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Oltre ai 150 anni della metropolitana di Londra (e di tutte le metropolitane) quest’anno ricorre l’anniversario anche di un altro caposaldo nella storia dei trasporti e dell’architettura ferroviaria. Compie, infatti, 100 anni la Grand Central Station di New York, inaugurata nel 1913. La Grand Central Station, o meglio il Grand Central Terminal, fu costruita nel pieno della grande epoca delle ferrovie in sostituzione della precedente stazione che, nonostante fosse già di grandi dimensioni, non prevedeva più un numero sufficiente di binari per lo stazionamento dei treni. Allo stesso tempo la necessità di ripensare il percorso di accesso lungo la celebre Park Avenue, composto da 4 binari costantemente congestionati da treni rigorosamente a vapore che riempivano l’intero asse viario di un denso fumo nero. Si pensò quindi di interrare l’intero percorso e per poterlo fare si decise di elettrificare l’intero sistema ferroviario della New York Central Railway. In questo modo il tunnel poteva essere in gran parte interrato e anche ampliato; ma se il tunnel d’accesso era sotto il livello stradale, libero da interferenze che ne limitino l’uso, perché non interrare anche la stazione? E così fu fatto, tutto il piano binario fu diviso in due piani (originariamente per tipo di servizio) e interrato nel pieno centro di Manhattan. In questo modo si venne a formare il più ampio scalo ferroviario del mondo, con la peculiarità di essere completamente invisibile se non per il solo terminal di accesso. Negli anni successivi tutti i lotti di copertura dei binari furono venduti e oggi sono occupati completamente di edifici, che restano comunque sospesi sui due piani di binari.

Se oggi l’idea di interrare una stazione non ha nulla di innovativo per quegli anni (1903-13) fu una rivoluzione urbanistica di notevole importanza, una lezione fondamentale che ancora oggi funziona perfettamente tanto da giustificare continui investimenti, pubblici e privati, che negli Stati Uniti non sono di certo scontati.

La stazione fu progettata in stile Beaux Art agli architetti Charles A. Reed (1858-1911), Allen H Stem (1856-1931), Whitney Warren (1864-1943) e Charles Wetmore (1866-1941); tutti specializzati in architettura ferroviaria. Il committente fu la famiglia Vanderbilt proprietaria della compagnia ferroviaria, oggi la stazione è di proprietà della città di New York ed e rigorosamente protetta come monumento grazie alla famosa battaglia condotta nel 1968 da Jacqueline Kennedy Onassis, che la salvò dalla demolizione. I due livelli hanno 41 binari al primo livello e 26 in quello inferiore, più altri dedicati al ricovero dei treni per un totale che supera i 100 binari. Il tutto corredato da rampe e curve per l’inversione diretta dei treni. L’aspetto architettonico più rilevante e il grande atrio-biglietteria coperto da una volta botte dipinta con una porzione di cielo astrale. I grandi pilastri che sorreggono a volta sono in realtà cavi: contengono quattro colonne di acciaio. Il sovradimensionamento è dovuto alla preventivata possibilità di proseguire con l’innalzamento dell’edifico per creare degli uffici. Molto interessante e innovativo fu anche il sistema dei percorsi, l’accesso ai piani interrati avviene attraverso più sistemi, uno composto da grandi rampe portano rapidamente sia al primo che al secondo livello interrato senza la presenza di alcun scalino (siamo sempre nel 1913), il secondo, più tradizionale, prevede una serie di scale poste lateralmente nella grande sala centrale; l’intero edificio è connesso con le metropolitane tramite corridoi. Negli anni ’60, scampata la demolizione integrale, vennero abbattuti gli edifici adibiti ad uffici e depositi posti dietro la gran hall. Al posto degli stessi è stato costruito il grattacielo della Pan Am (oggi MetLife), opera dell’architetto Walter Gropius, con l’inserimento di un gruppo di scale mobili direttamente nella grande atrio. L’intero edificio è stato restaurato negli anni ’90, dopo ottanta anni di vita, con il ripristino di quasi tutti gli aspetti originali, la pulizia di tutte le superfici e delle grandi vetrate; in quell’occasione fu aggiunta una seconda scala gemella nell’atrio, probabilmente già prevista nel progetto originale ma mai realizzata.

Un particolare interessante e senz’altro poco noto è quello che riguarda la strana forma dei lampadari. Sono composti da strutture metalliche ovali ricoperte da numerose lampadine a bulbo installate a raggiera e senza protezioni in vetro. Questa conformazione che potrebbe essere considerata alquanto bizzarra nasconde una precisa volontà: essendo uno dei primi complessi interamente elettrificati, la posizione ben visibile delle lampadine fu voluta per evidenziare questa peculiarità. I bulbi non dovevano essere celati dietro dei comuni vetri come una candela o una fiammella di gas, bensì perfettamente visibile; in fondo, all’epoca, le lampadine non erano così comuni. Piccola nota eco, oggi le lampadine sono esteticamente uguali ma a basso consumo.

Lettura consigliata: Grand Central. How a train station tranformed America, di Sam Roberts, edito dalla Foreword by Pete Hamill, New York 2013.
Sui lavori di ristrutturazione consiglio questo ottimo volume, ricco anche di foto: Grand Central, gateway to a million lives, di John Belle e Maxime R. Leighton, edito dalla W. W. Norton & Company, New York 2000.

© 2013 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore.


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