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Con l’occasione di un invito a partecipare alla prova di evacuazione della nuova tratta della MM5 ho potuto vedere in anteprima, insieme ad altri 215 cittadini, le due nuove stazioni di Isola e Garibaldi. I risultati della prova, utile alla prevenzione incendi, non mi sono noti, ovviamente spero nel pieno successo.

La prova si è tenuta il 5 ottobre con inizio alla stazione Isola e fine alla stazione Garibaldi, a passo veloce, trattandosi, nei fatti, di una prova di fuga dalla suddetta stazione in caso d’incendio.

Ritornando agli obbiettivi “occulti” della mia partecipazione, dal punto di vista architettonico le sorprese sono state poche e andranno analizzate con calma quandola tratta sarà definitivamente aperta al pubblico. A tal proposito uno degli operatori presenti in loco ha specificato come da contratto l’opera dovrà essere consegnata il 31 dicembre 2013, quindi l’inaugurazione, se tutto va bene, potrebbe aver luogo nella prima settimana di gennaio 2014.

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Il cantiere nelle fasi iniziali

Architettonicamente parlando la stazione Isola non presenta nessuna differenza rispetto alla prima tratta Zara-Bignami, se non nella conformazione delle scale fisse, ma per motivi puramente volumetrici.

Le differenze sono tutte nella stazione Garibaldi, la fermata cardine dell’intera linea, realizzata in quello che viene definito il nodo più infrastrutturato d’Italia. Questa stazione, come già rivelato precedentemente, è realizzata in un unico volume privo delle consuete solette divisorie. Quindi dal punto più alto sono visibili tutti e quattro i livelli della stazione. Il primo, più in basso, è costituito dalla banchina ad isola, da dove partono i gruppi di scale mobili. Il secondo è composto di una soletta sulla quale insistono i gruppi di scale mobili provenienti dalle banchine e quelli diretti al mezzanino e il corridoio obliquo di accesso al piano intermedio del Passante Ferroviario. Questa soletta poggia sugli ormai noti spuntoni metallici che, a differenza del progetto originale, sono verniciati in grigio antracite opacizzato e non in lilla. Successivamente si sviluppa il piano mezzanino con il corridoio d’interconnessione con la Linea 2 e le scale fisse di accesso al corridoio che sottopassa le banchine tranviarie. Detto corridoio, aperto sul mezzanino della Linea 5, costituisce l’ultimo livello e permette un flusso pedonale separato da quello delle metropolitane. Questo corridoio sostituisce quello già presente e demolito all’avvio del cantiere, dunque ne recupera le due scale di uscita già oggetto di plurimi aggiornamenti. Proprio per queste scale sono stati realizzati dei nuovi corrimani metallici perfettamente identici a quelli originali della Linea 1, quindi in metallo verniciato, anche se per adesso manca ancora la colorazione definitiva che, pertanto, rimane ancora ignota.

Lo stato di avanzamento del cantiere è ormai prossimo alla conclusione, l’illuminazione sembra essere la parte ancora da mettere a punto, mentre la segnaletica è già pronta, non senza alcune trovate che genereranno senz’altro accesi dibattiti, soprattutto al piano banchina.

Pavimenti e pareti sono rivestiti con i materiali “tipici” della Linea 5, mentre, non essendoci scale fisse in vista nei primi due livelli, non sono presenti le ringhiere color avorio e i corrimani porpora, che sono stati omessi anche dalle scale mobili, rendendo il tutto più sobrio e vicino al primo progetto d’ispirazione danese, sebbene i materiali restino completamente diversi. Resta in dubbio se i faretti appesi a travi reticolari che illuminano la banchina siano definitivi o solo provvisori, si tratterebbe di un nuovo elemento completamente avulso. Da aggiungere come le parti strutturali all’interno del vano cavo della stazione siano state rivestite con pannelli di acciaio o alluminio satinati che sono state utilizzate usualmente per i controsoffitti e le parti alte delle pareti. Le superfici laterali sono rivestite nel classico gres beige chiaro.

GARIBALDI MM5: progetto architettonico, prima versione (First Architectural project)

GARIBALDI MM5: progetto architettonico, seconda versione (Second Architectural project)

STAZIONE ISOLA

STAZIONE GARIBALDI

Connessione con il mezzanino della MM2

Sono partiti i lavori anche nella banchina e nel mezzanino della Linea 2. Nel primo caso sono stati smontanti i pannelli che coprivano le discese verso il tunnel che collega la Linea 2 e il Passante. Le scale esistenti risultano prive di rivestimento e non si capisce ancora se seguiranno lo stile originale della Linea 2, quello nuovo secondo il progetto di Davide Bruno o quello della Linea 5, creando, in questo caso, una triplice fusione architettonica dai dubbi risultati estetici. Nel mezzanino, invece, è stata semplicemente abbattuta la parete che separava il vano della Linea 5 da quello esistente. In questo modo la Linea 5 e la Linea 2 saranno collegate sia attraverso i mezzanini fuori dall’area a pagamento, sia all’interno e sia nella parte più sotterranea.

Works on Milan’s Metro 5 are going to the end. I recently visit the new two stations of Isola and Garibaldi that will be probably open during the first week of 2014. Isola station is completed and it design is the same of the Line 5 stations that are open. There is only some minor difference in the stairs, but it is not relevant.

Garibaldi station has some difference. There is no middle levels and so it is possible see train from the mezzanine. As in the Brescia and Copenhagen metros, there are only escalators and fixed stairs are hidden behind the wall. There two different connections between Line 2 and Line 5, one between mezzanines and one under Line 2 tracks. Within this second connection people can reach also the Passante middle level. The design is similar to other Line 5 stations but there is no the purple and white railing but only glass and metal handrail. This station is more similar to the original architectonic project and so to the Copenhagen metro. Sign are similar to Line 5 and to all metro Lines in Milan, so with white letters on lilac (red for Line 1, green for 2…). There is bigger difference in the lighting system: the are big lamps hanged to four trusses useful to light this big volume.

© 2013 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore.

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Ecco un primo aggiornamento sulla fermata Lotto della MM5 e la relativa connessione con la MM1. Nel progetto originale la connessione tra le due linee avviene tramite un corridoio che dal piano mezzanino della stazione della Linea 5 arriva, tramite una serie di rampe, al livello del mezzanino della Linea 1. Un secondo corridoio che parte dal piano sotto il livello mezzanino della Linea 5, conduce, grazie a scale fisse e mobili, alla banchina della Linea 1, direzione Rho-Fiera, e sotto passando il tunnel della Linea 1, attraverso altre scale conduce alla Banchina direzione Sesto FS. Questo progetto presentava problemi realizzativi che ne misero in forse la realizzazione; nulla si è più saputo a riguardo. Tuttavia una recente visita al cantiere mi fa presupporre che questo primo progetto, assolutamente il più funzionale, sia stato portato avanti. Infatti, l’intera area esterna posizionata sopra la futura ubicazione dei corridoi è stata recintata e nel lato più a sud sono in fase di spostamento alcuni sottoservizi. Dai progetti risulta che i corridoi verranno realizzati con scavo dall’alto con la realizzazione di una paratia di micropali. L’unico scavo in sotterranea dovrebbe essere quello sotto il tunnel della Linea 1, per ovvi motivi.

Per quanto riguarda il vano della stazione della Linea 5 sembra che la realizzazione al rustico sia stata completata, così come l’impermeabilizzazione, quindi mancherebbero, oltre all’allestimento interno, solo le connessioni e le uscite verso la piazza.

Some news from Lotto station on new Line 5 and its connection with the existing Linea 1. Line 5 station structures are completed, now work continues on station decoration and new exit to the surface and to the Line 1. Two links will be realized between Lines 1 and 5, one between mezzanines and one from Line 5 station middle level to the two Line 1 platforms.

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Proseguono gli aggiornamenti del cantiere per la fermata Garibaldi della Linea 5. In superficie sono stati posati i binari del tram e l’intera isola centrale ha preso completamente forma. Manca l’asfalto e la pavimentazione delle banchine. Le due vecchie scale della Linea 2 sul lato del palazzo Axa sono state completamente ripulite e dotate del tabellone per i nomi delle linee e della fermata e con lo spazio pubblicitario, tipiche dell’intera rete. Sono pronte le paline con la “M”, è stato ripristinato l’ultimo gradino danneggiato, mentre non si vede ancora nulla sul fronte del corrimano né riguardo la pulizia delle superfici.


In sotterraneo si sta procedendo alla ripavimentazione dell’area di connessione tra le Linee 2 e 5 e il Passante. Il corridoio obliquo di collegamento con la Linea 5 è pronto e presenta due scale mobili e una fissa, allestiti con il tipico arredo della Linea 5. Per quanto riguarda il corridoio a “S” tra Passante e Linea 2, sembra che sia attualmente privo di allestimento. Non si vedono ancora cantieri nelle banchine della Linea 2 per il ripristino delle scale verso il livello inferiore.

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Ecco un’altra lezione che in Italia rimane non solo inapplicata ma integralmente ignorata. Qualche anno fa, in realtà, ATM provò a vendere dei gadget immettendo sul mercato qualche modello in scala H0 di tram e metro e qualche piccolo oggetto; i modelli, visti dalla vetrina dell’ATM-Point Duomo, sembravano anche di buona fattura, ma con prezzi da vero amatore (dai 250 in su per una vettura della Linea 1) e in tiratura limitatissima. I gadget erano pochi e sono passati inosservati, l’unico successo lo ebbero i biglietti commemorativi cartacei con foto di mezzi storici e attuali, per i quali fu anche approntato un apposito album dal costo di circa 50 euro.

 

A Londra la situazione è diametralmente opposta, il loro aggiornatissimo London Transport Museum situato nel pieno centro della capitale inglese, ha un grande negozio che si ripete online nel loro sito. Non conosco i dati di vendita, non sono noti, ma a giudicare dalla continua e sistematica immissione di nuovi oggetti fa pensare che un discreto successo l’abbiano avuto. Perché questa differenza? La sostanza è la creazione di un mito, il tube nell’immaginario degli utenti non è certo un luogo di piacere, mi ricordo che una signora inglese mia amica quando le dissi che ero interessato a questa infrastruttura mi disse che per lei era alla stregua di un bagno pubblico. In effetti tutte quelle piastrelle bianche possono dare questo effetto. Tuttavia gli inglesi sanno bene che per fare marketing non devono per forza vendere l’oggetto in questione perché appetibile in sé, ma devono crearne un mito, devono caricarlo di messaggi sociali, artistici e identitari. Una volta creata l’aura intorno ad un oggetto o evento, che potrebbe anche non avere nulla in sé di bello, su questo si può creare economia. Infatti è di questi giorni la notizia che in Gran Bretagna si aspettano di guadagnare diversi milioni di sterline dalla nascita del figlio della coppia di principi. Una somma imponente per un parto che altrove genererebbe solo qualche notizia sui giornali. Come hanno fatto? Parlandone per quasi due anni tutti i giorni, creando una grande attesa.

Qual è dunque la lezione da imparare? In Italia ci si consola guardano alle metropolitane, così come alle stazioni o edifici simili ancora come semplici Nonluoghi. Non tanto nel pensiero sociologico di Marc Augè, ma più banalmente, consolandosi dell’abbandono e degrado di questi luoghi dicendosi “tanto sono non luoghi, non interessano a nessuno”. E così sarà sempre se pensiamo che di tutti gli aspetti anche altamente positivi della vicenda della metropolitana a Milano sono del tutto volontariamente ignorati, se il degrado avanza, se il mantenimento di questi spazi è lasciato a logiche di ignota natura. Dopo ottanta anni solo ultimamente si è incominciato a generare un’aurea intorno alla Stazione Centrale, un piccolo segno di vita, una speranza, ma ancora troppo poco.

Ma confronti a parte quali sono state le migliori idee partorite dal London Transport Museum per il 150° anniversario della metropolitana di Londra? Al primo posto metto le due confezioni con le riproduzioni della mappe dal 1863 ad oggi; una prima selezione storica con dieci mappe e una seconda artistica con sei riproduzioni di storici volantini emessi in occasioni di eventi storici avvenuti nella capitale inglese. Poi una selezione di gadget tra il tradizionale, come il tè o la tazza, ai più bizzarri; tutti dedicati alla Metropolitan Line per il suo 150esimo compleanno. Qualitativamente si tratta di oggetti ben fatti, con prezzi dalla sterlina (penne, segnalibri) alle centinaia come nel caso dei modelli di gesso di alcune stazioni. E, infine, le belle e abbondanti commemorazioni emesse da Royal Mail e dalla Banca d’Inghilterra per conto dello stato.

Bellissimo cofanetto contenente riproduzioni di mappe storiche della metropolitana di Londra.

LINK PER IL NEGOZIO ONLINE: http://www.ltmuseumshop.co.uk/tube150.html
La spedizione viene effettuata in tutto il mondo (personalmente sperimentata) a cosi contenuti. I poster vengono spediti in tubi di cartone perfettamente protetti.

Francobolli emessi dalla Royal Mail e monete emesse dalla Banca d’Inghilterra.

E infine il Google Doodle commemorativo del 9 gennaio 2013

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Continuano spediti i lavori per la fermata Garibaldi della Linea 5. Ormai sono chiaramente presenti tutti gli elementi esterni ed è anche stata coperta una delle tre scale mobili presenti, quella più vicina alla stazione Garibaldi. Proprio questo manufatto rappresenta la novità architettonica più importante, infatti la struttura metallica di copertura non è più dipinta nel verde ideato per le metrotranvia ormai più di quindici anni fa, ma di grigio antracite, non si riesce ancora a capire se liscio o satinato. Questa semplice modifica, unitamente alla partizione orizzontale dei manufatti in cemento armato che emergono dal terreno serve già a modificare radicalmente l’aspetto della nuova infrastruttura rispetto alle prime otto fermate (Isola inclusa). Di certo non si può parlare di rivoluzione, ma almeno si può pensare che qualcosa si sia mosso. Ancora poco si sa sull’aspetto definitivo della parte sotterranea; a parte qualche indiscrezione l’unica certezza sulla tipologia degli arredi è data sia dalla possibilità di vedere il collegamento presente nel piano intermedio del Passante ferroviario sia dagli scarti di lavorazione presenti in cantiere. Osservando questi due elementi pare che le differenze saranno poche se non nulle.


Capitolo a parte lo costituiscono le tre vecchie entrate della Linea 2 a ridosso della nuova metropolitana. Quella vicina al bar su lato della stazione ferroviaria è stata definitivamente rimossa. Era già stata parzialmente demolita e rinterrata per consentire il passaggio della viabilità provvisoria, ora è stata del tutto cancellata. Diverso destino per quelle poste all’ingrasso del rinato palazzo Axa. Queste due uscite presentano una variante dell’allestimento originale Albini-Helg. Infatti, questa versione è arredata con i corrimani di plastica rossa anziché in metallo verniciato. Queste uscite sono ora in fase di riallestimento, si può già vedere che gli originali cancelli di acciaio inox sono stati rimossi e sostituiti con quelli color lilla della Linea 5, come consuetudine su di essi è montato una parte del corrimano che entra in funzione a cancelli aperti. Questo corrimano è in color Lilla e nella forma usata per la Linea 5. Per il resto l’originale corrimano è ancora presente ma in condizioni pessime. Impossibile il riutilizzo perché la plastica è in più punti spezzata, mentre sono certamente riutilizzabili i supporti di metallo verniciati in marrone (originali). Facilmente pulibile il serizzo ghiandone e i graniti che coprono le pedate e le pareti. Cosa nascerà da questo ibridazione è la cosa che, personalmente, più m’incuriosisce: verranno riproposti i corrimano originali (i vecchi, se da buttare sarebbero graditi al sottoscritto)? Verranno usati i nuovi corrimano? Verrà rimosso il materiale lapideo o, come auspicato, verrà solo pulito? Presto le risposte arriveranno.

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La prima metropolitana del mondo apri il 10 gennaio 1863 a Londra. I tunnel e le sette stazioni furono costruite per conto della Metropolitan Railway Company, compagnia a cui fu più volte rifiutato di realizzare una nuova stazione di testa nel centro di Londra, per i suoi servizi; all’epoca erano già sette le grandi stazioni che portavano le persone da tutta la Gran Bretagna nella grande capitale.

Famosa stampa descrittiva della congestione delle stade di Londra nell’800.

Stemma della Metropolitan Railway Company.

L’idea di realizzare un ennesimo capolinea ferroviario a ridosso della City era considerata impensabile anche per gli enormi costi che legati al costo dei terreni, motivo per il quale tutte le grandi stazioni si formarono a ridosso del centro utilizzando aree dove insistevano abitazioni popolari. Dopo vari passaggi parlamentari e una forte azione di lobbying operata da Charles Pearson, la compagnia ottenne il permesso di costruire non più un terminal vicino al principale ufficio postale, il GPO di Londra nella zona di St. Martin Le Grand a sud dell’attuale stazione di Farringdon, ovvero toccando la City. La tratta tra la periferia e il terminal avrebbe potuto toccare le altre stazioni poste nel lato nord della città: Paddington, Euston e King’s Cross. Il consenso reale fu apposto il 7 agosto 1854 e il provvedimento prese il nome di North Metropolitan Railway Act. Per evitare il diniego verso la costruzione di nuove ferrovie urbane e ridurre l’incidenza dei costi dei terreni l’intera struttura sarebbe stata sotterranea; avrebbe potuto così sfruttare molti dei nuovi assi stradali appena realizzati, riducendo al minimo il numero di edifici da comprare e demolire per realizzare i tunnel. Nella tratta prossima alla stazione Farringdon fu usato anche un vecchio e degradato canale, il Fleet, interamente coperto dalla nuova ferrovia. Il costo di realizzazione fu di un milione di sterline dell’epoca, raccolte con i fondi provenienti anche dalle principali compagnie ferroviarie che gestivano le stazioni collegate dalla nuova ferrovia e potevano far correre i loro treni nel nuovo tunnel urbani. Per questo motivo i binari avevano un doppio scartamento possibile grazie alla presenza di tre binari. La costruzione iniziò nel marzo dl 1860 con il noto sistema del cut&cover, il progetto ingegneristico fu redatto da Sir John Flower; le opere furono interrotte da numerosi incidenti e problemi legati alle interferenze di fiumi e fogne. Il servizio era interamente effettuato con treni a vapore, da qui la necessità delle grandi aperture nei lati delle stazioni e degli ampi tratti di trincea. Prima dell’apertura nel 1863 non furono in molti, a partire dal The Times, a predire l’insuccesso dell’operazione ritenendo che viaggiare sotto terra non fosse tra le prerogative dell’uomo. Il successo fu invece totale, 4,8 milioni di passeggeri registrati fino al 30 giugno 1863. Già nel 1865 aprirono i primi prolungamenti mentre nel 1868 apri la prima sezione di una seconda linea ad opera della Metropolitan District Railway.

Il tracciato originale.

Una delle prime mappe della metropolitana di Londra pubblicate in Italia.

Nel particolare cosa resta di questa prima linea metropolitana, un complesso storico d’importanza sociale che non ha mai smesso di eseguire il suo compito e perciò è stata oggetto di continui adeguamenti e profonde modificazioni. Ecco stazione per stazione la situazione:

Bivio di Praer Stree in un disegno del 1863.

FARRINGDON STREET (oggi FARRINGDON)

La stazione originale fu chiusa già il 22 dicembre 1865 per essere sostituita con la stazione che permetteva alla linea di proseguire verso sud. Attualmente l’intero complesso è coinvolto nei lavori di realizzazione del collegamento ferroviario Ovest-Est detto Crossrail; con il nuovo progetto due banchine a grande profondità saranno posizionate perpendicolarmente alla stazione esistente verranno realizzati due nuovi ingressi a nord e sud della stazione. L’edificio esterno d’ingresso è stato ricostruito nel 1923 su progetto dell’architetto Charles Walter Clark, e tale è rimasto ancora oggi. Attualmente una prima serie di lavori ha portato alla realizzazione di due nuove passerelle di attraversamento dei binari e dell’estensione della copertura. Alla fine dei lavori l’intero allestimento sarà rinnovato e completato di scale mobili e ascensori; sebbene la struttura laterale della trincea rimarrà quella originale così come il vecchio edificio di uscita, il resto della stazione sarà completamente nuovo. Il progetto della nuova stazione sarà dello studio Aedes, già impegnato in altri progetti simili come quello della metropolitana di Dubai. Architettonicamente l’edificio esterno si presenta in uno stile eclettico neo classico, non particolarmente appesantito nelle decorazioni. Alto solo due piani è intonacato in bianco e coronato con le scritte originali dell’epoca. Sulla facciata oltre alla pensilina vi sono alcuni attività commerciali disposte simmetricamente all’ingresso. I riferimenti al rinascimento italiano sono palesi come in tutti gli edifici dell’epoca, su tutti il bugnato delle lesene angolari e il coronamento. Assenti archi a tutto sesto, invece presenti nell’edificio realizzato originale.

La palazzina originale, successivamente demolita.

La seconda palazzina nello stato attuale.

Assonometria della nuova stazione Crossrail.

I nuovi interni secondo il progetto dello studio Aedes

KING’S CROSS (oggi KING’S CROSS ST. PANCRASS)

L’attuale stazione è stata aperta nel 1941 e completamente rimodernata nel 2009. La stazione originale, almeno per quanto riguarda i due binari a nord, è stata usata fino al 9 dicembre 2007 per il servizio ferroviario locale, prima di venire nuovamente sostituita da una nuova stazione e chiusa definitivamente. Anche in questa stazione originale non rimane nulla dell’architettura originale. I due binari e le relative banchine originali, usate dalla metropolitana, sono ancora parzialmente presenti ma privi di qualsiasi allestimento, rimasto solo per i binari che furono usati per la ferrovia fino al 2007. L’edificio d’ingresso, probabilmente non originale, è oggi usato come uscita per la nuova fermata situata sotto la rampa di accesso alla stazione St. Pancrass. Inutile aspetti architettonici originali, quello che si vede oggi è del tutto estraneo a quanto utilizzato dai passeggeri nel 1863.

La stazione nell’ubicazione originale.

Veduta interna, tratta da The Circle Line di Desond F. Crome, Capital Transport 2003

Tratto di tunnel presso la stazione, pubblicato su un giornale di ingegneria italiano.

Schema delle connesioni.

GOWER STREET (oggi EUSTON SQUARE)

Questa stazione è ancora nel sito originale e presenta la volta in mattoni realizzata nel 1863. Tuttavia le aperture laterali sono state murate e in esse sono state inserite trave di acciaio che sostituiscono parte del soffitto originale. L’ingresso lato sud è stato recentemente ricostruito e inserito nell’edificio dell’attiguo ospedale e dotato di ascensore. L’allestimento è composto di pannelli di acciaio smaltato di colore bianco più la consueta segnaletica. L’altra uscita e i corridoi di connessione rimangono nello stato originale, tenendo conto delle consuete superfetazioni.

Lavori per l’estensione delle banchine, tratta da The Circle Line di Desond F. Crome, Capital Transport 2003

L’attuale stato della copertura in mattoni. Osservando la foto si notano in primi piano le prime due travin di acciaio inserite nelle aperture di areazione. In fondo la copertura di acciaio del prolungamento delle banchine.

PORTLAND STREET (oggi GREAT PORTLAND STREET)

Forse questa è l’unica stazione quasi completamente conservata; sono ancora presenti ancora i lampadari sferici in vetro e metallo appesi al soffitto, non si sa se originali o delle riproduzioni. Discorso diverso per la palazzina di uscita; quella attuale fu costruita nel 1930 su un’isola spartitraffico lungo la strada, mentre quella originale fu già oggetto di modiche nel 1877 e nel 1884 e oggi è del tutto scomparsa. L’edificio originale era formato da un piccolo volume alto un solo piano con aperture ad arco e rivestito con bugnati in pietra, coronato da una balaustra classicheggiante; come per tutti gli altri edifici originali l’ispirazione è tra il rinascimentale e il neo-classico, definita “italianate” in inglese. Il nuovo edificio ha una struttura di acciaio rivestita di terracotta di colore chiaro, e si presenta in forma semi-ovale. Il vano della stazione si presenta ancora originale, con una grande volta in mattoni a vista, priva delle aperture verso l’esterno e regolarmente scandita con una serie di pilastri e archi a tutto sesto inclinati. La stazione è stata estesa in lunghezza e quest’area, leggermente più stretta dello spazio originale, è stata coperta con travi metalliche e allestita con pannelli di acciaio smaltato.

La palazzina originale, tratta da The Circle Line di Desond F. Crome, Capital Transport 2003

L’interno oggi.

BAKER STREET

Questa stazione fu oggetto già di modifiche in origine, quando fu connessa con la deviazione a nord della Metropolitan Line. Inizialmente nata come ferrovia indipendente, la Metropolitan & St. John’s Wood Railway fu pianificata nel 1864 con un singolo binario da Baker Street e Swiss Cottage, a causa di difficoltà finanziare. Nel 1865 si decise per l’unificazione delle due ferrovie e nel 1868 la nuova tratta aprì servita ai treni della Metropolitan Railway grazie alla nuova connessione. Il nuovo inserimento influenzò minimamente la stazione originale dove sopravvive ancora gran parte della copertura a volta in mattoni con le aperture laterali chiuse. Il punto di connessione tra le due linee avviene immediatamente ad Est della stazione. Il vano della prima fermata, come detto originale, si presenta come un ampio spazio unico coperto da una volta in mattoni a vista inframmezzata da aperture disposte obliquamente nello spessore della volta coronate da archi a tutto sesto. Tali aperture sono attualmente rivestite di mattonelle bianche di piccolo formato. La funzione delle aperture oltre a portare luce all’interno della stazione servivano anche per estrarre il fumo delle locomotive a vapore. Verso il limite est della volta, nel 1869, fu stato praticato un taglio per permettere l’inserimento di una passerella per l’accesso diretto alle scale o ai corridoi di connessione con le due banchine del tratto verso nord della metropolitana, queste banchine si trovano all’aperto, nella corte del grande isolato che racchiude la stazione. L’attuale conformazione a cinque binari risale al 1913, quando fu realizzato un nuovo edificio triangolare in superficie con la connessione diretta alla biglietteria posta al piano interrato, sopra i binari. Le modifiche a questa stazione furono continue e si conclusero con la realizzazione di un grande edificio che coprì l’intero isolato. Il tutto fu disegnato sempre da Charles Walter Clark e l’intero progetto fu completato nel 1930. L’ala a cielo aperto della strizione è riccamente rivestita con maioliche bianche e finiture di legno modanato e ferro battuto. In superficie in origine erano presenti solo due piccole edicole per direzione, che contenevano le scale fisse per la discesa e le biglietterie, la scelta per la banchina doveva avvenire prima di accedere all’infrastruttura, il mezzanino non era ancora stato introdotto in nessuna di queste prime stazioni. Le due palazzine furono demolite nel 1913, architettonicamente rispecchiavano il modello della palazzina a Great Portland Street.

EDGWARE ROAD

Questa stazione è in trincea, completamente all’aperto, protetta solo da pensiline poste sulle tre banchine (due laterali ed una ad isola) che servono i quattro binari che le tre linee di metropolitana utilizzano in questo punto. Dal punto di vista architettonico l’edifico di uscita si presenta con stile simile a quello della stazione Farringdon, sebbene l’uscita sia posta ad angolo e non vi siano più attività commerciali. Anche questo fu opera di Charles W. Clark e fu costruito nel 1928, come sostituto di un secondo edificio realizzato nel 1911. Le pensiline sono in acciaio verniciato con tettoie di legno nel consueto stile ferroviario. Recentemente oggetto di ristrutturazione una delle pareti laterali è stata ricoperta, nel 2012, con pannelli di acciaio smaltato con disegni ad opera di Jaqueline Poncelet.

BISHOP ROAD (oggi PADDINGTON)

Delle varie fermate di metropolitana con questo nome, quella che fu aperta nel 1863 è situata sul fianco nord della stazione ferroviaria, in superficie. Anche questa stazione è attualmente coinvolta nei lavori per il progetto Crossrail. Una volta terminati la fermata sarà inclusa in un edificio completamente nuovo. L’omonima stazione sotterranea fu realizzata nel 1868, il padiglione di uscita ripropone la stessa architettura della stazione Farringdon, e fu realizzato nel 1914 ad opera del medesimo architetto. Il nuovo padiglione prevede una struttura in vetro e acciaio con una copertura a forma rettangolare; il progetto architettonico è stato eseguito dallo studio Weston Williamson Architects.

Planimetria del complesso con l’inserimento della stazione Crossrail. La stazione della metropolitana del 1863 è posta a nord.

© 2013 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore.

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Mentre continua l’operazione di sostituzione di alcune scale mobili delle Linee 1 e 2 a Milano, faccio alcune precisazioni riguardo questo fondamentale marchingegno.


Il primo tentativo di inserire un sistema di risalita meccanico e continuo nelle metropolitane fu, cosa poco sorprendente, a Londra. Gli ascensori, in uso ancora oggi, hanno l’inconveniente di non fornire un servizio continuo dovendo caricare e scaricare le persone ad ognuno dei due piani. Sebbene a Londra questi ascensori possono contenere fino a cinquanta persone, hanno meccanismi automatizzati e alte velocità di manovra, non sono rari episodi di congestione. Il primo tentativo fu una scala mobile, anzi un tappeto mobile elicoidale da inserire nel vano di uno degli ascensori della stazione Holloway Road della Piccadilly Line nel 1910. Si trattava di due tappeti a spirale rivestiti da tasselli in teck; furono pensati e realizzati dalla Reno Eletric Stairways and ELevator Company dell’inventore americano Jesse Reno. Tuttavia non risulta che abbiano mai preso servizio e nel già nel 1911fu smontata e parti del motore sepolte sotto il pavimento nel quale furono ritrovate negli anni ’80 e successivamente esposte al London Transport Museum.

Qui il link dal sito del museo: http://www.ltmcollection.org/engineering/objects/object.html?IXinv=1999/876

Solo il 4 ottobre 1911, sempre a Londra, fu aperta al pubblico la prima scala mobile in una metropolitana. Fu installata nella stazione Earl’s Court per collegare le banchine della Piccadilly Line a quelle della District Line; ancora oggi nelle stazioni sono in uso sia le scale mobili sia gli ascensori (ovviamente rinnovati). Queste scale mobili furono realizzate dalla Otis Elevator Company.

Una piccola curiosità, sempre a Londra fu realizzato nel 1935 il primo tunnel obliquo di collegamento tra banchine e mezzanino con quattro scale mobili. Fu creato per la stazione Holborn che fu all’epoca oggetto di una completa ristrutturazione comprendente anche l’eliminazione degli ascensori.

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Il cantiere per la ristrutturazione della fermata Centrale FS delle Linee 2 e 3 è stato aperto nel 2010, e adesso, dopo le vicissitudini dovute a problemi della ditta appaltatrice, ecco il primo risultato visibile. La fermata della Linea 2 fu inaugurata il 27 aprile 1970, quella della Linea 3 il 3 maggio 1990. Il progetto architettonico fu affidato nel primo caso sempre al team Albini-Helg-Noorda, e nel secondo caso al team Cappelli – Dini; va notato, però, che la conformazione delle due stazioni, come sempre progettata dalla MM, ha alcune fondamentali diversità rispetto allo standard delle due linee. I soffitti più alti, la presenza di pilastri a sezione circolare, il sistema di risalita e il grande foro a cielo aperto costituiscono un unicum, con la stazione Amendola; uno dei pochi casi dove l’intervento degli architetti fu maggiore. Per la linea 3 tutto cambia a causa della necessità di connettere le due linee, così i corridoi di connessione sono situati sotto le banchine anziché sopra.

Con i lavori di ristrutturazione della Stazione Centrale, Grandi Stazioni ebbe anche l’incarico di ristrutturare la piazza Duca d’Aosta e tutto il complesso di ambienti ipogei in essa contenuti. L’intera operazione costituisce un lotto di appalto autonomo; questo fece sì che i lavori partissero già in ritardo, inoltre il fallimento della ditta appaltatrice e il procedere della crisi non favorirono la conclusione dei lavori. Così, ripresi i cantieri nel 2012, dapprima si è proceduto alla riapertura, ancora parziale, della piazza ripavimentata, e adesso si possono osservare i primi frutti della ristrutturazione della stazione. Recentemente l’amministrazione comunale è intervenuta su questo cantiere chiedendo un’accelerazione dei lavori anche in vista dell’Expo, la speranza è che finiscano anche prima.

Serie di rendering diffusi nel 2011.

Il primo ambiente ristrutturato è proprio il punto focale dell’intera struttura, il foro o “buco” dal quale si possono vedere, uscendo dai tornelli, sia la Stazione Centrale, sia il grattacielo Pirelli. Il buco, come previsto, è stato “riempito” con un nuovo blocco di scale fisse e la predisposizione per un ascensore da installare proprio al centro. Dal punto di vista architettonico vi sono notevoli differenze rispetto ai rendering diffusi qualche anno fa, e molti sono i dettagli da analizzare. Ovviamente il foro, così modificato, perderà in parte le sue caratteristiche per permettere la creazione di scale fisse in sostituzione di quelle che verranno cancellate dalla presenza dei tappeti mobili. Inoltre l’ascensore, che precluderà l’ingresso della luce e la visuale, andrà sì a colmare una mancanza ormai insostenibile, ma di fatto farà si che chi la utilizzerà dovrà poi attraversare, allo scoperto, una parte della piazza per accedere alla stazione ferroviaria, mentre il resto dell’utenza usufruirà di un percorso completamente coperto.


Dal punto di vista dei dettagli il progetto si divide in due, da un lato l’utilizzo del serizzo ghiandone per i gradini e delle canaline luminose sono chiaramente in connessione con l’allestimento originale (con ovvio aggiornamento tecnologico). Anche la colorazione e il trattamento superficiale dei pilastri è pienamente iscrivibile nello stile albiniano; l’originale intenzione di ricoprire con rivestimenti di acciaio queste strutture sembra essere stata cancellata. Il corrimano, invece, in alcuni tratti sembra voler riprendere la versione originale, per essere completo manca il colore verde; mentre nel lato verso l’ascensore è di forma e tipo completamente diverso. In fondo questo è anche spiegabile con il fatto che in origine la balaustra era sempre costituita da un muro e questo avrebbe appesantito troppo la struttura. Quello che cambia è nuovamente il pavimento, con il ritorno del gres porcellanato grigio, che in passato fu oggetto di molte critiche, in una versione simile a quello usato nella fermata Loreto, quindi antiscivolo. Nel pavimento sono già state inserite le piastrelle Loges per la guida dei non vedenti.

Il nuovo pavimento e quello vecchio.

Una colonna restaurata, e, ovviamente, già sporcata.

Il corrimano delle scale.

Il colore scelto è sicuramente il migliore tra quelli utilizzati nelle ristrutturazioni degli ultimi anni.

Il nuovo corrimano che richiama quelli originali.

I pannelli originali ancora esistenti.

La colonna nell’allestimento originale, dopo 40 anni di vita.

La base per l’istallazione dell’ascensore.

Ancora mistero sulla permanenza, assai auspicata, dei pannelli di acciaio smaltato originali, per adesso ancora tutti presenti, come presenti erano nei rendering. Opportunamente ripuliti e reinstallati sarebbero in grado di mantenere una delle caratteristiche fondamentali dell’allestimento originale più piacevoli e funzionali. Per quanto riguarda il resto, è iniziata la rimozione dell’intonaco originale in alcune parti del soffitto e delle scale fisse, per permettere l’installazioni di nuovi impianti e di ripristinare alcuni danni del tempo.

© 2013 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore.


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Oltre ai 150 anni della metropolitana di Londra (e di tutte le metropolitane) quest’anno ricorre l’anniversario anche di un altro caposaldo nella storia dei trasporti e dell’architettura ferroviaria. Compie, infatti, 100 anni la Grand Central Station di New York, inaugurata nel 1913. La Grand Central Station, o meglio il Grand Central Terminal, fu costruita nel pieno della grande epoca delle ferrovie in sostituzione della precedente stazione che, nonostante fosse già di grandi dimensioni, non prevedeva più un numero sufficiente di binari per lo stazionamento dei treni. Allo stesso tempo la necessità di ripensare il percorso di accesso lungo la celebre Park Avenue, composto da 4 binari costantemente congestionati da treni rigorosamente a vapore che riempivano l’intero asse viario di un denso fumo nero. Si pensò quindi di interrare l’intero percorso e per poterlo fare si decise di elettrificare l’intero sistema ferroviario della New York Central Railway. In questo modo il tunnel poteva essere in gran parte interrato e anche ampliato; ma se il tunnel d’accesso era sotto il livello stradale, libero da interferenze che ne limitino l’uso, perché non interrare anche la stazione? E così fu fatto, tutto il piano binario fu diviso in due piani (originariamente per tipo di servizio) e interrato nel pieno centro di Manhattan. In questo modo si venne a formare il più ampio scalo ferroviario del mondo, con la peculiarità di essere completamente invisibile se non per il solo terminal di accesso. Negli anni successivi tutti i lotti di copertura dei binari furono venduti e oggi sono occupati completamente di edifici, che restano comunque sospesi sui due piani di binari.

Se oggi l’idea di interrare una stazione non ha nulla di innovativo per quegli anni (1903-13) fu una rivoluzione urbanistica di notevole importanza, una lezione fondamentale che ancora oggi funziona perfettamente tanto da giustificare continui investimenti, pubblici e privati, che negli Stati Uniti non sono di certo scontati.

La stazione fu progettata in stile Beaux Art agli architetti Charles A. Reed (1858-1911), Allen H Stem (1856-1931), Whitney Warren (1864-1943) e Charles Wetmore (1866-1941); tutti specializzati in architettura ferroviaria. Il committente fu la famiglia Vanderbilt proprietaria della compagnia ferroviaria, oggi la stazione è di proprietà della città di New York ed e rigorosamente protetta come monumento grazie alla famosa battaglia condotta nel 1968 da Jacqueline Kennedy Onassis, che la salvò dalla demolizione. I due livelli hanno 41 binari al primo livello e 26 in quello inferiore, più altri dedicati al ricovero dei treni per un totale che supera i 100 binari. Il tutto corredato da rampe e curve per l’inversione diretta dei treni. L’aspetto architettonico più rilevante e il grande atrio-biglietteria coperto da una volta botte dipinta con una porzione di cielo astrale. I grandi pilastri che sorreggono a volta sono in realtà cavi: contengono quattro colonne di acciaio. Il sovradimensionamento è dovuto alla preventivata possibilità di proseguire con l’innalzamento dell’edifico per creare degli uffici. Molto interessante e innovativo fu anche il sistema dei percorsi, l’accesso ai piani interrati avviene attraverso più sistemi, uno composto da grandi rampe portano rapidamente sia al primo che al secondo livello interrato senza la presenza di alcun scalino (siamo sempre nel 1913), il secondo, più tradizionale, prevede una serie di scale poste lateralmente nella grande sala centrale; l’intero edificio è connesso con le metropolitane tramite corridoi. Negli anni ’60, scampata la demolizione integrale, vennero abbattuti gli edifici adibiti ad uffici e depositi posti dietro la gran hall. Al posto degli stessi è stato costruito il grattacielo della Pan Am (oggi MetLife), opera dell’architetto Walter Gropius, con l’inserimento di un gruppo di scale mobili direttamente nella grande atrio. L’intero edificio è stato restaurato negli anni ’90, dopo ottanta anni di vita, con il ripristino di quasi tutti gli aspetti originali, la pulizia di tutte le superfici e delle grandi vetrate; in quell’occasione fu aggiunta una seconda scala gemella nell’atrio, probabilmente già prevista nel progetto originale ma mai realizzata.

Un particolare interessante e senz’altro poco noto è quello che riguarda la strana forma dei lampadari. Sono composti da strutture metalliche ovali ricoperte da numerose lampadine a bulbo installate a raggiera e senza protezioni in vetro. Questa conformazione che potrebbe essere considerata alquanto bizzarra nasconde una precisa volontà: essendo uno dei primi complessi interamente elettrificati, la posizione ben visibile delle lampadine fu voluta per evidenziare questa peculiarità. I bulbi non dovevano essere celati dietro dei comuni vetri come una candela o una fiammella di gas, bensì perfettamente visibile; in fondo, all’epoca, le lampadine non erano così comuni. Piccola nota eco, oggi le lampadine sono esteticamente uguali ma a basso consumo.

Lettura consigliata: Grand Central. How a train station tranformed America, di Sam Roberts, edito dalla Foreword by Pete Hamill, New York 2013.
Sui lavori di ristrutturazione consiglio questo ottimo volume, ricco anche di foto: Grand Central, gateway to a million lives, di John Belle e Maxime R. Leighton, edito dalla W. W. Norton & Company, New York 2000.

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Recentemente è stato pubblicato un nuovo volume sulla lunga storia grafica della metropolitana di New York: Vignelli Transit Maps, di Peter B. Lloyd con Mark Ovenden, edito dalla Rit Cary Graphic Arts Press. Il nuovo volume è dedicato espressamente alla cosiddetta mappa Vignelli, ovvero lo schema grafico delle linee disegnato dal 1970 dal famoso grafico milanese Massimo Vignelli. Questo mappa è il must assoluto nel settore; non è la sola famosa, la mappa londinese disegnata negli anni ’30 da Beck è senz’altro più nota, anche al pubblico generico, ma la mappa di Vignelli è quella più ricercata dai collezionisti. La sua ricercatezza è dovuta alla scarsa diffusione e durata della sua distribuzione parallelamente al suo grande valore estetico che l’ha resa un oggetto interessante anche al di fuori dei circuiti specializzati a chi s’interessa alla sola tematica dei trasporti su ferro. Questo ha causato la crescita del suo valore economico (rigorosamente per pezzi originali) che tocca le quotazioni solo delle mappe più antiche, come quelle create a Londra prima dell’avvento di Beck, nonostante sia stata stampata tra il 1972 e il 1978.

Mappa progettata da Bob Noorda ma mai usata.

Nel merito questa mappa rappresenta il culmine di quella rivoluzione estetica che coinvolse la subway newyorkese a partire dal 1966. Come già accennato in un precedente post, il tutto fu messo a punto dal team composto dallo stesso Vignelli, e il suo studio Unimark, e da Bob Noorda dopo il successo del progetto Milanese, in cui solo il secondo era direttamente coinvolto. Tutto ciò è perfettamente descritto in un altro volume, pubblicato l’anno scorso Helvetica and the New York City Subway System, di Paul Shaw. C’è da dire che a Milano non risulta al momento lo studio di alcuna mappa da diffondere al pubblico, progettata dal team Albini-Helg-Noorda nel 1964, fatto salvo uno studio per quelle da affiggere in stazione. Ne esiste una, di cui posto l’immagine, conservata alla Raccolta Civica Bertarelli di Milano; non ho mai trovato altre copie o aggiornamenti di questa mappa, né in biblioteche (non mi stupisce) né in vendita. Dal punto di vista grafico, la mappa milanese non sembra figlia di alcuno studio specifico, in parole povere non è esteticamente rilevante. Ci vorranno gli anni ’70 per avere delle mappe graficamente studiate e diffuse in quantità agli utenti, anche di queste vorrei inserire l’immagine, ma essendo grandi come quelle attuali il processo richiede più tempo. Comunque a Milano l’intero capitolo non è stato mai oggetto di uno studio pari a quello di Londra, Parigi, Madrid o New York, anche le ultime versione schematiche non sembrano rispondere a logiche precise né tanto meno standardizzate, chiave portante delle mappe che hanno ottenuto il maggior successo.

Milano: mappa affissa in stazione, prima versione del 1965.

Milano: prima versione nota di mappa distribuita al pubblico, probabilmente risalente al 1965 E’ ignota la diffusione. (Civica raccolta stampe Bertarelli)

Per quanto riguarda il libro, gli autori hanno focalizzato la loro attenzione alle sole mappe. Si parte con un’analisi storica delle due versioni standardizzate precedenti: la Hagstrom Geographic Map e la Salomon Modernist Diagram , la prima disegnata da Andrew G. Hagstrom creata nel 1942 e la seconda disegnata da George Salomon nel 1956, che rappresenta il primo abbozzo della riforma grafica della subway. Successivamente viene ampiamente trattata la genesi della mappa di Vignelli inserendola nel più ampio, ma generico, contesto dell’arrivo del modernismo europeo in America, soprattutto nella grafica. Interessante quanto scrive lo stesso Vignelli a proposito: “Our basic philosophy was that of providing the highest possible level of design service to the industry on the widest possible base of action. The common design philosophy was basically the one of the Bauhaus and Mies [van der Rohe] in particular. The attitude was for objectivity rather than subjectivity in design. The field of action was universal (Uni-Mark = universal market), with the idea of merging design and marketing needs (not wants!) of the world. […] Minimalism is not a style, it is an attitude, a way of being. It’s a fundamental reaction to noise, visual noise, disorder, vulgarity. Minimalism is the pursuit of the essence of things, not the appearance.” Nello specifico l’autore sottolinea come le peculiarità di questa mappa minimalista consistono nella completa astrazione dalla geografia reale dei luoghi, nella decisione di assegnare ad ogni linea un colore diverso, anziché raggrupparle in base al loro transito in Manhattan, oltre al già sperimentato uso di angoli e spessori prefissati.

Copertina della mappa “Salomon” della metropolitana di New York, 1959 (collezione dell’autore)

Copertina della mappa Vignelli del 1972 (collezione dell’autore)

La mappa Vignelli.

Autografo di Vignelli su una sua mappa. (collezione dell’autore)

Manca un riferimento preciso all’esperienza Milanese sebbene Noorda sia, diversamente, citato più volte. La monografia prende poi in considerazione la definizione dei dettagli della mappa e la loro evoluzione nel tempo; infatti sono proprio i nodi complessi, quelli dove più linee si sovrappongono, che causa i maggiori problemi nella stesura grafica della mappa. Nel volume viene anche descritto il progetto grafico per la metropolitana di Washington, opera dello stesso Vignelli. Infine viene descritta la mappa che dal 1979 sostituì quella di Vignelli, e che tuttora è in uso, con le sue vistose differenze come la forte componente geografica, il raggruppamento cromatico delle linee e l’assenza di qualsiasi elemento geometrico prefissato.

Il volume è senz’altro interessante e ben documentato, ricco di riferimenti e con ampia bibliografia e corredo di immagini a colori e bianco e nero. Pare dovesse far parte di una collana di volumi ognuno dedicato ad una delle mappe disegnate per New York. Certamente rientra in un filone che vuole riscoprire una storia estetica dei trasporti che sembra, finalmente, crescere soprattutto nei paesi anglosassoni, dopo una lunga egemonia dei soli aspetti ingegneristici delle metropolitane; un movimento di opinione utile anche, nel creare consapevolezza nei progetti presenti e futuri, si spera.

Sito casa editrice/Publisher website: http://ritpress.rit.edu/publications/books/vignelli-transit-maps.html

A new book about metro has been recently published; it describes the long history of the New York’s subway graphics: Vignelli Transit Maps, by Peter B. Lloyd with Mark Ovenden, published by Rit Cary Graphic Arts Press. This new volume deals exclusively with the so-called Vignelli map, the diagram of the subway lines drawn in 1970 by the famous Milanese graphic designer Massimo Vignelli. This map is a must-have in the field. This is not the only famous map, the London one designed in the ’30s by Beck is certainly better known, even to the general public, but the map of Vignelli is the most wanted by collectors. Its preciousness is due to the low uptake and duration of its distribution, parallel to its great aesthetic value that transformed in a very interesting for every design collector. This cause the continuous growth of its economic value (strictly for original pieces), that touches the quotes that only the oldest maps can reach.

The Vignelli’s map is the culmination of the aesthetic revolution that involved New York’s subway since 1966. This revolution was developed by Vignelli and its company Unimark, and Bob Noorda after the success of the project of Milan first metro line. This event is perfectly described in another book, published last year: Helvetica and the New York City Subway System by Paul Shaw.

The author has focused his attention only to the maps. He made an historical analysis of the two standardized previous version of the map: the Hagstrom and Salomon Modernist Diagram; the first one designed by Andrew G. Hagstrom created in 1942, and the second one designed by George Salomon in 1956, which represents the first part of the reform of the subway graphics. The genesis of the Vignelli map is described in the main section of the book, first writing about the arrival of European modernism in America, especially in graphics; the same Vignelli describes this event with these words: Our basic philosophy of providing Was that the highest possible level of service to the design industry on the widest possible basis of action. The common design philosophy was basically the one of the Bauhaus and Mies [van der Rohe] in particular. The attitude was for objectivity rather than subjectivity in design. The field of action was universal (Uni-Mark = universal market), with the idea of merging design and marketing needs (not wants!) Of the world. [...] Minimalism is not a style, it is an attitude, a way of being. It’s a fundamental reaction to noise, visual noise, disorder, vulgarity. Minimalism is the pursuit of the essence of things, not the appearance. “Minimalism consists in: complete abstraction from the correct geography of the city, the decision to assign a different color to each line, rather than group them according to their transit in Manhattan, and the use of 45 and 90 degree grid.

A reference to the experience of Milan metro is totally missed but Noorda is, otherwise, mentioned several times. The monograph considers then the definition of map detail and its evolution between 1972 and 1979. The complex nodes, where more lines overlap, cause the main problems in the graphic layout of the map. The book also describes the graphic design project for the Washington subway system, created by Vignelli himself. Eventually we find the description of the map created in 1979 to replace Vignelli’s map: it is the one still in use today. There are many striking differences between the two maps; the new one has a perfect geographical description of the city, lines colors are grouped and the whole geometrical design is missing. The book is certainly interesting and well documented, full of references and with an extensive bibliography, a huge collection of images both in color and b/w. Originally it should have been part of a series of books, each one dedicated to one of the maps drawn for New York subway. The trend that wants to rediscover the design and architectural history of transport seems, at last, to grow, especially in Anglo-Saxon countries, after a long hegemony of the engineering aspect.

© Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore.

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