completa il tutto. Il risultato finale è alquanto elegante e pulito per questi spazi decisamente ridotti.

A proposito di libri sulla metropolitana di Tokyo: dopio due mesi di ricerche con Google Traduttore su ogni sorta di sito, sono riuscito a trovare questo unico volume “Tokyo Metro, storia della costruzione e delle aperture”. E’ in giapponese, quindi anche il titolo è tradotto informaticamente, mentre le uniche informazioni in inglese dicono che  è stato pubblicato nel 2014 dalla Tokyo Metro Co. Ltd., ovvero una delle compagnie e parla solo di una parte delle linee, ma sono comprese le più antiche. Il volume riproduce i molti opuscoli pubblicati dal 1920 al 2014 ogni volta che venivano aperte nuove tratte, con moltissime immagini e relative didascalie che sto traducendo un po’ alla volta con lo smartphone. Comunque lo trovate in vendita su Amazon italia.

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonica Con 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetto storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributi iconografico e documentale di decine di archivi prubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO. Per info e acquisti scrivete a: metroricerche@yahoo.it

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